Fase due: il dissenso dei siciliani e le proposte di Officine Culturali.
“La cassa integrazione è l’unica alternativa per il terzo settore, sebbene i dipendenti non abbiano percepito nulla, aspettano ancora marzo. Solo con le nostre risorse saremmo costretti a dichiarare fallimento. Nell’attesa stiamo prendendo tempo per garantire esperienze culturali adeguate e sicure” racconta Francesco Mannino, presidente dell’associazione “Officine culturali” con sede al Monastero dei Benedettini.
“Le famiglie hanno meno denaro in tasca e quindi ora devono scegliere a cosa rinunciare. I genitori ci penseranno due volte prima di iscrivere i figli ad un nostro laboratorio didattico”- Elena è una studentessa di Beni Culturali, sin da piccola passeggiando per il centro storico di Catania rimaneva sempre affascinata dall’imponenza del castello Ursino, per questo ha deciso di svolgere il suo tirocinio formativo presso Officine Culturali per diventare guida turistica- “In Polonia una delle aree archeologiche più importanti “la Pompei polacca” è frequentate da sole sei/sette persone al giorno perché hanno anche paura di essere contagiati” spiega Mannino.
E mentre ancora i dipendenti di Officine Culturali sono fermi alla fase uno, Musumeci è già alla due: domenica scorsa infatti è stato nominato il leghista Alberto Samonà come assessore dei Beni Culturali in Sicilia. “Il venticinque aprile io canto “Giovinezza”, non “Bella Ciao”!” si legge sulla pagina Facebook di Samonà. L’assessore leghista dovrà fare i conti non solo con chiese e anfiteatri, ma anche con mamma Etna, spiegandole che ora non deve “lavare col fuoco” i siciliani perché la Lega ha bisogno dei loro voti.
“A me interessa in un momento critico come questo che il neo assessore, qualunque sia il suo schieramento politico, sia capace di affrontare le grandi sfide che il settore dei beni culturali in Sicilia comporta”- afferma risoluto Mannino-“ Questi i punti che secondo me un buon assessore dovrebbe soddisfare:
- “I beni culturali non vanno considerati, per la programmazione dei fondi europei 21-27, più come “modello di business”, ma per la sua funzione sociale, soprattutto in Sicilia dove c’è una persona bisognosa su cinque e tre minori su quattro in povertà educativa.
- Colmare il vuoto creato dal Covid-19 che può portare al divario sociale attraverso il patrimonio culturale della nostra isola.
- Allineare il sistema di accreditamento Regionale con il Sistema Museale Nazionale tenendo conto anche della dimensione eco-museale e di quella inclusiva ed educativa delle tecnologie digitali.
- Non trascurare la funzione centrale del Terzo Settore come collante tra comunità e patrimonio culturale.”
Nel frattempo la società civile si è organizzata, in un paio di giorni trenta sei mila siciliani
hanno firmato la petizione “Fuori la Lega dai Beni Culturali” (https://www.change.org/p/nello-musumeci-fuori-la-lega-dai-beni-culturali-della-regione-siciliana?recruiter=454448562&utm_source=share_petition&utm_medium=facebook&utm_campaign=psf_combo_share_abi&utm_term=psf_combo_share_abi&recruited_by_id=e71a56d0-ab4e-11e5-a6ed-01211103995f&utm_content=fht-22132151-it-it%3Av5)
“Ho notato sui social che la notizia non è stata ben accolta dai siciliani, quindi ho pensato di creare una petizione on line per fargli capire che stavano esagerando. Anche se non ha valore giuridico rappresenta il dissenso di tutta l’isola. Io non ho mai partecipato a lotte politiche o sociali, ho agito d’istinto” dice Martino Tabbita, agente di commercio palermitano.
“Il 2 giugno ci sarà una manifestazione indetta da un gruppo facebook che si chiama “No beni culturale alla lega, Musumeci dimettiti” si terrà davanti l’Ars e in quest’occasione vorrei presentare la raccolta firme al presidente della Regione.