di Maurizio Musolino, del Comitato Centrale e del dipartimento Esteri PCI
La polemica sul burkini in Francia è di giorno in giorno più stucchevole. Innanzitutto perché sui media italiani (non conosco la situazione negli altri paesi) troneggiano di gran lungo su questioni ben più serie e gravi, sia a livello nazionale che internazionale. Spesso poi si produce un dibattito fra muti, e altrettanto frequentemente articoli e riflessioni sul nulla. Esempio di quest’ultima categoria l’articolo uscito su Repubblica di Tahar Ben Jelloun, bravo e intelligente scrittore marocchino, che si produce in un articolo dal sapore cerchiobottista.
Nonostante questa premessa, scusandomi in anticipo, voglio provare con estrema umiltà a dire la mia.
Da laico guardo con soddisfazione uno dei pilastri dell’approccio della Repubblica francese in tema di laicità, ovvero la non ostentazione dei simboli religiosi. Sarebbe bello che anche l’Italia abbandonasse l’imbarazzante presenza di crocifissi, madonne e quanto altro, in ospedali, scuole e uffici pubblici. Sarebbe bello limitare l’influenza del Vaticano sui temi etici che riguardano tutti, i cattolici, i credenti di altre religione e anche atei e miscredenti vari. Voglio sperare e credere che in questo senso in Francia si faccia diversamente e apprezzo questa scelta.
Ma quale è il confine dell’ostentazione e quello della libertà personale?
Una suora o un prelato che gira in abito talare, ostenta? Un ebreo che mette la kippah, ostenta?
Ieri il presidente francese si è recato a Roma per una visita a papa Francesco, con l’obiettivo di consolidare i rapporti. Ricordo la grande manifestazione dopo l’attentato alla rivista Charlie Hebdo, in tanti sfilavano con le kippah in testa. Ma non rammento nessuna polemica per questo. Piccole contraddizioni?
Per farla breve, credo che ci sia un ambito privato dove ogni cittadino deve poter manifestare le proprie convinzioni e le proprie idee. Piacciano o non piacciano, almeno finché non offendono altri cittadini. In questo ambito nulla di male nel portare la kippah, mettere l’abito talare, indossare crocifissi, avere il velo o altro, indossare i sai buddisti, ma anche avere magliette con le foto del Che, o della Palestina o quanto altro. Purché si sia liberi di scegliere. Un terreno questo scivoloso, perché è estremamente difficile giudicare i condizionamenti della società nella quale si vive.
Ecco io considero la scelta di indossare il burkini al mare una scelta individuale, privata. Le donne islamiche, se libere di poterlo fare, devono poter scegliere, ed è assurdo avere leggi che lo impediscono. Un crocefisso ben in vista sul petto in cosa differisce? Cosa diversa è chiedere che nei documenti, un ambito pubblico, il viso sia scoperto e riconoscibile, vale per il velo ma anche per i turbanti indiani e altro ancora.
Per queste regioni le scelte del governo francese puzzano decisamente di una volontà, neppure troppo occulta, di assecondare gli spiriti xenofobi e antislamici, dilaganti in Francia, il prossimo anno si vota… Una delle tante facce dell’estremismo e dell’integralismo religioso che, dobbiamo riconoscerlo, sta radicandosi nelle nostre società, in forma trasversale, ben oltre quindi i confini dell’Islam.
agosto 18, 2016