Perché Remigio Cavedon, vicedirettore del Popolo e suor Teresilla Barillà vanno ripetutamente in carcere a trovare Morucci, Moretti e gli altri brigatisti? Stanno scrivendo una fiction su via Fani….
Mettiamo in fila i fatti, dottor Giannini. Stia molto attento: sono istruttivi. Il 1° ottobre 1978 viene scoperto il covo milanese di via Monte Nevoso, con le carte di Moro; il 30 maggio 1979 viene scoperto a Roma il covo di viale Giulio Cesare e vengono arrestati i brigatisti Morucci e Faranda; nel febbraio 1980 è arrestato a Torino Fabrizio Peci; in seguito alla sua delazione, un mese dopo i carabinieri irrompono nel covo di via Fracchia a Genova, e ammazzano i brigatisti Dura, Micaletto, Nicolotti e Ludman; il 27 maggio 1980 viene arrestata la Braghetti, titolare del covo romano di via Montalcini; il 4 aprile 1981 viene arrestato a Milano il capo delle Br, Mario Moretti, che nel mese di maggio viene accoltellato, a scopo dimostrativo, nel carcere di Cuneo. Nel frattempo nel carcere di Ascoli Piceno il generale Musumeci e Belmonte (autori di un pesante depistaggio sulla strage di Bologna, 2 agosto 1980) trattano con la camorra che fa da intermediaria fra lo Stato e le Br per la liberazione di Ciro Cirillo, rapito dai brigatisti il 27 aprile. La trattativa avviene con l’importante contributo di Suor Teresilla Barillà, una suora fiduciaria dei Servizi, che, occupandosi della redenzione dei detenuti, fa la spola fra un carcere e l’altro, porta messaggi e tiene contatti fra i politici e i delinquenti, che devono essere “redenti”. Nel gennaio 1982 viene arrestato Savasta, uomo di Morucci, che subito si pente e inizia a collaborare.
I 200 brigatisti arrestati in seguito alla delazione di Peci e poi quelli arrestati grazie a Savasta e infine quelli compresi nelle liste stilate da Morucci vengono “lavorati” dai Servizi che alternano blandizie e avvertimenti. Moretti capisce e sta al gioco: bisogna tacere e obbedire, se non si vogliono altre coltellate in carcere. Nel corso della prima metà degli Anni Ottanta sono raggiunti gli accordi. Tutti coloro che potrebbero sapere qualcosa delle carte di Moro sono convinti al silenzio [Morucci, Faranda, Moretti e altri] o ammazzati [come Pecorelli, Dura, Dalla Chiesa e altri]. Lo Stato sa alternare blandizie e crudeltà, e dimostra di poter fare quello che vuole.
Savasta, assassino di Taliercio e capo del commando che rapisce Dozier, non fa nemmeno dieci anni di galera; gli assassini di Tobagi – ammazzato nel 1980 – sono scarcerati nel 1986. Alla fine del 1986 Morucci e Faranda ottengono una licenza premio, per passare le feste con i familiari. Da una parte leggi che premiano i “dissociati” – una nuova categoria di delinquenti, a metà strada fra gli irriducibili e i pentiti, disposta a dire quello che di volta in volta occorre; dall’altra carceri trasformate in case d’appuntamento. I Servizi entrano ed escono dai penitenziari, fanno spostare dove vogliono i brigatisti, gli portano in cella parenti e amici, camorristi e suore, e radunano nel carcere di Paliano (Frosinone) tutti quelli disposti a collaborare. La stesura del copione, frutto di accordi che richiedono tempo e partecipazione di molti, è affidata a Remigio Cavedon, uomo di Flaminio Piccoli e vicedirettore del Popolo, il quotidiano democristiano. Il risultato è il cosiddetto Memoriale Morucci, la Bibbia dei Servizi, opera collettiva nella quale Morucci ha scritto solo le note ai margini.
