I mezzi di diffusione dominanti, guidati dagli USA, cercano di imporre un resoconto assolutamente falso del colpo di stato in Bolivia. Per quanto riguarda questo pericolo e l’urgente necessità di contrastarlo, martedì 10, ci siamo trovati d’accordo un gruppo di compagni/e in un indimenticabile e produttivo incontro con Evo Morales e Álvaro García Linera, presidente e vicepresidente dello stato plurinazionale della Bolivia, a cui ha partecipato anche il sempre propositivo Rafael Correa, ex presidente dell’Ecuador. Siamo accolti dall’amabile ospitalità dell’ambasciatore venezuelano in Messico, Francisco Árias Cárdenas e sua moglie, nonché dall’ambasciatore boliviano José Crespo.
Deve essere chiaro: in Bolivia non si è avuto nulla simile ad una frode elettorale, tanto meno una “frode smisurata” di cui parlano, senza prove, media come El País d,ie Madrid, Clarín di Buenos Aires o CNN in spagnolo, che alcune persone prendono ancora sul serio, quando non sono altro che megafoni del ministero della propaganda dell’impero. Nemmeno la parziale relazione preliminare dell’OSA si arrischia ad affermare che sono esistite frodi nelle elezioni generali del 20 ottobre e si riferisce solo ad irregolarità in relazione ad un campione di verbali la cui selezione suscita molti sospetti già segnalati dall’analisi realizzata dal Center for Economic and Political Research, un prestigioso gruppo di studi con sede a Washington. L’analisi (http://cepr.net/), un esaustivo lavoro statistico sui dati reali delle elezioni boliviane, “non trova prove che ci siano state irregolarità o frodi che incidano sul risultato ufficiale che ha permesso al presidente Evo Morales una vittoria al primo turno”.
Ciò che sì è stato fraudolento e infido è l’agire nelle elezioni boliviane dell’OSA e, soprattutto, del suo segretario generale Luis Almagro. In primo luogo, l’OSA offre un rapporto, il 21 ottobre, in cui, senza presentare prove di irregolarità che lo meritassero e prendendo attribuzioni che non gli competono, raccomanda andare ad una seconda tornata elettorale in una grossolana interferenza negli affari interni della Bolivia. Ciò ha incoraggiato il ladrone e genocida candidato all’opposizione Carlos Mesa. Ha propiziato che si aprisse la porta al razzismo e al fascismo annidati in importanti settori della classe media tradizionale e che erano già stati scatenati in precedenza. Mesa ha invitato i suoi sostenitori a protestare contro la “frode”. Stranamente, chi accusava di frode ha fatto sì che i suoi seguaci bruciassero quattro Tribunali Elettorali con cancelleria inclusa. Strano, poiché si presume che nessuno sia più interessato a disporre delle prove della frode che chi adduce di esserne vittima. Ma non si ferma qui. Centinaia di indio e seguaci del governativo MAS, tra cui molte donne, sono state vessati, picchiati o bruciate le loro case, in particolare a Santa Cruz, dai gruppi di scontro fascisti di Santa Cruz ed in seguito da quelli di Cochabamba e La Paz. È scandaloso il caso della sindaca masista a cui hanno tagliato i capelli, picchiata, buttata per strada, urinata e cosparsa di vernice.
Nel mezzo di questa ferocia di destra, Evo Morales, al fine di allentare le tensioni e pacificare il paese, il 25 ottobre, ha invitato l’OSA a svolgere un controllo delle elezioni ed ha promesso di attenersi ai suoi risultati. Quando è stato annunciato il rapporto preliminare dell’audit che raccomandava di indire nuove elezioni, tutta una canagliata di Almagro, Evo, cosciente che quel documento equivaleva ad una torcia incendiaria, lo ha accettato con lo stesso spirito di pace ed ha annunciato l’elezione di nuove autorità elettorali.
Ma già a quel tempo le folle fasciste bruciavano o minacciavano di bruciare le case dei ministri del governo, dei dirigenti del MAS, governatori e legislatori con le famiglie all’interno o erano minacciati di morte i loro parenti più stretti se non si fossero dimessi dai loro incarichi. In quello è scoppiato l’ammutinamento della polizia, la cui principale caratteristica è che gli agenti si sono chiusi nelle caserme e si sono rifiutati di controllare l’ordine pubblico. È stato anche il momento in cui le mobilitazioni convocate dal MAS sembravano in grado di inclinare la correlazione delle forze dalla parte del governo. Poi è arrivato l’invito del comandante delle forze armate, in un discorso televisivo, affinché il presidente si dimettesse, ciò che ha fatto nuovamente pendere verso destra la bilancia delle forze. Ciò ha obbligato Evo a presentare le sue dimissioni (ancora oggi non accettate dall’Assemblea Nazionale), a nascondersi e accogliere l’asilo in Messico, in una serie di eventi che hanno messo in grave pericolo la sua vita, incluso un fallito tentativo di imboscata dell’esercito all’aeroporto di Chimoré, già a bordo dell’aereo della Forza Aerea Messicana che lo avrebbe portato in quel paese, fallito dalle migliaia di suoi simpatizzanti che si sono interposti tra l’esercito boliviano e l’aereo.
Oltre a tutto ciò, sfruttando il vuoto di potere, la destra ha incoraggiato l’autoproclamazione di una perfetta sconosciuta come presidentessa ad interim, sempre con il pieno sostegno di Washington e l’attiva partecipazione del suo antico uomo di fiducia in Bolivia, Jorge “Tuto” Quiroga, che ha fatto correre fiumi di denaro per comprare dai capi militari fino a quelli che fanno le marce. Ma l’auto proclamazione viola l’intera linea di successione stabilita dalla Costituzione. Cos’è tutto ciò che ho raccontato se non un classico colpo di stato? Di fronte ad una tempesta di proiettili e molto sangue, l’eroica resistenza indigena e popolare continua. L’asimmetrico scontro tra esercito e forze di sicurezza, da un lato, e masse disarmate, dall’altro, è di grande tensione e, credo, incerto il pronostico del suo esito.
Novembre 27, 2019