Giovanni Punzo
«Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre», diceva Abramo Lincoln. Anche se non sempre il presidente americano ha avuto ragione, le bugie hanno quasi sempre le gambe corte. Per rimanere negli Stati Uniti, c’è l’attualità di Donad Trump, bugiardo conclamato e mai pentito. O nella nostra piccola Europa continente (e non più Unione), il Boris londinese, sulla cui parola presto non si fideranno più neppure gli elettori conservatori britannici più accaniti.
Per non parlare degli spacciatori di bugie sul coronavirus a inquinare i social e persino i parlamenti.
Sulle bugie politiche di casa ci asteniamo per brevità e ‘linea editoriale’: meglio guardare al resto del mondo per non rimanerci troppo male.
Dalla stretta attualità di Boris di cui abbiamo scritto ieri, e oggi una rassegna di celebri bugie nella storia
L’antichità e la ‘nobile menzogna’ di Platone
I greci veneravano la verità e la ricerca di essa, ma spesso si comportavano diversamente, soprattutto in politica. Pausania, re di Sparta, fu accusato da una falsa lettera prodotta dai suoi avversari: fu incarcerato e poi assolto. Alcibiade, con molta disinvoltura, cambiò più volte schieramento politico tra Atene e Sparta giustificandosi ogni volta con ‘sinceri’ discorsi e il tutto mentre era in corso una guerra tra le due città. Nulla di sorprendente se Platone inventò l’espressione ‘nobile menzogna’ per descrivere questi comportamenti. Ai tempi dell’antica Roma i politici, anche i compassati senatori e non solo i rappresentanti dei piccoli consigli cittadini, si insultavano reciprocamente come abitudine e frequente era l’accusa di mentire: per dimostrarlo costruivano notizie false, oppure più abilmente scrivevano opere storiche – o le facevano scrivere – per abbellire le proprie imprese. Cicerone e Clodio, in competizione tra loro, si scambiarono accuse velenose, quanto inventate. Clodio, più abile del rivale, conoscendo l’antipatia dei romani per la monarchia, accusò infine Cicerone di velleità monarchiche per farlo cadere in disgrazia.
Il Medioevo, persino un Papa Pinocchio
Probabilmente fu l’età più ricca di falsi e bugie, smascherate però dopo secoli. Uno dei casi più noti forse fu la vicenda legata alla cosiddetta ‘donazione di Costantino’, rivendicata nel 1053 da papa Leone IX. A parte la supremazia della chiesa di Roma sulle chiese orientali (Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Antiochia e Gerusalemme), l’atto concedeva diritti su vasti possedimenti territoriali. Per secoli si discusse sul suo contenuto in termini giuridici o teologici (e anche Dante disse la sua), finché nel 1440 Lorenzo Valla scoprì in modo inequivocabile che si trattava di un falso. Mai un imperatore romano – che il latino doveva conoscerlo bene – avrebbe usato espressioni barbariche o tantomeno descritto istituti medioevali come il feudo. Ai dubbi di Valla si aggiunsero anche quelli di Nicolò Cusano, ma solo nel XIX secolo si stabilì che il documento era stato redatto nell’VIII secolo dopo Cristo e certamente non dalla cancelleria imperiale di Costantino.
Il rinascimento e il Settecento
Nel rinascimento la bugia politica divenne un’arte: nacquero la ragion di Stato e con essa l’«infingimento». Basta scorrere un qualunque carteggio tra principi o capi di stato per scoprire quanto le salde alleanze o le sincere amicizie non lo fossero affatto: era quanto teorizzava l’italiano Niccolò Machiavelli, anche se moltissimi allievi non superarono mai il maestro. Sorprende però che anche l’utopista Tommaso Campanella, che era comunque un domenicano, abbia scritto: «Bello è il mentir, se a far gran bene si truova». Il fine, in fondo, giustifica i mezzi. Quasi due secoli dopo le vicende raccontate da Machiavelli alla menzogna politica Jonathan Swift dedicò un’opera che ancora vale la pena di essere letta. Abile tessitore di trame non sempre cristalline o di aperte menzogne fu Talleyrand, ministro degli esteri prima rivoluzionario e poi di Napoleone. Il suo esempio è stato citato spesso da Henry Kissinger che gli dedicò un certo spazio in un suo libro sulla diplomazia e la politica,
Quando nacque la ‘smoking gun’
Gli ultimi decenni hanno visto innumerevoli bugie. Dopo quelle di Clinton nella vicenda Lewinsky ne seguirono tante altre. Il primo ministro britannico Tony Blair affermò che non solo Saddam Hussein disponeva di armi di distruzione di massa, ma che un suo missile era in grado di raggiungere Londra. Dall’altra parte dell’Atlantico Colin Powell esibì una boccetta spiegando che conteneva antrace. Le conseguenze di questi discorsi pubblici sono note a tutti. Più recentemente Alain Juppè, ministro degli esteri di Nicolas Sarkozy, in un celebre discorso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dipinse a fosche tinte la situazione in Libia. Seguì l’intervento, ma una commissione del parlamento inglese – sebbene David Cameron si fosse alleato alla Francia nell’operazione – definì ‘grave errore politico’ il bombardamento che fece collassare il paese di Gheddafi dando origine a una complessa situazione ancora in corso. Ultime, in ordine di tempo, alcune dichiarazioni di un ex-presidente degli Stati Uniti più sul caricaturale che sul tragico, tipo la varechina anti coronavirus. Più, scemenza che bugia.
25 Luglio 2021