di Miriam Cuccu
Giorgio Napolitano non testimonierà al processo Borsellino quater sulla strage di via d’Amelio, contrariamente a quanto richiesto dal legale Fabio Repici, che assiste Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino. Alla fine le ragioni apposte dall’ex Presidente della Repubblica hanno prevalso, in quanto il presidente Balsamo ha ritenuto “superflua” la testimonianza del presidente emerito, revocando così la prova testimoniale in quanto non avrebbe alcun “contributo dimostrativo” a seguito dell’escussione di altri testi comparsi in precedenza davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta, come gli ex politici Nicolò Amato e Vincenzo Scotti.
Ad opporsi alla testimonianza di Napolitano era stata solo l’avvocatura dello Stato: “Non è che vogliamo porre un freno alla ricerca della verità – aveva anticipato l’avvocato La Spina – ma riteniamo che la missiva del presidente emerito Napolitano chiarisca le ragioni dell’irrilevanza della testimonianza” e per questo “chiediamo la revoca totale dell’ordinanza di ammissione” sulla testimonianza eccellente dell’ex Presidente della Repubblica. “Nessun testimone può interloquire col giudice – aveva invece ribattuto il pubblico ministero Gabriele Paci – se avallassimo questo orientamento avremmo un ‘vulnus’ nel sistema giudiziario e quindi la lettera inviata alla Corte d’Assise non può essere valutata come un documento, come una sollecitazione affinché le parti rivedano le proprie richieste. Non essendoci neanche il consenso della parte interessata l’audizione non può essere revocata”. L’avvocatura dello Stato aveva inoltre chiesto l’acquisizione del verbale della deposizione resa da Napolitano nel processo trattativa Stato-mafia. La Procura aveva dato parere favorevole all’acquisizione del verbale, ma i difensori degli imputati si sono opposti.
Proprio questa mattina era stata depositata una memoria difensiva di Salvatore Borsellino (in merito alla lettera di Napolitano con la quale dichiarava “inutile” la propria testimonianza auspicando che si procedesse alla sua citazione. Accusa, difesa e parti civili si erano associate alla richiesta di Repici. Questo, però, non è bastato per fare sì che l’ex Capo dello Stato comparisse davanti alla Corte nissena.
Già una volta Napolitano aveva addotto la questione della “non rilevanza” delle sue parole per un altro dibattimento, quello sulla trattativa Stato-mafia, cosa che non aveva impedito alla Corte d’Assise di Palermo, ai pm e agli avvocati di presentarsi alla “Camera Oscura” del Quirinale per l’esame del teste eccellente, condotto eccezionalmente a porte chiuse. Un esame durato tre ore, in seguito al quale il pm Nino Di Matteo aveva ribadito l’importanza della deposizione: “Ci ha dato la conferma che, dopo le bombe del ’93 ai livelli più alti delle istituzioni di allora si ebbe immediatamente la consapevolezza, cito testualmente il presidente, ‘di un aut-aut nei confronti dello Stato da parte della mafia corleonese per alleggerire la pressione detentiva o, in caso contrario, proseguire nella strategia destabilizzante dello Stato’”. Parole che ben fanno comprendere il clima teso dell’epoca, nel quale si sono consumate le stragi del ’92 e ‘93. Ma che non potranno rientrare del processo per l’eccidio in via d’Amelio. Perché, nonostante Napolitano abbia spiegato di aver “avuto modo di illustrare ampiamente i fatti politico-istituzionali di cui sono venuto a conoscenza” riguardanti “accadimenti storici largamente coincidenti”, le sue illustrazioni rimarranno circoscritte nel dibattimento per il quale il teste è comparso. Sottraendo così un importante contributo alla ricerca della verità sul come e il perché Paolo Borsellino è stato così brutalmente sacrificato. E soprattutto, su chi c’era realmente dietro.
20 Novembre 2015