Il presidente eletto del Brasile, il reazionario Jair Bolsonaro, è stato paragonato a figure come Donald Trump o Pinochet. Ci sono anche altri che lo consideravano l’espressione rinnovata del fascismo internazionale.
Il presidente eletto del Brasil, il reazionario Jair Bolsonaro, è stato paragonato a figure come Donald Trump o Pinochet. Ci sono anche altri che lo consideravano l’espressione rinnovata del fascismo internazionale, un tema che senza dubbio va seguito in Brasile e in tutto il continente latinoamericano.
La politica estera di Jair Bolsonaro sarà uno dei temi da seguire.
Durante la campagna elettorale, il politico ha parlato di proibire i «pregiudizi ideologici» nella diplomazia ed anche di uscire dalla ONU, ma anche se il presidente eletto e i suoi alleati hanno dato l’idea che adotteranno posizioni differenti alle attuali, le nuove rotte internazionali del Brasile sono per ora speculazioni.
Nonostante questo, all’inizio di questo mese Bolsonaro ha informato sulla determinazione del suo prossimo governo di spostare l’ambasciata del Brasile con sede a Tel Aviv in Israele a Gerusalemme, territorio in disputa con la Palestina.
Senza dubbio un’altra maniera per segure i passi del signore del nord.
Questa, come altre azioni annunciate da Bolsnaro e che continueranno, obbediscono all’intenzione d’imitare i movimenti della politica estera applicata dagli Stati Uniti con l’amministrazione Trump.
Prima di trasferire l’ambasciata a Gerusalemme, ha annunciato che pianifica di chiudere l’ambasciata del Brasile in Palestina e ha detto : «La Palestina è un paese? La Palestina prima debe diventare un paese e poi avrà diritto a un’ambasciata».
Rispetto al Venezuela, il presidente eletto ha solo dettagliato che il suo ambasciatore si trova in Brasile e l’ambasciata è già stata disattivata.
«Non abbiamo più contatti». Prima dell’annuncio il vicepresidente eletto, Hamilton Mourao, si è riferito a una politica di pressione contro il Venezuela.
Inoltre è stato discusso di mantenere relazioni diplomatiche con Cuba.
Durante un’intervista, Bolsonaro si è mostrato ironico chiedendo che affari potevano fare con l’arcipelago cubano
«Veda, rispettosamente, che affari potremmo fare con Cuba? Parliamo di diritti umani?», ha detto quando gli è stato chiesto se prevede di chiudere la sua ambasciata a L’Avana.
Poi ha criticato che in Brasile ci sono 11000 medici cubani che lavorano nelle regioni più povere della nazione sudamericana.
Le dichiarazioni di Bolsonaro sono avvenute quando il consigliere alla Sicurezza Nazionale statunitense John Bolton, si è riferito ai governi di Cuba, Venezuela e Nicaragua, come alla «troika del male», Allora, tutto forma parte della stessa retorica imposta?
Al disopra delle sue dichiarazioni xenofobe e offensive, durante la campagna elettorale di Bolsonaro si vedeva già l’uomo che avrebbe affondato il suo paese ancora di più nelle politiche neoliberiste.
Si conoscono la sua ammirazione per la forma sfrenata di governare del presidente nordamericano, le sue relazioni con il senatore Marco Rubio, insomma si conosce la sua sottomissione al denaro.
Inizialmente, Bolsonaro aveva adottato un discorso molto simile a quello di Trump negli Stati Uniti, parlando per esempio dell’uscita di alcuni organi da Organizzazioni delle Nazioni Unite come la Unesco e il Consiglio dei Diritti Umani, e l’uscita dall’accordo di Parigi sul cambio climatico.
Bolsonaro ha escluso le donne e gli afroamericani dal suo staff di lavoro, ha messo veti alla stampa nazionale, ha detto che eliminerà il Ministero del Lavoro del Brasile, in un paese dove manca il lavoro per almeno 27 milioni di persone ed ha affermato che comincerà a concepire i movimenti sociali come nemici interni, come pericolosi terroristi che si dovranno combattere con leggi speciali.
Il gigante americano affronta tutto questo, e con lui l’America Latina. ( GM – Granma Int.)
13 novembre 2018