Volere è potere e, per la classe operaia diventa un imperativo categorico; un imperativo categorico, sosteneva Kant, in Critica della ragion pratica, “…il solo e unico principio a priori della ragione, che comanda alla volontà di essere buona in se stessa, cioè di agire prescindendo da qualunque inclinazione sensibile e da qualunque fine particolare, assumendo un punto di vista universale“.
Quella del birrificio Messina, infatti, non diventa, solo, uno scacco matto all’imprenditore Heineken che aveva intenzioni di chiudere definitivamente la realtà produttrice di birra italiana, ma una dimostrazione pratica che senza i padroni le produzioni non smettono di esserci. Anzi…
Il “signor” Heineken, oltretutto, è lo stesso che fece, insieme ai Goldsmith, uno studio di fattibilità, per uno dei think tank più esclusivi (Club 1001), il progetto di dissolvimento degli Stati nazionali europei e quindi dell’Europa.
Infatti, “Heineken e i due fratelli progettarono la balcanizzazione del continente con la collaborazione dello storico e agente del SIS britannico Cyril Northcote Parkinson e lo pubblicarono in forma riservata con il titolo Eurotopia. Quello studio del 1992 suddivideva l’Europa in 75 macroregioni secondo criteri demografici ed etnici: l’Italia doveva essere divisa in 8 staterelli.
Due anni dopo nel novembre 1994 appare il progetto della Lega che prevede la divisione del nostro Paese in 9 stati.“
Auguri al birrificio Messina che diventi un esempio agli altri lavoratori, se sapranno fare patrimonio che l’unione fa la forza e, nel contempo, diventi un monito ai padroni di non scherzare, mai, con il mondo del lavoro.
MOWA
Birrificio Messina, domani la riapertura. Rinato con gli sforzi e i Tfr dei lavoratori
Simona Arena
Saranno tre le etichette – Doc 15, Cruda Doc 15 e Birra dello Stretto – prodotte dallo stabilimento, che riaprirà i battenti dopo le innumerevoli peripezie vissute dagli operai. Che adesso si rimettono in gioco nei panni di imprenditori di se stessi. La prima produzione prevista subito dopo Ferragosto
Tutto pronto per l’inaugurazione del birrificio Messina. Domani sarà tagliato il nastro della struttura in zona Asi di Larderia, che ospita la cooperativa dei 15 ex operai Triscele dove ad agosto verranno prodotte la Doc 15, la Cruda Doc 15, e la Birra dello Stretto. Le tre nuove etichette costituiscono il sogno divenuto realtà e soprattutto una rivincita per ciascuno degli operai imprenditori che hanno scommesso su se stessi fin dal 2013. «Noi sappiamo fare birra. Questo è il nostro mestiere». Lo hanno sempre sostenuto e il prossimo mese la bevanda tornerà a essere un prodotto fatto in casa a Messina.
Quella di domani non sarà una semplice inaugurazione, perché coinciderà con l’avvio della prima cotta. E, rispettando i tempi di fermentazione del luppolo, il 20 agosto si potrà bere la prima birra. L’invito per l’inaugurazione è aperto alla città e a quanti hanno sostenuto questa avventura. Sarà una festa per un marchio indipendente atteso a Messina e in provincia, che è prova di come un gruppo di lavoratori abbia creduto nelle possibilità per la città di riscoprire la propria vocazione industriale.
La storia degli ex operai Triscele comincia quando la Heineken rileva lo stabilimento dove i Faranda avevano dato vita alla Birra Messina. Dopo un primo periodo in cui tutto sembra andare per il meglio, l’azienda olandese comunica di dover chiudere l’impianto peloritano. Non verrà più fatta birra a Messina. Quando tutto sembrava ormai perso, gli eredi dei Faranda rilevano lo stabilimento e tornano a fare birra con nuove etichette. Ma anche questa nuova avventura si conclude nel peggiore dei modi. Inizia così la mobilitazione dei lavoratori che decidono di non arrendersi a quella che è diventata una prassi dappertutto. Troppe le aziende che abbassano la saracinesca, tanti i padri di famiglia che restano senza lavoro.
Così decidono di investire i loro Tfr per fondare un birrificio tutto loro. Il 17 marzo del 2014 comincia l’avventura che li ha visti trasformarsi da operai a imprenditori. Prima di quella data, per oltre un anno sono rimasti davanti i cancelli dello stabilimento di via Bonino. Per loro era diventata una seconda casa. All’addiaccio o con il sole cocente, sotto il gazebo hanno continuato a raccogliere firme per riavere il loro lavoro. E anche dopo aver perso, perché alla fine quel posto non sono riusciti a mantenerlo, non hanno smesso di credere in loro stessi e hanno fondato il Birrificio Messina.
I primi a sostenerli sono stati i soci della Fondazione di Comunità. Tanti i semplici cittadini che hanno risposto all’appello contribuendo al sogno dei lavoratori anche con piccole donazioni. Sono stati definiti gli ex lavoratori prima della Birra Messina, poi della Triscele. Da domani saranno, per tutti, gli operai imprenditori del Birrificio Messina. C’è una città che aspetta di gustare le loro birre. Perché le tre etichette hanno un gusto diverso rispetto alle altre birre. Hanno il sapore del riscatto.