Dopo quanto avvenuto alla Camera il 1 Agosto 2018 con relative polemiche a riguardo, ho deciso di ricostruire la cronistoria di questo importante Articolo 18, perché ne sentiremo ancora parlare.
Spero possa essere utile a chi si ostina a studiare e ragionare con il proprio cervello.
A seguire alcune mie considerazioni.
L’Articolo 18 nasce con la Legge n. 300 del 20 Maggio 1970.
Il famoso Statuto dei Diritti dei Lavoratori.
Non è noto a tutti che, a seguito di episodi di licenziamenti per motivi politici, era già stata approvata nel 1964 una prima Legge sui licenziamenti individuali.
La Legge 604/1964 che prevedeva:
- il divieto per il datore di lavoro di licenziare senza giusta causa o giustificato motivo.
- non si applicava alle imprese di piccole dimensioni
- in caso di licenziamento illegittimo, concedeva al datore di lavoro la possibilità di scegliere tra la riassunzione ed il risarcimento del danno (da 5 a 12 mensilità)
Inutile dire quale fosse la scelta prediletta dai datori di lavoro.
Con un risarcimento, tornava possibile licenziare anche senza giusta causa o giustificato motivo.
L’Art. 18 ha cancellato il potere discrezionale del datore di lavoro in presenza di licenziamento illegittimo e prevede esclusivamente la riassunzione del lavoratore nel posto di lavoro.
Tutto ciò non vale per le aziende con meno di 15 dipendenti.
Restano valide le due motivazioni che giustificano il licenziamento:
- giusta causa quando il lavoratore compie atti così gravi da minare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.
- giustificato motivo quando esistono situazioni di criticità causate dal comportamento del lavoratore oppure quando l’azienda in cui si lavora, è costretta per motivi economici, al licenziamento.
Inutile sottolineare che l’Art.18 ha rappresentato una tutela reale del posto di lavoro, conferendogli maggior stabilità.
Dall’altra parte è inutile dire che la libertà di licenziare senza regole, è invece sempre stato il sogno dei padroni ed un obiettivo per chi ha deciso di rappresentarne gli interessi.
Non è un caso che, l’Art. 18 sia tuttora una delle questioni più dibattute all’interno del mondo del lavoro.
Sarà utile una breve cronistoria.
- Nel 2000 i Radicali (Pannella, Bonino…) proposero un referendum per l’abrogazione dell’Art.18, sostenuti dai partiti del centrodestra. Votarono solo il 32% degli aventi diritto e quindi fu nullo. Ma fra questi, il 66,6% votò contro l’abrogazione.
- Nel Novembre 2001 il Governo Berlusconi presenta una Legge delega sul mercato del lavoro, che prevede modifiche all’Articolo 18. Il Ministro del Lavoro è il leghista Roberto Maroni.
Nel Paese monterà una forte protesta che culminerà con la indimenticabile manifestazione del 23 Marzo 2002, quando Cofferati, l’allora Segretario della CGIL, portò a Roma 3 milioni di lavoratori.
Il 10 Marzo 2003, Guglielmo Epifani*, nuovo Segretario CGIL, consegnerà oltre 5 milioni di firme contro le modifiche dell’Art.18 che resterà indenne da questo nuovo attacco.
(* Ricordatevi questo nome che ritroveremo più avanti.)
Non mi dilungherò oltremodo nell’elencare tutti gli attacchi subiti dall’Art. 18 e perpetrati dal centro destra e dal centro sinistra.
Paradossale? Purtroppo NO.
Ripartiamo dalla Legge Fornero, anno 2012, Governo Monti.
Inizia il vero smantellamento dell’Art.18.
Il reintegro è quasi totalmente sostituito con il risarcimento economico.
- Il licenziamento è nullo ed è quindi previsto il reintegro, solo se discriminatorio od in concomitanza di matrimonio o maternità/paternità.
- Se il Giudice sentenzia che il licenziamento è avvenuto senza giusta causa o giustificato motivo, non è previsto il reintegro. Il risarcimento previsto è tra le 6 e le 24 mensilità ed il padrone si libera per sempre del lavoratore.
Giova precisare che, tale scelta contenuta nel “Decreto salva Italia” del Governo Monti, che includeva anche la famigerata riforma delle Pensioni, avvenne con un consenso trasversale.
Votarono a favore tutto il Partito Democratico e tutta la coalizione del Popolo delle Libertà di Berlusconi.
Dissero NO l’Italia dei Valori e la Lega Nord.
Nel 2014 arriva il Jobs Act.
Lo approva il Governo Renzi ed il Ministro del Lavoro è Giuliano Poletti, che proviene dal mondo delle Coop.
E’ il definitivo affossamento dell’Art.18.
Votano a favore la stragrande maggioranza dei Parlamentari del PD, tra i quali Pierluigi Bersani, Cesare Damiano e molti ex Dirigenti della CGIL e fra essi quel Guglielmo Epifani che nel 2003 raccolse oltre 5 milioni di firme per difenderlo.
Che vergogna!! Viene confermata in toto la Fornero.
Restano esclusi da questi “privilegi”, tutti i dipendenti pubblici e coloro che sono stati assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 7 Marzo 2015.
Grazie Renzi!!
Voglio fare una precisazione perché il Jobs Act è ingannevole.
Molti ci cascano, perché non lo conoscono e quindi lo difendono.
Nel Jobs Act si parla di “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” e sembra una garanzia, un passo avanti per il lavoratore.
Non è così. Ecco la verità.
Nel caso di licenziamenti illegittimi, è prevista una indennità che cresce con l’anzianità aziendale (2 mensilità per ogni anno lavorato) per un massimo di 24 mensilità. Ecco le tutele crescenti…
Dopodiché torni a fare il disoccupato!!
Ma veniamo all’oggi.
L’altro giorno, gli esponenti di Liberi ed Uguali (LEU), hanno proposto un emendamento al “Decreto Dignità” voluto dal Governo 5 Stelle – Lega.
Hanno chiesto il ripristino dell’Art.18, ma è stato bocciato dalla Camera. Tutti contrari o astenuti tranne loro.
A mio avviso un boomerang.
Non voglio entrare nel merito di questo “Decreto Dignità”, che presenta luci ed ombre, ma buttare lì a casaccio, in modo becero, una questione importantissima come l’Art.18, è davvero da chi desidera scomparire per sempre dalla scena politica, nonostante le apparenze.
In un momento così sfavorevole per la credibilità della Sinistra, l’emendamento è stato proposto da Guglielmo Epifani, Pierluigi Bersani ed altri ancora che quell’art. 18 a suo tempo lo hanno voluto affossare.
Così ci si rende ridicoli.
Così ci si rende complici sciocchi di questo Governo, che non ha avuto difficoltà nel difendere tale bocciatura.
E’ stato facile per Di Maio e Salvini rinfacciare le loro responsabilità con il Governo Renzi ed il suo Jobs Act.
Loro hanno fatto intendere che non prendono lezioni dai voltagabbana.
Sbagliato il momento, non favorevoli le condizioni. Nessuna possibilità che venisse approvato.
Ed allora perché presentarlo?
Per lanciare un segnale di esistere? Utile a chi?
Un’altra pagina amara per i lavoratori di questo Paese ed un’altra figuraccia per una Sinistra che ha necessità di ritrovare coerenza e serietà, se non vuole sparire davvero.
A LEU voglio consigliare di privarsi definitivamente di certi personaggi, perché sono ormai impresentabili e possono solo nuocere a qualunque nuova Sinistra voglia rinascere.
BASTA CIALTRONERIE!!
DANILO TOSARELLI – Milano