Roma, via Licinio Calvo, ore 0.30 del 19 marzo 1978. È passata da poco la mezzanotte di sabato quando viene rinvenuta la 128 blu targata Roma L55580 con cui i brigatisti hanno abbandonato via Fani quasi tre giorni prima. Il fatto che le tre auto servite per la fuga vengano fatte ritrovare in tre diversi momenti a distanza di tempo l’una dall’altra è segno evidente della grande padronanza del territorio di cui danno prova le BR. La polizia pensa subito a qualche base d’appoggio, ed anche Carabinieri e Guardia di Finanza effettuano ricerche nella zona (fra via Bitossi, via Licinio Calvo, via Alfredo Serranti e via Massimi) per individuare il “garage compiacente” che potrebbe aver ospitato la 128 bianca e la 128 blu. Le ricerche di allora non portano a nessun risultato concreto, perché si arrestano davanti a istituti religiosi, palazzi dello IOR e abitazioni di personaggi eccellenti (1), e l’ipotesi di un rifugio nella zona rimane una ipotesi plausibile ma non dimostrata.
Recentemente la polizia, indagando su delega della nuova Commissione Moro, ha ripreso l’argomento delle tre auto utilizzate dai brigatisti per la fuga e fatte trovare poi in tre fasi successive in via Licinio Calvo; ma la nuova rilettura dei dati e delle testimonianze non sembra supportata da un ragionamento filologico coerente. Nella nota 224 del Servizio centrale antiterrorismo, Divisione 1^/ Sezione 3/ 12798/15 infatti si legge:
[…] La circostanza che dette auto siano state rinvenute in tempi diversi ha fatto dubitare che esse siano state abbandonate simultaneamente. In particolare la 128 blu, rinvenuta solo il 19 marzo, avrebbe potuto essere stata collocata in via Licinio Calvo in un momento successivo, avvalorando così la supposizione che nelle vicinanze potesse essere presente un «covo» o un «ricovero» delle Brigate Rosse. Sono, quindi, stati svolti ulteriori accertamenti attraverso la visione dei filmati di repertorio, acquisiti dalla RAI, nei quali sono presenti inquadrature effettuate in occasione dei citati rinvenimenti di autovetture in via Licinio Calvo. L’attenzione, in particolare, è stata incentrata su un servizio giornalistico (TG1 del 20 marzo 1978) in cui si afferma che la 128 blu, rinvenuta e sequestrata il 19 marzo, avrebbe potuto essere stata collocata dai brigatisti in via Licinio Calvo in un momento successivo. In particolare, durante il servizio televisivo il giornalista, che commenta alcune sequenze video nelle quali si inquadra via Licinio Calvo in occasione dei primi rinvenimenti evidenzia, pur sottolineando la scarsa chiarezza delle immagini, come nelle stesse riprese non si notasse la terza autovettura, cioè la 128 blu sequestrata il 19 marzo, parcheggiata nella stessa strada. Al fine di trovare riscontro a tale ipotesi, l’8 settembre scorso personale di questo Servizio Antiterrorismo ha effettuato un sopralluogo in via Licinio Calvo individuando sia il luogo in cui era parcheggiata l’auto Fiat 128 blu targata Roma L55850, sia la posizione dell’operatore Rai autore delle riprese del succitato servizio. Le attività compiute hanno consentito di evidenziare che dal punto di osservazione dell’operatore Rai, posizionato in corrispondenza del civico 56, non è visibile il luogo ove era parcheggiata la Fiat 128 blu, corrispondente, come detto al civico 25/27 della stessa strada […]. In conclusione non è stato rinvenuto alcun filmato che possa comprovare che l’ultima auto rinvenuta era stata effettivamente parcheggiata successivamente alle altre (2).
