di AMDuemila
Minacce e insulti sono stati rivolti da diversi imputati all’indirizzo del pm della Dda Henry John Woodcock, dalle gabbie dell’aula bunker del carcere napoletano di Poggioreale, a conclusione del processo contro presunti esponenti del clan camorristico Sibillo del rione Forcella di Napoli. L’episodio è avvenuto subito dopo che il giudice Paola Piccirillo ha letto il dispositivo della sentenza che ha condannato 15 imputati a pene varianti dai 14 ai 6 anni di reclusione per traffico e spaccio.
Il pm Woodcock, insieme con il collega della Dda Francesco De Falco, ha condotto l’inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio e alla condanna degli imputati, e ha svolto anche l’indagine sulla cosiddetta “paranza dei bambini”, un gruppo di giovanissimi camorristi attivi nel centro storico di Napoli che pure è approdata, nei mesi scorsi, a numerose condanne.
“Nessun peso ho dato alle frasi pronunciate nei miei confronti dagli imputati: si tratta di una comprensibile reazione di persone a cui sono state appena inflitte severe condanne”. Così Woodcock ha commentato le minacce.
Pasquale Sibillo, detto Lino, capo dell’omonimo gruppo camorristico componente la “paranza dei bambini” di Napoli, è stato condannato a dieci anni di reclusione per traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Condannato anche il padre, Vincenzo, a 12 anni di carcere, e Alessandro Riccio, ritenuto elemento di spicco dei Sibillo, a cui è stato già comminato un ergastolo: a lui è stata inflitta una pena di 14 anni e 4 mesi di reclusione.
Sibillo venne arrestato dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli il 21 novembre del 2015, a
Terni, dopo una latitanza di oltre cinque mesi (era ricercato dal 9 giugno), mentre era in auto in compagnia di un suo parente. Gli investigatori riuscirono a rintracciarlo dopo avere fatto uno screening completo della sua parentela, successivamente messa sotto controllo. Fu identificato grazie al tatuaggio – un poker d’assi con un joker dal sorriso beffardo – che si era fatto fare su un braccio. Per rendersi irriconoscibile e sfuggire alle forze dell’ordine, infatti, era dimagrito e si era tagliato barba e capelli.
Pasquale Sibillo è ritenuto uno dei protagonisti della violenta faida scoppiata tra la fine di giugno e gli inizi di agosto del 2015, nel rione Forcella e nelle zone circostanti, con diversi omicidi commessi per aggiudicarsi il controllo delle attività illecite nel centro di Napoli. Il fratello, Emanuele, che con lui guidava l’omonimo gruppo camorristico, venne ucciso in un agguato il 2 luglio del 2015, verosimilmente per dare un segnale proprio a Pasquale. Fu proprio lui a portare Emanuele, in fin di vita, in ospedale. Il 31 luglio, come risposta all’omicidio di Emanuele, venne ucciso Salvatore D’Alpino e Luigi Galletta.
Sibillo, con numerosi giovani del suo gruppo, è stato già condannato nell’ambito del processo sulla “paranza dei bambini” lo scorso giugno: 43 condanne con pene comprese tra 2 e 20 anni di reclusione e dieci assoluzioni. A Pasquale Sibillo vennero inflitti 16 anni di carcere. Tra gli assolti figurarono Ciro, Antonietta e Luigi Giuliano, detto “zecchetella”.
11 Novembre 2016
Fonte ANSA
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