Sulla copertina della bella copia, dattiloscritta e rilegata [vedi qui sopra], il brigatista scrive di sua mano: Solo per lei, signor Presidente, è tutto agli atti processuali, solo che qui ci sono i nomi… È forse l’unica cosa scritta interamente da lui.
Sembra una canzonetta, dottor Giannini: orecchia quel motivo napoletano che fa: Solo per te, Lucia… Ma non è una canzonetta. È la prova di una serie di fatti eversivi messi in atto da organismi dello Stato, con la complicità di assassini, per coprire responsabilità indicibili. Dietro Solo per lei, signor Presidente c’è un accordo politico fra brigate rosse e Stato: indulgenza in cambio di silenzio. Silenzio sulla partecipazione dei Servizi, sui complici di via Fani, sugli armamenti Nato, sulle Unità di Pronto Intervento, sulle carte di Moro….. Come deplorare gli assassini che, dovendo scegliere fra la galera (o peggio) e la clemenza, scelgono la clemenza? I messaggi lanciati dallo Stato alle Br erano stati chiarissimi: possiamo fare quello che vogliamo; sta a voi scegliere se volete essere sparati, se volete un carcere di massima sicurezza, se volete l’hotel di Paliano, se volete tornare liberi in tempi brevi e avere un buon lavoro e un reddito sicuro…
Nel 1986 gli accordi sono operativi: sul testo preparato da Cavedon e sottoscritto da Morucci e Faranda, poi convergono Savasta, Moretti, la Braghetti, Gallinari, e via via tutti gli altri. Bisogna tacere quello che si sa ma non si dice, e far finta di sapere cose che si ignorano, ma vengono sapientemente suggerite. Si confeziona così una fiction infarcita di bugie, sulle quali si costruiscono via via altre bugie, a partire dal castello di menzogne iniziale. La logica è questa: Si è costruito un falso? Allora bisogna costruirne un altro che corrobori il primo – e vengono ingaggiati anche illustri pennivendoli, disposti a mettersi il prosciutto sugli occhi per non vedere nemmeno le foto scattate in via Fani [vedi la foto].
Il generale Musumeci sulla scena del crimine_16 marzo 1978
In un’intervista al Corriere della Sera (25 aprile 1987) Flaminio Piccoli ammette: “Ci sono nostri amici che con regolari permessi hanno potuto vederli [i brigatisti], parlare con loro, approfondire un discorso. E poi ci sono i re1igiosi che avvicinano i capi Br per la loro funzione di apostolato”. E conclude: “Mi creda, solo personaggi come Curcio e Moretti possono spiegarci come sono andate veramente le cose”. E tre giorni dopo, sullo stesso quotidiano, Remigio Cavedon, affermando che nei suoi incontri in carcere con Mario Moretti ha saputo molte cose, che saranno rese note al momento opportuno, cose che “hanno una valenza politica enorme”, conclude: “Ho riferito ai dirigenti del mio partito tutto quello che mi ha raccontato”.
Perché adesso, dottor Giannini, a distanza di tanti anni, non si rompe quel muro di omertà? Lo spiega Morucci alla Commissione Stragi (18/6/1997, pag 904), rispondendo a Zani, Calvi e Saraceni:
Morucci:“…[Moretti] Potrebbe anche dire chi altri partecipava a quelle riunioni, se c’era un anfitrione o no, chi era il padrone di casa, chi era l’irregolare, chi batteva a macchina i comunicati del comitato esecutivo che poi erano distribuiti in tutta Italia sul caso Moro. Certo, ritengo siano cose che non cambino radicalmente la questione, ma penso che andrebbero dette”.
Saraceni: “E perché non dice queste cose?”
Morucci: “Perché non vuole ratificare la sconfitta, perché vuole starne fuori, perché ha una figlia, perché è innamorato della sua donna….”
Insomma, anche i Br tengono famiglia, dottor Giannini. Tutti tengono famiglia. Anche Leonardi e Ricci, Rivera, Zizzi e Iozzino tenevano famiglia. E Lei?
(continua)
Le fonti di iskrae