di Gianni Barbacetto
Dopo essersi liberati in fretta di Bruno Rota – il presidente e direttore generale di Atm che si era opposto allo sbarco a Milano di Ferrovie dello Stato e ora è passato all’Atac di Roma – il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il suo assessore “agli affari delicati” Roberto Tasca stanno cercando il successore. Il bando scade oggi, 11 aprile 2017. Il Pd milanese punta su Fabio Terragni, passato dalla sinistra sinistra di Radio Popolare ai ruoli manageriali prima con Filippo Penati e ora con Sala (è presidente di M4). Altro candidato, Giorgio Spadi (Trenord).
Sala e Tasca preferirebbero però Arrigo Giana, oggi amministratore delegato di Cotral, la Compagnia Trasporti Laziali, ma fino al 2013 in Atm. Politicamente schierato a destra, fan di Ignazio La Russa e buoni rapporti con il suo genero Marco Osnato, diventa dirigente di Atm nell’era del presidente Elio Catania, con sindaco Letizia Moratti. Entra nel consiglio d’amministrazione di Atm Servizi quando Atm Servizi è solo una scatola vuota preparata per concorrere al contratto di servizio del Comune di Milano, che partirà dal 2011.
Era anche direttore amministrativo e direttore gare e contratti di Atm spa, la holding del trasporto pubblico ambrosiano. In questo ruolo si contraddistingue per una gestione in cui prevalgono gli affidamenti diretti e le gare sono rarissime. Tanto che un recente rapporto dell’Anac, l’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone, stigmatizza il fatto che gli affidamenti senza gara in Atm erano nel 2011 ben 2.400. Diminuiscono rapidamente nell’era Rota, fino a diventare, nel 2016, solo 11. Con benefici anche economici: i nuovi treni Leonardo, acquistati nel 2012 con gara internazionale, sono stati pagati dall’Atm di Rota un 20 per cento in meno dei treni Meneghino presi nel 2007 dal duo Catania-Giana.
Non è stato però lo stile di gestione allergico alle gare a farlo saltare. Nel 2013 Giana viene licenziato da Atm. Formalmente per “soppressione di posizione”. Ma alle spalle c’è una gestione discutibile della fiscalità. Per anni, dal 2009 al 2012, il direttore amministrativo aveva dichiarato al fisco costi deducibili per oltre 20 milioni, che deducibili non erano. Tecnicamente: un’evasione fiscale. E oltre le soglie di non punibilità, quindi a rischio anche di azione penale.
Il nuovo presidente riesce per pochi giorni a rientrare nei termini di un “ravvedimento operoso” con l’erario, paga le imposte dovute e mette a posto la posizione fiscale di Atm. Caccia però Giana. I suoi avvocati avviano una trattativa e alla fine viene accettata una transazione, con uscita dall’Atm per “soppressione di posizione” e pagamento a Giana di una sola annualità.
Giana è grande amico di Renato Mazzoncini, oggi amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. Un rapporto consolidato fin dai tempi in cui Giana affidò in subappalto senza gara alcune linee Atm a Mazzoncini, allora al vertice delle Autoguidovie italiane.
Il Fatto quotidiano, 11 aprile 2017