“L’Italia prosegue sulla strada delle riforme”, indipendentemente dall’esito elettorale. Lo ha detto il presidente della Bce Mario Draghi, sottolineando che il processo di riforma continua come se ormai fosse inserito “il pilota automatico”
di Paola Baiocchi
Temi che dovrebbero essere portanti nella nostra democrazia, come la Costituzione, le riforme a cui è stata sottoposta e le prossime che apporterà il governo Letta (che ha predisposto un ministro per le Riforme costituzionali), riscuotono pochissimo interesse tra gli italiani, troppo occupati a resistere a emergenze come disoccupazione e scomparsa dei servizi pubblici per accorgersi del collegamento tra i fatti. Che non è sottolineato dai media, con un silenzio che è vera istigazione all’ignoranza, non offrendo l’informazione neppure letture utili della crisi economica, che viene usata come grimaldello per forzare la trasformazione.
Eppure, riprendendo il politologo Colin Crouch in Postdemocrazia (2003): “è un errore fondamentale ritenere che, poiché la maggior parte delle persone ha perso interesse per la politica, in qualche modo il potere politico tenda a svanire e nessuno lo voglia o ne faccia uso”.
Così è centrale dare delle risposte costruttive a queste domande: è in corso una cessione di sovranità che corrisponde a una cessione di democrazia? Verso chi si sta operando questa devoluzione? Chi sarà maggiormente danneggiato da queste modifiche strutturali della nostra società?
Una Banca che incide sulle Costituzioni
«La cosa più preoccupante non è la cessione di sovranità verso l’Unione europea che, in qualche modo, si recupera perché si partecipa a pieno titolo alle istituzioni comunitarie come Stati, e anche come cittadini attraverso il Parlamento europeo – spiega la costituzionalista Ines Ciolli – . La vera cessione di sovranità sta avvenendo verso istituzioni non rappresentative come Banca mondiale, il Fondo monetario, la Banca centrale europea. Istituzioni non elettive e non partecipative, dove c’è la preminenza delle banche e degli istituti finanziari internazionali».
“A partire dall’ultimo quarto del secolo passato sovranità e democrazia hanno subito una profonda crisi […]” – scrive Grazia Sanna in Eros o Virus? (Rassegna Avvocatura dello Stato 2/2010) – “Non v’è chi non veda come nel mondo globalizzato i poteri economico, finanziario, militare e mass-mediatico si siano trasferiti prevalentemente al di fuori dei confini del diritto statale, in un contesto che li rende sempre più capaci di sottrarsi al controllo giurisdizionale nazionale e, nel contempo, anche di servirsene per i loro fini”.
La lettera della Banca centrale europea dell’agosto 2011 (vedi articolo), che in segreto ha dettato a Stati sovrani come Italia e Spagna le riforme strutturali economico-sociali da attuare, è un episodio chiarissimo del potere che organismi economici privati ormai esercitano sui governi, senza nessun collegamento democratico con loro.
I limiti dei movimenti
Dopo l’annullamento dell’Accordo multilaterale sull’investimento del 1995 in sede Ocse (vedi box Ami) i movimenti dei cittadini non hanno più segnato punti a loro favore contro i diktat degli organismi sovranazionali. La denuncia verso il Fondo monetario internazionale e Banca mondiale, che subordinano sempre la concessione dei loro interventi a modifiche interne agli Stati anche in contrasto con le loro Costituzioni, è andata sbriciolandosi dopo il G8 di Genova. Al contributo portato da Jean Ziegler con il suo La privatizzazione del mondo (2004) non si è dato molto seguito, tanto che l’attenzione dei movimenti verso la perdita di sovranità è ormai rivolta quasi soltanto a quella alimentare.
In questo si evidenziano i limiti dei movimenti, che pensano di riuscire a vincere incidendo su alcuni settori, senza inquadrarli in una visione più generale di cambiamento del sistema economico che solo un partito può dare. E che, storicamente, solo i partiti comunisti sono riusciti ad imporre.
Lex mercatoria
In ambito Ue il Trattato di Lisbona – secondo Sergio Fabbrini, direttore LUISS School of Government – è andato assumendo “caratteristiche costituzionali” e le decisioni della Corte europea di giustizia “hanno contribuito a istituire un vero e proprio ordine legale sovranazionale, ovvero a costituzionalizzare il funzionamento del mercato comune”.
Quali sono i caratteri di queste trasformazioni che sono avvenute gradualmente e “carsicamente” (M. Calise, La Costituzione silenziosa. Geografia dei nuovi poteri, 1998) nell’ambito dei rapporti tra Stati nazionali e interessi sovranazionali?
«Non sono caratteri democratici. Si è affermata una lex mercatoria come quella del Medioevo – riprende Ines Ciolli – in cui la regolazione internazionale è basata su accordi di natura privatistica, da risolvere davanti a un arbitro e non a un giudice, dove la legge non è uguale per tutti. Rispetto alle tutele sociali che la nostra Costituzione offre, abbiamo molto da perdere, perché la nostra Carta è molto attenta a limitare i poteri forti».
Si tratta insomma di una cessione di sovranità che danneggia soprattutto le classi subalterne trasformate in “consumatori”, che vedono a volte riconosciute delle “clausole contrattuali”, ma perdono ben più importanti diritti sociali.
Riprendendo Crouch, in questa postdemocrazia i diritti si riducono all’esercizio del voto: “Anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato, condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall’integrazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici”.
Il tentativo sventato dell’Ami, Accordo multilaterale sull’investimento
L’Ami è stato negoziato segretamente in seno ai 29 Paesi membri dell’Ocse tra il 1995 e l’aprile del 1997. Proponeva una liberalizzazione molto spinta degli scambi commerciali: vi si stabiliva, tra l’altro, che le multinazionali potessero scegliere in quale Stato le controversie si dovessero decidere, non di fronte a un giudice, ma con degli arbitrati. Qualcosa come affidare le pecore al lupo lasciando alle multinazionali, per esempio, la libertà di risolvere una controversia su tasse evase in un paradiso fiscale.
L’Ami è stato bloccato perché divulgato pubblicamente grazie a una “soffiata” e dall’opposizione della Francia. Ma il lavoro che i poteri economici mettono in campo per bypassare gli Stati continua.