di Gianni Barbacetto
Il braccio di ferro interno al governo sulle gare Tav, con la Lega favorevole e i Cinquestelle contrari, è stato – per ora – risolto così: lunedì non partiranno le gare d’appalto con i capitolati, ma sarà avviata soltanto una prima fase di invito alle imprese a presentare candidature. Senza impegni di spesa per lo Stato italiano, che intanto aprirà una trattativa con la Francia e con l’Unione europea.
Ad annunciare questa soluzione è stato ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Ho inviato una lettera alla Telt, società incaricata della realizzazione della Torino-Lione, invitandola ad astenersi, con effetti immediati, da qualsiasi ulteriore attività che possa produrre ulteriori vincoli giuridici ed economici per lo Stato italiano con riguardo ai bandi di gara”. Senza perdere, però, “i finanziamenti europei già stanziati”. Cioè almeno 300 degli 800 milioni che l’Unione europea si dice pronta a mettere a disposizione in questa fase per la Torino-Lione.
Nel frattempo, annuncia Conte, si inizierà a “ridiscutere integralmente questo progetto”, interloquendo “con la Francia e con l’Unione europea alla luce delle più recenti analisi costi-benefici da noi acquisite”.
Nella lettera al presidente di Telt, Hubert du Mesnil, e al direttore generale, Mario Virano, Conte scrive: “Vi invito ad astenervi, con effetti immediati, da ogni ulteriore azione che possa produrre, a carico dello Stato italiano, vincoli giuridici di sorta. In particolare, Vi invito a soprassedere dalla comunicazione dei capitolati di gara, al fine di evitare che soggetti terzi possano formulare offerte per la realizzazione dell’opera, condizionando, per tale via, le libere, definitive determinazioni che il mio governo si riserva di assumere nel prossimo futuro”. Insomma: niente “impegni di spesa gravanti sull’erario italiano”, ma anche niente rischi di perdere “gli stanziamenti finanziari posti a disposizione dall’Unione europea”.
Telt risponde a stretto giro, con una lettera inviata a Conte, al primo ministro francese Edouard Philippe e ai ministri dei Trasporti dei due Paesi, Danilo Toninelli ed Elisabeth Borne: “Abbiamo previsto che il Consiglio d’amministrazione fissato per l’11 marzo 2019 autorizzi la Direzione a pubblicare gli avis de marchés (inviti a presentare candidatura) relativamente agli interventi dei lotti francesi del tunnel di base”. Valgono 2,3 miliardi di euro, una bella fetta del costo totale, 9,63 miliardi.
“La società Telt”, dice il presidente Conte, “mi ha confermato che i capitolati di gara non partiranno senza l’avallo del mio governo e del governo francese e che, al momento, si limiteranno esclusivamente a svolgere mere attività preliminari, senza alcun impegno per il nostro Stato”.
Nella lettera di Telt c’è però una riga velenosa. Dopo aver fatto riferimento a due lettere inviate dalla società ai due ministri dei Trasporti il 18 dicembre 2018 e il 21 febbraio 2019, Virano e du Mesnil scrivono: “A nome del Consiglio d’amministrazione, confermiamo quanto già proposto nelle lettere summenzionate”.
“Confermiamo”: cioè facciamo ora quello che già avevamo proposto di fare fin dal dicembre scorso. Così contraddicono Conte, che rivendica invece di aver cambiato lo scenario, imponendo una prima fase, la richiesta di manifestazione d’interesse, senza gara d’appalto, che una volta partita è difficile da fermare ed è ora rinviata a una seconda fase.
I punti “confermati”, secondo Telt, sono due: uno, “avvio della prima fase di candidatura (invito alle imprese a presentare candidature) sottoponendo la successiva fase di trasmissione dei capitolati per la presentazione delle offerte al preventivo avallo dei due governi”; e, due, “inserimento nei suddetti inviti dell’esplicito riferimento alla facoltà per la Stazione appaltante in qualunque momento di non dare seguito alla procedura, senza che ciò generi oneri per la stazione appaltante, né per gli Stati”.
Fin qui i fautori del Tav sostenevano che il lancio delle gare era comunque revocabile, in forza del codice francese degli appalti. Autorevoli giuristi rispondevano che il rischio di contenziosi era invece altissimo: “I motivi che farebbero venir meno i contratti nei confronti dei terzi, in caso di stop unilaterale”, scriveva la Commissione tecnica Torino-Lione al sindaco di Torino Chiara Appendino, “potrebbero non integrare il contenuto di un nuovo motivo di interesse generale (ai sensi del diritto francese) bensì un fatto illecito idoneo a dar luogo a pretese risarcitorie nei confronti del Promotore e, in via di rivalsa, nei confronti dello Stato italiano”.
Ora la clausola della gara “senza seguito” (cioè revocabile), su richiesta di Conte viene scritta chiara fin nei bandi. Resta comunque un margine di pericolo: “È una clausola giuridicamente difficile da far valere”, sostiene il professor Sergio Foa, docente di Diritto amministrativo all’Università di Torino, “che può scattare solo se ci sono sopravvenienze di interesse pubblico non prevedibili al momento della pubblicazione del bando, oppure per cause di forza maggiore”.
Domani il consiglio d’ amministrazione di Telt lancerà i bandi. Conte avvierà trattative con Emmanuel Macron e Jean-Claude Juncker. Tra sei mesi, passate le elezioni europee, si tireranno le conclusioni di questa vicenda.