di Laura Naka Antonelli
A Piazza Affari si consuma l’ennesima tragedia che travolge il settore bancario, con l’indice di riferimento Ftse Italian Banks che ha ceduto nel pomeriggio anche oltre -5%, più del doppio rispetto al sottoindice dell’azionario europeo che monitora il trend del settore. Attaccata dalle vendite è, in modo particolare, Unicredit, con le quotazioni che scivolano oltre -7%.
Nelle sale operative ci si concentra sul rischio Italia, dove il referendum costituzionale rischia di mettere al tappeto il governo Renzi.
Ma non c’è solo questo. La verità è che i fari degli investitori globali puntati sulle banche italiane non si sono mai spenti.
Ed è proprio del del New York Times un articolo che, pubblicato nell’edizione cartacea di oggi, dice tutto con il titolo: “Italian Banks Continue to Lend to Stagnant Companies as Debt Pile Mounts”. Ovvero: “Le banche italiane continuano a erogare prestiti ad aziende stagnanti, mentre i debiti aumentano”.
Il giornalista Landon Thomas Jr fa un esempio ben preciso: quello di Feltrinelli, tra le principali case editrici in Italia ma, anche, con un bilancio in perdita per tre anni consecutivi, a partire dal 2012. In tutto, il rosso di bilancio ammonta a circa 11 milioni di euro.
Ma nonostante questo, scrive il New York Times:
“alla fine dello scorso anno, Feltrinelli è riuscita ad assicurarsi una nuova linea di credito di 50 milioni di euro da un consorzio a cui hanno partecipato due tra le principali banche italiane, Unicredit e Intesa SanPaolo” e “a un tasso di interesse inferiore rispetto a quello che le aziende che dispongono di un rating elevato stavano pagando in Europa”.
E ci si lamenta poi del problema dei crediti inesigibili e delle sofferenze, dando la colpa alla speculazione dei mercati?
Tra l’altro, continua l’articolo, in un contesto in cui l’Italia e l’Europa più in generale cercano di affrontare l’escalation del problema delle sofferenze, un report di alcuni economisti legati al Center for Economic Policy Research, gruppo europeo, mostra il grado con cui le banche italiane principali, “conosciute per essere le più deboli in Eurozona in termini di riserve di cash, hanno velocizzato i prestiti alle aziende italiane più in difficoltà”.
L’analisi mette in evidenza che, nel caso specifico dell’Italia, il problema è rappresentato dai prestiti che gli istituti di credito continuano a erogare alle aziende in perdita e sottolinea che la “crisi provocata dalle banche riporta alla mente quel ciclo di prestiti zombie in cui il Giappone scivolò negli anni ’90, inaugurando quello che sarebbe stato il decennio perduto per la sua economia”.
Così Tim Eisert, economista presso la Erasmus University in Olanda che ha partecipato alla stesura del rapporto:
“L’Europa non ha imparato niente dal Giappone e sta semplicemente ripetendo gli stessi errori. Mario Draghi (numero uno della Bce) può aver salvato l’euro, ma in Europa ci sono ancora banche che hanno bisogno di capitali”. Tanto che si calcola che, se fossero sottoposte agli stessi esami a cui sottostarono negli anni della crisi le banche americane, le “banche europee dovrebbero raccogliere capitali per 125 miliardi di euro“.
Il New York Times non fa tuttavia solo il nome di Feltrinelli.
“Feltrinelli è solo un esempio di un numero di aziende italiane fortemente indebitate, che hanno ricevuto prestiti a tassi di interesse inferiori a quelli di mercato negli ultimi tre anni, un periodo in cui le politiche aggressive della Bce hanno liberato cash extra a favore delle banche europee perchè finanziassero l’economia”.
Un’altra azienda italiana citata nello studio è Benetton, che ha perso 240 milioni dal 2012, e che ha ricevuto anch’essa quell’anno prestiti a tassi inferiori rispetto a quelli di mercato.
Dallo studio degli economisti emergono cifre preoccupanti. Si apprende per esempio che, dei 540 miliardi di euro in prestiti sindacati erogati in Ue, l’8% è andato ad aziende zombie.
“In Italia, tuttavia, la proposizione dei nuovi prestiti che sono stati erogati a favore di aziende come Feltrinelli nel corso degli ultimi tre anni è decisamente più alta, e pari al 17%”.
19 agosto 2016