Aaron Pettinari
La sentenza del Tribunale di Palermo
Giunge al termine, dopo tredici anni di inchieste e processi, il procedimento contro Gioacchino Genchi, oggi avvocato, ex poliziotto ed ex esperto informatico chiamato a collaborare da diverse Procure in delicate indagini, accusato di aver violato i dati personali dell’ex vice procuratore nazionale antimafia Alberto Cisterna.
Ieri il Tribunale di Palermo, presieduto da Donatella Puleo, a latere Salvatore Flaccovio e Marina Minasola, ha messo un punto con un’assoluzione piena “perché il fatto non costituisce reato”. I giudici dunque non hanno dato ragione all’accusa, rappresentata dai pm Gaetano Guardì e Claudia Ferrari che avevano chiesto la condanna a due anni dopo che Genchi, difeso dall’avvocato Fabio Repici, aveva rinunciato alla prescrizione.
Il Tribunale, al contempo, ha disposto la restituzione all’imputato dei dati in sequestro, onerandolo a sua volta della restituzione alle autorità giudiziarie di quanto posseduto senza averne più titolo.
La vicenda, come dicevamo, parte da lontano, ovvero dal periodo in cui Genchi era consulente dell’ex pm Luigi de Magistris e non ha commesso reato scrivendo della sua rete di rapporti nel libro-intervista ad Edoardo Montolli “Il caso Genchi. Storia di un uomo in balia dello Stato”.
Cisterna era parte civile, con l’assistenza dell’avvocato Monica Genovese. I pm del capoluogo siciliano, all’epoca guidati da Francesco Messineo, dopo l’uscita del libro, avevano deciso il sequestro del cosiddetto “Archivio Genchi”, di tutti i sistemi e i supporti informatici al tempo utilizzati dal consulente.
Nel corso delle indagini di de Magistris a Catanzaro, dai tabulati dei dati relativi al traffico telefonico emersero alcune utenze cellulari in uso ad Alberto Cisterna, unitamente ad altre in uso a soggetti con lui in rapporti, quando questi svolgeva le funzioni di procuratore aggiunto della Procura Nazionale Antimafia, al tempo in cui era procuratore Piero Grasso.
Per quei suoi rapporti, il Csm aveva applicato a Cisterna la sanzione disciplinare e la misura cautelare del trasferimento d’ufficio e l’incompatibilità a svolgere funzioni requirenti, entrambe confermate dalle sezioni unite della Cassazione.
Non solo, Genchi aveva riscontrato soprattutto che Cisterna si sentiva spesso con l’avvocato Giancarlo Pittelli, ex senatore di Forza Italia, recentemente arrestato con l’accusa di essere la cerniera tra le cosche della ‘ndrangheta e la politica, nel cui studio legale di Roma al tempo collaborava come avvocato la moglie di Cisterna.
La pubblicazione di questo e di altri contatti intrattenuti da Cisterna, mentre era vice procuratore nazionale antimafia, secondo quanto aveva denunciato, gli avrebbero arrecato “nocumento”. Tuttavia, come sostenuto nella memoria difensiva dell’avvocato Repici, “a ben leggere il contenuto del libro, tanto i contenuti dell’intervista, che le considerazioni dell’intervistatore, non riportano alcun dato personale del dottor Alberto Cisterna, trattandosi tutte di informazioni pubbliche, già ampiamente divulgate da fonti aperte”.
A Genchi il Garante della privacy aveva inflitto una sanzione di 192 mila euro, annullata prima dal tribunale civile di Palermo e poi dalla Cassazione, che aveva evidenziato “la congenita debolezza dell’impianto istruttorio su cui si regge l’accusa”. In particolare non era stato “effettivamente provato, sulla scorta di un’analisi tecnica approfondita, che il Genchi avesse trattato i dati in suo possesso per finalità estranee a quelle di giustizia, in ragione delle quali era avvenuta l’acquisizione”.
Inoltre, è stata sostenuta “la liceità della detenzione e del trattamento dei dati delle consulenze giudiziarie svolte, anche per adempiere alla numerose richieste che tutt’ora gli pervengono da parte di numerose autorità giudiziarie di tutta Italia”.
In questi anni Cisterna non si era limitato a denunciare penalmente Gioacchino Genchi alla Procura di Palermo, ma aveva anche presentato un esposto al Garante della Privacy che gli aveva inflitto una sanzione di 192 mila euro, annullata prima dalla sezione civile del Tribunale di Palermo e poi dalla Cassazione, che ha rigettato il ricorso del Garante e ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale di Palermo.
Nella sentenza gli “ermellini” dapprima rimarcavano “la congenita debolezza dell’impianto istruttorio su cui si regge l’accusa mossa nei confronti del Genchi”.
Secondo i giudici, dunque non era stato provato “che il Genchi avesse trattato i dati in suo possesso per finalità estranee a quelle di giustizia in ragione delle quali ne era avvenuta l’acquisizione”.
Successivamente anche la Cassazione aveva approfondito la questione nel merito: “avendo acquisito i dati in questione nel corso della sua attività di perito, il Genchi era esentato dall’osservare le norme dettate dal d.lgs. 196/2003 a tutela dei dati personali. E poiché d’altro canto non vi era prova che il Genchi avesse trattenuto e trattato i dati così acquisiti oltre i tempi richiesti dalle consulenze affidategli, nessun illecito era perciò al medesimo addebitabile”.
Nel corso del processo il Tribunale aveva pure disposto una superperizia, affidata all’ingegnere Mauro Manolo Belmonte e al dottor Luigi Bellanca, che aveva integralmente riscontrato le argomentazioni difensive di Genchi, come detto già positivamente valutate dal Tribunale civile e dalla Corte di Cassazione, che hanno integralmente annullato la sanzione inflittagli nel 2016 dal Garante della Privacy.
Oggi, la notizia della piena assoluzione anche in sede penale, che chiude definitivamente la vicenda.