Giorgio Bongiovanni
Con “ipocrite” e “patetiche” scuse e le dimissioni da sottosegretario all’Economia, dopo 22 giorni, si è conclusa l’assurda vicenda del leghista-fascistone Claudio Durigon. Finito nell’occhio del ciclone (con tanto di silenzio di governo) per quella sua assurda idea di reintestare il parco di Latina ad Arnaldo Mussolini, il fratello del Duce, anziché a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Una proposta doppiamente grave, così come l’aveva definita il Presidente di Libera Don Luigi Ciotti, perché da un lato si riportava a galla la memoria di due martiri della nostra storia repubblicana, due padri della Patria, uccisi barbaramente per aver combattuto il potere mafioso e quei poteri oscuri che ancora oggi lo sostengono.
Successivamente c’erano stati anche gli interventi di Salvatore Borsellino, Maria Falcone e Giovanni Impastato che chiedevano un’azione forte da parte del Presidente del Consiglio Mario Draghi, con la cacciata di Durigon in via ufficiale. Niente di tutto ciò.
Nessuna dichiarazione ufficiale. Solo qualche colloquio con il leader della Lega, Matteo Salvini, e con il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, affinché “mollassero” il sostegno allo stesso Durigon, che non ha potuto far altro che levare i tacchi ed andarsene.
Il caso Durigon si sarebbe dovuto chiudere metaforicamente con i “calci in bocca”, nei confronti del sottosegretario.
Come nel celebre film di Sergio Leone, “Per un pugno di dollari” con Clint Eastwood e Gian Maria Volonté.
“Il mio mulo si è offeso per i quattro colpi sparati tra le zampe e pretende le scuse. Fate molto male a ridere. Al mio mulo non piace la gente che ride – recitava il pistolero Clint Eastwood – Ha subito l’impressione che si rida di lui. Ma se mi promettete di chiedergli scusa, con un paio di calci in bocca ve la caverete”.
Il “mulo” da difendere, in questo caso, sono tutti i cittadini italiani onesti che di mafia e fascismo non ne vogliono più sentir parlare. I Durigon di turno sono come quei criminali che si spartivano la città di San Miguel. Avrebbe meritato di essere “preso a calci in bocca”, o meglio, essere espulso dalla maggioranza di governo.
Ma quel silenzio istituzionale pesa. Come quello sulla lotta alle mafie, che viene messo di fatto all’ultimo posto da questo governo-accozzaglia di partiti e movimenti, in cui allo stesso tavolo siedono i rappresentanti di Forza Italia, partito che ha tra i fondatori un uomo della mafia (Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa ed in primo grado per la trattativa Stato-mafia) e come leader un pregiudicato, Silvio Berlusconi, che pagava la mafia (così come dicono le sentenze), assieme ai “traditori” del Movimento Cinque Stelle.
Per non parlare, appunto, della Lega stessa, che nel suo leader, vicino politicamente alla francese Marine Le Pen e l’ungherese Viktor Orban, ha più volte dimostrato le derive fasciste del proprio pensiero.
Durigon finalmente se ne è andato, ma non basta.
Di questo Governo, non dei “migliori” ma dei potenti, non condividiamo alcunché.
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, messo lì appositamente per mettere “i conti a posto” dal mondo dell’Economia e della Finanza, fa il proprio “dovere”.
E la lotta alle mafie e alle nostalgiche ideologie fasciste sono tutt’altro che una priorità.
Ciò avviene mentre i “giuda”, quegli squallidi personaggi al servizio del “buffone di corte” Beppe Grillo, continuano in modo indegno e vergognoso a restare in sella ai propri scranni, tradendo quegli ideali per cui milioni di italiani, sbagliando, votarono il falso Movimento.
Personalmente ci auguriamo che Giuseppe Conte possa svegliarsi, prendendo con sé quel poco di buono rimasto in seno al Movimento Cinque Stelle e, finalmente, andare all’opposizione, mettendo fine a questo governo che tra riforme delle ingiustizie, cedimenti sull’ergastolo ostativo, e silenzi sta sempre più gettando la maschera.