Durante la Seconda guerra mondiale, come in tutte le altre guerre, si sono consumate efferate e gratuite violenze ai danni delle donne. Ma niente può eguagliare l’orrore della vicenda delle “marocchinate”, le donne ciociare violentate nel 1944 dal contingente marocchino dell’esercito francese. Erano chiamati “effetti collaterali della guerra”; oggi quegli stupri sono un crimine contro l’umanità.
APPROFONDIMENTO
IL CONTESTO
È 15 febbraio del 1944, Seconda guerra mondiale, la folle distruzione della Abbazia di Montecassino, roccaforte tedesca nel frusinate, da parte dei bombardieri alleati, provoca la morte di centinaia di civili. L’Abbazia è rasa al suolo dal più imponente bombardamento della storia contro un singolo edificio. I tre mesi seguenti di combattimenti feroci per stanare gli invasori, trincerati tra le macerie, sono inutili. Quando i soldati alleati arrivano al Monastero, i pochi paracadutisti tedeschi se ne sono già andati per evitare di essere accerchiati dai gurkha della divisione indiana del generale inglese Francis Tuker. Un mese dopo il tragico bombardamento, esattamente il 15 marzo, è rasa al suolo anche la sottostante città di Cassino. Le bombe cadono anche dai monti delle Mainarde sino a Minturno: distruzioni massicce, con oltre 10.000 vittime civili, e circa 50.000 militari.
Ma non è che l’inizio del martirio della zona intorno alla Linea Gustav. Voluta da Hitler nel settembre 1943, la Linea conta 230 chilometri di barriera difensiva, dal Tirreno all’Adriatico. Partiva da Gaeta, al confine tra Lazio e Campania, fino ad arrivare alla foce del Sangro, a sud di Pescara. La città ciociara di Cassino ne era il nodo. Saranno infine i soldati del generale francese Alphonse Juin a sfondarla.
È l’aprile del 1944, la guerra non è finita. Per vincere, gli Angloamericani decidono di cambiare strategia: riuscire a prendere Montecassino, quindi passare attraverso i monti Aurunci, nella valle del Liri in Ciociaria. Anche per la popolazione che si è rifugiata in montagna è il tempo dell’attesa. Il generale Clark, che è a capo della V armata americana, si affida al generale Juin e alle divisioni francesi, perché si rende conto che nella zona è più opportuno inviare truppe di montagna, anziché divisioni corazzate, considerata la natura impervia del terreno del basso Lazio.
I GOUMIERS
Proprio il contingente marocchino agli ordini del generale Juin, i cosidetti “goumièrs”, sfondano per primi i capisaldi della linea Gustav, il 13 maggio 1944.
Il piano di Juin scatta giovedì 11 maggio. Nome in codice: operazione Diadem. Alle undici di sera, 1600 cannoni danno inizio a un intenso bombardamento contro i tedeschi. Quarantacinque minuti dopo le truppe del Corpo di Spedizione Francese attaccano Monte Faito, al centro dei Monti Aurunci. Dove passano, però, i goumiers seminano morte, violenza e distruzione. Poi la furia dell’esercito liberatore risale la valle del Liri, sconvolge il frusinate, prosegue verso Nord, verso Roma, per fermarsi in Toscana.
Nell’agosto del 1944, dopo lo sbarco alleato sulle coste della Provenza, le truppe di Juin tornano in patria: 7485 di loro sono morti.
110 mila soldati francesi, marocchini, algerini e tunisini. Sono gli uomini del C.E.F., il Corpo di Spedizione Francese, guidato dal generale Alphonse Juin. Nato a Bona in Algeria, ‘pied-noir’ orgoglioso delle proprie origini, comandante deciso e ostinato, Juin ha ai suoi ordini anche i 12mila goumiers arruolati e addestrati sulle montagne dell’Atlante in Marocco.
