La chiamano “rafforzamento della presunzione di innocenza“, in realtà si chiama bavaglio Cartabia. Un bavaglio che non colpisce solo il diritto all’informazione, come sottolineato da quei, pochi, giornali che hanno lanciato l’allarme. Colpisce anche la libertà di ricerca scientifica su temi di interesse pubblico come mafie e corruzione.
Il decreto legislativo approvato ieri dal Consiglio dei Ministri che recepisce la direttiva Ue 343/2016 sulla presunzione d’innocenza va ben oltre quanto richiesto dalla stessa direttiva. Come ha anche sostenuto un autorevole costituzionalista come il prof. Gaetano Azzariti, siamo di fronte a “un provvedimento essenzialmente ideologico“ che non risolve i problemi di fondo del sistema giustizia.
Bavaglio Cartabia per giornalisti e ricercatori
Il testo del decreto legislativo approvato ieri prevede un vero e proprio bavaglio per le procure sulle indagini in corso e, di conseguenza, anche per i giornalisti e i ricercatori.
L’unico a poter mantenere i rapporti con gli organi di informazione sarà il Procuratore della Repubblica, il quale potrà farlo solo tramite comunicati ufficiali oppure, solo in casi di particolare rilevanza pubblica, tramite conferenze stampa.
Per chi dovesse “indicare pubblicamente come colpevole” l’indagato o l’imputato, sono previste “sanzioni penali e disciplinari“, “obbligo di risarcimento del danno” e “rettifica della dichiarazione resa” entro 48 ore su richiesta dell’interessato, “con le medesime modalità“. Avremo in Italia quindi la paradossale situazione, come ha notato il dott. Di Matteo, che potranno parlare ai giornali i mafiosi e non i pm che fanno le indagini.
Non solo. Come hanno ricordato i rappresentanti dell’ANM in Commissione Giustizia, l’apertura di nuovi fascicoli penali e civili per “tutelare la presunzione di innocenza” non aiuterà certo a velocizzare la giustizia in Italia, anzi. Basti pensare al ricorso pretestuoso delle querele temerarie per intimidire giornalisti e ricercatori da parte di mafiosi e corrotti in questo Paese. Oggi si dà un’arma in più per silenziare giornalisti e ricercatori.
Con questa legge Falcone e Borsellino sarebbero stati sanzionati
Se questa legge fosse stata in vigore ai tempi del Maxiprocesso di Palermo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sarebbero stati certamente sanzionati, dato che commentarono pubblicamente le risultanze investigative legate alle dichiarazioni di Tommaso Buscetta, Falcone addirittura in un libro, ben prima della sentenza definitiva del 30 gennaio 1992. Vi immaginate i due giudici simbolo della lotta alla mafia costretti a risarcire economicamente Totò Riina, all’epoca latitante, perché le loro dichiarazioni erano state rilasciate prima della “sentenza irrevocabile di condanna“?
Ci troviamo di fronte al paradosso che per tutelare un principio liberale di rango costituzionale come “la presunzione di non colpevolezza” si ricorra a una legge illiberale che lede altri diritti costituzionalmente garantiti come quello dell’informazione e della libertà di ricerca.
Con questa legge noi di WikiMafia, e come noi tutti coloro i quali si occupano di ricerca scientifica sul fenomeno mafioso, non potremo né studiare e riportare nelle nostre ricerche quanto emerge dalle inchieste, né intervistare i titolari di quelle inchieste, né tanto meno informare la nostra rete di processi in cui siamo costituiti parte civile.
Siamo francamente sconvolti che di fronte a una lesione della libertà di informazione e di ricerca così grave e illiberale, nessuna voce si sia levata all’interno del Parlamento e tra quegli stessi giornali che nel 2010 parlarono di “legge Bavaglio” per norme simili approvate dall’allora governo Berlusconi.
Oggi invece di fronte al bavaglio Cartabia la maggior parte resta in silenzio. E i mafiosi festeggiano. Ed evidentemente non solo loro.
5 Novembre 2021