Singolare ragionamento: dal momento che non è visibile il luogo in cui era stata parcheggiata la 128 blu, sostiene l’Antiterrorismo, dunque la 128 c’era. Un ragionamento contraddetto oltretutto dalle testimonianze dei poliziotti e degli abitanti di via Licinio Calvo, dalle indagini senza successo dei Carabinieri del 1978, alla ricerca di garage compiacenti (3), ma contraddetto soprattutto dalla pioggia. Sulla carrozzeria della 128 blu infatti “non vi è traccia né di fanghiglia né di gocce di pioggia. E poiché dal giorno del rapimento di Moro a Roma è piovuto, si dovrebbe dedurre che l’auto è stata tenuta in un garage. E neppure tanto lontano da via Licinio Calvo dicono gli inquirenti”. Così scriveva Paolo Gambescia su L’Unità del 21 marzo 1978, dando notizia delle indagini degli inquirenti di allora (4).
Ma gli inquirenti di oggi sembrano soffrire di uno strano strabismo: non vedono una 127 bordeaux che è sotto gli occhi di tutti, ma vedono una 128 blu che ancora non c’è. Eppure è facile verificare che a Roma dal 17 al 21 marzo 1978 pioveva ogni giorno, come si può vedere consultando gli archivi dei siti meteo, accessibili anche ai poliziotti dell’Antiterrorismo. E di conseguenza è ovvio dedurre che se la 128 blu dei brigatisti era asciutta, era stata tenuta al coperto.
A cosa serve negare che i brigatisti avevano una base d’appoggio vicino a via Licinio Calvo? Serve solo a chiamare fuori dalle indagini i personaggi illustri che non sono mai stati indagati? Forse serve anche a evitare di porsi una domanda che invece è necessario porsi: perché la 128 blu viene fatta ritrovare a distanza di tre giorni dal blitz di via Fani? Per rispondere, dobbiamo far ricorso ancora una volta al manuale sul colpo di stato di Edward Luttwak (5): chi viene da lontano deve arrivare prima, mentre chi viene da vicino può scendere all’ultimo minuto. Si ricorderà che la 128 blu aveva raggiunto la scena del crimine presto, ed era già ferma davanti alle entrate del bar Olivetti che danno su via Stresa alle 8,10 – 8,15, prima di tutte le altre auto dei brigatisti (6). Dunque portava un gruppo che viene da lontano. Il suo abbandono tardivo sta probabilmente a significare che anche i killer che vengono da più lontano sono ormai al sicuro, “esfiltrati” altrove, grazie alle procedure che i reparti speciali – Consubim, Gladio, e altri gruppi di eversori parastatali – sperimentano da tempo nelle periodiche esercitazioni Nato.
NOTE
(1) Per esempio i palazzi di proprietà dello IOR, in via Massimi 91, che godevano dello status della extraterritorialità; l’abitazione di Flaminio Piccoli, in via Massimi 47, in cui il senatore democristiano presentava Licio Gelli a generali e magistrati; le ville e i garages di Luigi Bisignani, eminenza grigia della P2 e amico di Gelli, mai fatti oggetto di indagini in relazione al caso Moro; il cantiere della Tirrena Assicurazioni, dotato di grandi portici in costruzione e di ampi spazi coperti e scoperti…
(2) RELAZIONE C.M. 2015, pagg.172-173.
(3) v. anche Sergio Flamigni, La tela del ragno. Il delitto Moro, Kaos edizioni, 2003, pag. 57.
(4) L’articolo scritto a caldo da Paolo Gambescia venne pubblicato su L’Unità del 21 marzo 1978. In effetti chi vuole può verificare che il 17, 18, 19, 20 e 21 marzo 1978 a Roma piovve in continuazione, e la temperatura era inferiore alla media stagionale. I dati possono essere agevolmente controllati negli archivi meteo liberamente consultabili in internet.
(5) Coup d’Etat. A practical handbook – A brilliant guide to taking over a nation, stampato negli USA nel 1969; la traduzione italiana, con modifiche, è del 1983.
(6) Testimonianza di Antonio Buttazzo, in CM vol. 30, pag. 78.