La Linea Gustav è sfondata, i tedeschi sono costretti ad arretrare. I profughi vedono arrivare i liberatori. Ma proprio in questi giorni di liberazione ha inizio un saccheggio senza precedenti: i goumiers devastano, rubano, uccidono, violentano. Donne, bambini, ma anche uomini, sono il loro “bottino di guerra”. Questo periodo non ha trovato il giusto spazio nei libri della storiografia ufficiale. Solo il grande romanzo “La Ciociara” (1957) di Alberto Moravia e poi il grande film omonimo di Vittorio De Sica (1960) hanno avuto il coraggio di raccontarlo, negli anni del dopoguerra.
Le «marocchinate»: una brutta definizione, ma comprensibile per tutti, in quei luoghi. Indica i molti stupri perpetrati dai soldati marocchini in quei luoghi e in quel frangente storico.
Lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun li descrive così:
“Era soprattutto gente che viveva sulle montagne, i francesi li rastrellarono, li caricarono sui camion con un’azione violenta, di sopraffazione e li portarono a migliaia di chilometri da casa a compiere altre violenze. Le loro azioni brutali vanno inquadrate in questo contesto…In Marocco ovviamente sono gli eroi di Cassino.”
I goumiers andavano all’attacco salmodiando la Chahada. Catturavano i tedeschi per rivenderli (500-600 franchi per un soldato semplice, il triplo per un ufficiale superiore) ai militari americani desiderosi di costruirsi una reputazione guerriera senza rischiare.”
Dopo l’abbattimento della linea Gustav, la «furia francese» travolge soprattutto il paesino di Esperia, sede del quartier generale della 71° divisione tedesca.
Un rapporto inglese parla di donne e ragazze, adolescenti e fanciulli stuprati per strada, di prigionieri sodomizzati, di ufficiali evirati. I nord-africani perdono il controllo, in preda all’ebbrezza del successo entrano nelle abitazioni prelevano le donne e spesso uccidono padri, fratelli e chiunque tenti di opporsi.
Il 18 giugno 1944, Pio XII sollecitò De Gaulle riguardo a questi episodi, ricevendone una risposta accorata, accompagnata da un’ira profonda che si riversò sul generale Guillaume, capo dei “marocchini”. Si mosse la magistratura militare francese: fino al 1945 furono avviati 160 procedimenti giudiziari che riguardavano 360 individui; ci furono condanne a morte e ai lavori forzati.
IL BALLETTO DELLE CIFRE
Ma quanti furono questi stupri? Le cifre non sono mai state precise.
Lo storico francese Jean Christophe Notin sostiene che il documento più importante, assolutamente inedito, è quello relativo ad una inchiesta condotta dal tribunale militare che ha censito tutti i casi accertati di stupro, quelli per i quali è stata avviata un’azione presso il tribunale militare. Secondo questo documento, sono stati giudicati circa 150 casi, 350 le persone coinvolte.
Lo storico Giovanni De Luna sostiene invece che si oscilli tra un massimo di 60 mila e un minimo di 300. Il 13 settembre 1944, pochi mesi dopo la liberazione di Roma e di tutto il basso Lazio, la direzione generale della Sanità Pubblica scrive al Ministero dell’Interno che circa 3100 donne sono state violentate tra la provincia di Frosinone e quella di Latina, l’allora Littoria.
Secondo De Luna, 3000-3500 stupri sembra un ordine di grandezza sufficientemente preciso. Un ordine di grandezza comunque sterminato, rispetto all’esiguità del territorio in cui queste violenze avvennero.
Ciò risulta ancor più drammatico in quanto avviene in un arco di tempo estremamente compatto, dal 12 al 27 maggio. Le truppe marocchine ripeteranno questa tragiche violenze anche a carico di altre popolazioni nella Val d’Orcia in Toscana e nel viterbese.
LA CARTA BIANCA
La furia delle truppe marocchine ha sin dal primo momento assunto le caratteristiche di uno stupro di massa. Ma come è stato possibile che soldati comandati da ufficiali francesi, inquadrati nella V armata americana, abbiano potuto infierire sulla gente del luogo senza alcun controllo? In questa ricerca della verità partiamo da un misterioso, presunto proclama, attribuito al generale Juin.