di Gianni Barbacetto
Les jeux sont faits. Rien ne va plus. Da mesi era in corso un tentativo, tutto politico, di salvare il casinò di Saint-Vincent. Ma sono arrivate prima la Procura della Repubblica, la Corte dei conti e la Guardia di finanza. Si dice che l’unico a vincere davvero, al gioco d’azzardo, sia il casinò. In Valle d’Aosta no: negli ultimi anni ha sempre perso (20 milioni nel 2014, 20 nel 2015, 38 nel 2016). E la Regione, generosa, pagava: 50 milioni nel luglio 2012, 10 nel settembre 2013, 60 nell’ottobre 2014, 20 nel dicembre 2015. Totale: 140 milioni, che non sono comunque bastati a rimettere in sesto la società Casinò de la Vallée, controllata dalla Regione.
Ora la procura regionale della Corte dei conti chiede indietro i 140 milioni a 22 tra consiglieri e assessori regionali della Valle d’Aosta. Tra loro, Augusto Rollandin, l’uomo più potente ed eterno della politica valdostana, assessore dal 1978, poi presidente della Regione (1984-1990 e 2008-2017), nonché padre-padrone del partito-Regione, l’Union Valdôtaine. Dall’ex assessore regionale al bilancio, Ego Perron (tra i successori di Rollandin come presidente dell’Union Valdôtaine tra il 2008 e il 2013) la Corte dei conti pretende di più, addirittura 1,6 milioni di euro, perché gli contesta anche l’aumento di capitale della società deciso nel 2014. La Procura, parallelamente alla magistratura contabile, indaga sul piano penale, contestando il reato di truffa aggravata a Perron, agli amministratori del casinò Luca Frigerio e Lorenzo Sommo e ai membri del collegio sindacale, Aurelio Verzì, Laura Filetti, Fabrizio Brunello e Jean Paul Zanini, tutti accusati anche di falso in bilancio.
Fino a qualche giorno fa il dibattito in Valle era su come salvare il Casinò de la Vallée. Se ridurre il personale o se tagliare gli stipendi. Ora la magistratura contabile e penale ha mandato il segnale netto e chiaro che non possono essere giocati altri soldi alla roulette sempre in perdita di Saint-Vincent. E intanto chi ha fin qui sbagliato deve pagare. Almeno è quello che chiede la procura della Corte dei conti, che contesta una “responsabilità amministrativa per colpa grave”. La cifra da restituire è stata calcolata per ciascun assessore o consigliere e varia, secondo le presunte responsabilità di ciascuno, dai 2,9 ai 17,3 milioni: quest’ultima è la cifra chiesta proprio a Rollandin, che a marzo 2017 è stato deposto da una congiura di palazzo che gli ha strappato la corona di re della Valle e ha instaurato una nuova maggioranza regionale.
Troppo tardi: ormai i magistrati erano già al lavoro. Eppure era stato proprio il casinò – un tempo mucca da mungere della Regione a cui negli anni d’oro versava 30 milioni l’anno – a far cadere Rollandin, quando una formazione minore, Alpe (nata nel 2010 da una costola dell’Union Valdôtaine), aveva deciso di aprire la crisi sostenendo che non si poteva più dare un euro al casinò senza un vero piano di rilancio. A maggio il nuovo piano industriale è stato varato, con la supervisione del nuovo assessore al bilancio, Albert Chatrian, e del nuovo amministratore unico del casinò, Giulio Di Matteo (chiamato da una casa da gioco che produce utili, quella di Campione d’Italia).
Il piano prevede l’aumento degli utili e il recupero di quote di mercato (scese a Saint-Vincent dal 37 per cento del 1995 al 20 del 2016, mentre sono cresciute quelle dei casinò di Venezia e di Campione); e prevede la riduzione del 20 per cento dei costi del personale, 648 dipendenti con una riserva politica di privilegiati (90 persone) che si spartiscono 2 milioni all’anno di superminimi ad personam. Una situazione irriformabile, secondo il consigliere Cinquestelle Roberto Cognetta, il cui voto è stato determinante per far cadere Rollandin, ma che poi ha chiesto per il casinò una netta discontinuità con il passato. Ora i magistrati sembrano dargli ragione.
Il Fatto quotidiano, 28 giugno 2017