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I dati della Protezione Civile sul contagio da Coronavirus in Italia mostrano in calo i ricoveri in terapia intensiva, i ricoverati e anche gli isolamenti domiciliari. Nell’ultima settimana, per ben 4 volte i nuovi i positivi sono di nuovo saliti sopra i 300; e questo aumento di contagi di fatto è concentrato in Lombardia. Cerchiamo di capire quali possono essere i motivi con Anna Carla Pozzi, segretario della Fimmg, la Federazione Medici di Medicina Generale.
L’intervista di Sara Milanese a Fino Alle Otto.
A cosa è dovuto questo nuovo aumento dei contagi?
In questo momento, generalizzando ciò che riguarda Milano e provincia, direi che problemi particolari non ce ne sono; tranne qualche piccolo focolaio, come quello che abbiamo visto all’Ospedale di Niguarda che è stato subito delimitato. I casi sono decisamente in diminuzione, vediamo sempre meno pazienti. Certo è che qualcuno che sviluppa i sintomi ancora c’è, ma sono decisamente molto limitati. Soprattutto l’aggressività che c’era all’inizio di marzo non la stiamo più rilevando, vediamo casi con sintomatologia meno importante o comunque non più da ricovero o da terapia intensiva.
Questo è legato anche all’età delle persone positive?
Sì, sappiamo che i sintomi molto aggressivi sono stati rilevati su pazienti sopra i 65 anni e con patologie pregresse. Devo dire che i giovani hanno sempre sviluppato sintomi meno gravi, tranne qualche caso isolato.
Quindi i nuovi contagiati sono più giovani; è possibile provare a ipotizzare come si sono contagiati? Forse sul posto di lavoro?
Io ho anche notato che molte persone anziane hanno rispettato il lockdown, quindi non si sono ammalate, e stanno ricominciando ora ad uscire, anche perché è ripresa l’attività di cura delle loro patologie. Non posso supportare l’ipotesi che i nuovi contagi avvengano nei luoghi di lavoro; forse riusciremmo a dirlo tra qualche tempo, nel frattempo speriamo che la Lombardia riesca a contenere i contagi.
Lei che opinione si è fatta: perché si è tornati a registrare un aumento dei contagi?
Di certo sono legati alla fine del lockdown e alla mancanza di rispetto delle norme di sicurezza: i contatti ravvicinati, il non uso della mascherina.
Questo aumento può essere legato ai tamponi che arrivano dai test sierologici?
Sì, può esserci questo fattore. Le faccio un esempio: in una famiglia di miei pazienti composta da 4 persone, in 3 hanno sviluppato sintomi all’inizio di marzo. Non sono riuscita a fargli ottenere il tampone date le lungaggini e hanno dovuto farlo privatamente. Abbiamo scoperto che la persona asintomatica è tuttora positiva, quindi da 3 mesi. Potrebbe essere che molte persone asintomatiche con la fine del lockdown stiano diffondendo il virus. Che è molto strano: in alcune persone si negativizza molto presto; in altre ci impiega anche qualche mese.
Da poche settimane i medici di base possono richiedere i tamponi. Anche questo è un fattore che può influire sui dati.
Sì, soprattutto perché ora i tempi di attesa sono più brevi. Possiamo richiedere più tamponi, possiamo ricorrere al privato e quindi abbiamo più dati.
Quindi l’ipotesi che l’aumento dei casi positivi al COVID di questi giorni sia la famosa seconda ondata è fondata oppure no?
Si stima che la seconda ondata arrivi a ottobre. È certo che ci metterà in grande difficoltà perché in quel momento arriveranno anche tutte le altre influenze e sarà molto difficile riuscire a diagnosticare e a capire quali di queste febbri sono da ricondursi al COVID e quali no. Per questo stiamo chiedendo di anticipare la campagna di vaccinazioni antinfluenzali ad ottobre. Speriamo che l’età della campagna vaccinale venga abbassata dai 60 anni in su, e che venga allargata anche la vaccinazione antipneumococcica.
16 Giugno 2020