La costituzione del fondo Atlante 2 permette di alleviare le difficoltà del Monte dei Paschi, ma indebolisce la parte sana del sistema. Tra gli investitori anche le casse di previdenza delle mai liberalizzate professioni. E la credibilità del governo non esce rafforzata. (Secondo di due articoli).
Chi investe in Atlante 2?
La Banca centrale europea ha chiesto di ridurre i crediti deteriorati netti in carico al Monte dei Paschi di Siena per un totale di 10 miliardi.
Per smobilizzare 10 miliardi di non-performing loan (Npl) netti, avendone a disposizione molto meno, bisogna ricorrere alla leva finanziaria. Nello specifico attraverso una cartolarizzazione, finanziata con l’emissione di obbligazioni con diverso grado di seniority. Il neocostituito fondo Atlante 2 si prende la prima perdita (compra cioè la tranche equity) e in questo modo garantisce chi compra le tranche senior. Se il mercato valuta a 22 (come da ultima indagine svolta da Banca d’Italia sul valore dei crediti deteriorati delle quattro banche regionali risolte lo scorso novembre) quello che il veicolo comprerebbe invece a 32, questo significa in prima approssimazione che la tranche equity deve coprire almeno la differenza di valutazione, cioè circa 2,6 miliardi di euro.
Quindi, per far partire Atlante 2, bisogna trovare investitori disponibili a scommettere 2,6 miliardi contro il “mercato”. Se dunque Atlante 1 contribuisce con 1,2 miliardi, bisogna aggiungerne altri 1,4: stando alle indiscrezioni di stampa, proverrebbero – per 500 milioni ciascuno – da Cassa depositi e prestiti, Sga (la società che aveva curato il recupero degli Npl del Banco di Napoli) e le casse di previdenza. E ciò ci conduce ad alcune considerazioni sui costi di queste operazioni di sistema.
Quelle liberalizzazioni mai realizzate
La prima considerazione riguarda l’indebolimento della parte sana del sistema creditizio, impegnata su un doppio fronte. Quello del proprio rafforzamento patrimoniale e quello del salvataggio della parte malata. Le perdite imposte sulla parte sana iniziano a essere considerevoli: si stima che solo l’operazione di risoluzione delle quattro banche regionali dello scorso novembre abbia prodotto una perdita di 1 miliardo di euro. Lo spirito della Brrd (la direttiva della Unione bancaria) è di non coinvolgere il contribuente nel salvataggio, ma questo non significa scaricare il peso sugli azionisti e i clienti delle altre banche.
Una seconda considerazione riguarda il processo di modernizzazione e liberalizzazione dell’economia italiana. Non ci riferiamo alle banche oggetto di salvataggio, ma ai soggetti che partecipano al salvataggio, togliendo le castagne dal fuoco al governo. È evidente che l’alternativa all’operazione Atlante 1-2 è un intervento diretto dello Stato nel Monte dei Paschi, che aggraverebbe la situazione della finanza pubblica, con il rischio che l’Europa ci costringa a rivedere le politiche espansive promesse dal governo e imponga una accelerazione sul fronte delle riforme strutturali. Tra queste, ad esempio, la liberalizzazione del settore dei servizi professionali che nella famosa lettera spedita dall’allora presidente della Bce Jean-Claude Trichet nell’estate del 2011 era menzionata al primo punto. Per le corporazioni la partecipazione ad Atlante potrebbe essere una “tassa” che vale la pena pagare: pensioni (percentualmente) più basse in futuro in cambio di maggiori guadagni oggi. Ma per gli italiani?
Infine, un’ultima considerazione sulla credibilità dei governanti. Per salvaguardarla non ci sono ricette precise, ma una rappresentazione plausibile e realistica della situazione sarebbe un buon punto di partenza. Purtroppo, non è quanto è avvenuto in Italia con i non-performing loan e le risorse necessarie per restaurare la solidità del sistema bancario nazionale. La vicenda di Atlante è emblematica. Considerato inizialmente come il bazooka in grado di spaventare gli speculatori con la sua potenza di fuoco, si è rivelato per quel che è. Un primo passo. E, infatti, accanto al nome è iniziata ad apparire la numerazione: Atlante 1, Atlante 2. Vale il detto popolare “non c’è due senza tre”? Con una massa di crediti deteriorati lordi di 350 miliardi di euro (pari mediamente al 16,6 per cento degli attivi) e un ciclo economico che fatica a riprendersi, le scommesse sono aperte.
29.07.16