“Un colpo di Stato”: sono le prime parole pronunciate dalla presidente Dilma Rousseff dopo il voto con il quale il Senato ha dato il via libera alla procedura di impeachment sospendendola dal suo incarico. Il Governo di Michel Temer, vice-presidente (dirigente del Partido do movimento democratico brasileiro – Pmdb – una formazione di matrice liberale) non ha fatto in tempo ad insedirsi che subito sono cominciare le manifestazioni in favore di Dilma. Un gruppo di attivisti che manifestava davanti al palazzo presidenziale di Planalto, a Brasilia, è stato disperso dalla polizia militare quando ha tentato di superare le transenne e avvicinarsi al palazzo.
A loro si sono aggiunte anche un gruppo di donne. A San Paolo, alcune centinaia di manifestanti hanno bloccato l’Avenida Paulista, la principale arteria della metropoli. Secondo il segretario generale dell’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur), l’ex presidente colombiano Ernesto Samper, la sospensione della presidente brasiliana costituisce un ”pericoloso precedente”.
“La presidente e’ stata sospesa per presunte irregolarita’ di bilancio ma la verita’ e’ che l’impeachment e’ una mossa politica, impensabile senza i problemi economici deflagrati negli ultimi anni”, spiega Daniel Fassa, esperto della rivista brasiliana “Cidade Nova” (area cattolica). “Un passaggio previsto che non e’ pero’ la fine della crisi politica, destinata al contrario a proseguire” avverte subito. L’assunto di base, confermato negli ultimi mesi da cortei, contrapposizioni e polemiche quotidiane, e’ la polarizzazione della societa’ brasiliana. “Anche dopo il voto del Senato in favore dell’impeachment- dice Fassa- i brasiliani favorevoli a Dilma e al suo Partido dos trabalhadores continueranno a scontrarsi frontalmente con coloro che invece sono contrari e ora festeggiano la sospensione della presidente”.
E’ probabile, sottolinea l’esperto di “Cidade Nova”, rivista cattolica con uffici di corrispondenza in diverse regioni del Brasile, che nelle prossime settimane continuino le manifestazioni di opposto colore politico: “Sono la conseguenza inevitabile di una crisi economica e sociale che solo in un secondo momento e’ finita su un piano costituzionale e giuridico”.
Piu’ delle irregolarita’ di bilancio, che sarebbero state avallate da Rousseff prima della rielezione nel 2014, peserebbero la recessione e la perdita di posti di lavoro. Secondo il Fondo monetario internazionale, nel 2016 il Prodotto interno lordo del Brasile dovrebbe contrarsi del 3,8%, proprio come lo scorso anno. “In una situazione del genere e’ difficile che tra sei mesi il parlamento voti diversamente, restituendo la presidenza a Rousseff e togliendola al suo vice Michel Temer” sottolinea Fassa: “L’era del Partido dos trabalhadores, 13 anni caratterizzati dai programmi sociali, rischia davvero di chiudersi”.
13.05.2016