Il giudice dell’Udienza Preliminare, dott.ssa Manuela Scudieri, ha rinviato a giudizio i componenti del consiglio di amministrazione della Breda Termomeccanica di Sesto San Giovanni, responsabili nel periodo 1973-1985 della morte di 11 operai per mesotelioma pleurico causa l’esposizione all’amianto. L’accusa – grave – è di omicidio colposo: non è stata tutela l’integrità fisica dei lavoratori, non sono state messe in atto tutte le misure necessarie per evitare la contaminazione della “fibra killer”. In altri termini la legge e la scienza, ambedue chiare e conosciute sono state messe da parte in nome del profitto.
Il processo entrerà nel vivo a partire dalle ore 11 del 26 settembre 2014 (Sez. 9, aula 9).
Ci saranno le parti civili fra cui Medicina Democratica difesa dall’avv. Laura Mara che si è battuta – ed ha ottenuto – il suo riconoscimento. L’ avv. Mara ha anche difeso il Comitato per la salute nei luoghi di lavoro e sul territorio di Sesto San Giovanni che pure è stato accettato fra le parti civili e che conta fra suoi membri molti ex lavoratori della Breda alcune dei quali malati e deceduti.
A Milano Medicina Democratica è presente, come parte civile, in diversi procedimenti giudiziari, la cui difesa è affidata all’avv. Laura Mara: oltre alla Breda, anche alla Pirelli (due procedimenti), all’Alfa Romeo di Arese, alla ex ENEL di Turbigo. Le vittime sono diverse decine di operai ex esposti impunemente all’amianto. I responsabili sono i componenti dei consigli di amministrazione nei periodi stabiliti dall’accusa, che rivestono, come si dice, una posizione di garanzia.
Si chiede giustizia per le vittime, ma si vuole fare prendere coscienza alle istituzioni, ai sindacati, agli altri lavoratori e alla popolazione che le morti operaie per esposizioni a sostanze tossiche e cancerogene non sono accettabili. Non sono accettabili nemmeno in un periodo di crisi e di ristrettezze economiche, in cui, senza esplicitamente affermarlo, si allentano – si semplificano – i controlli, si tende nel rapporto salute e lavoro a mettere in secondo piano la salute, quindi a perpetrare i crimini (morti e malati) che appariranno ad anni e a volte, come nel caso dell’amianto, a decenni di distanza.
Dobbiamo dire basta: basta alle esposizioni nocive lavorative e ambientali, basta con il precariato, con i ricatti, basta con i silenzi e con quelle misure legislative e amministrative che non modificano, anzi mantengono tale situazione.
Non ultimo basta anche da parte dell’Istituto Assicuratore – INAIL – agli ostacoli posti al riconoscimento delle malattie professionali, pur di fronte all’evidenza.
Milano 07.06.2014
Medicina Democratica nazionale
Un pensiero su “COMUNICATO STAMPA: TRIBUNALE DI MILANO 6 GIUGNO 2014.
RINVIATI A GIUDIZIO 9 MANAGER DELLA BREDA ANSALDO”
Spett. Medicina Democratica,
per trentuno anni ho svolto la mia attività lavorativa presso una grande azienda operante nel campo navale e, da ragazzo, lavorai in un piccolo cantiere di Genova dove la polvere di amianto, proveniente in sacchi di 25 kg dall’amiantifera di Balangero, si adoperava con resina catalizzata per sigillare le due parti principali delle scialuppe di salvataggio. Continuo ad incontrare ex compagni di lavoro i quali mi descrivono, tra un dignitosissimo sussurro di voce e la rassegnazione, della loro tragedia legata alla diagnosi di asbestosi e ricevo notizie su altri compagni già scomparsi per la stessa ragione. Non voglio entrare nel merito delle responsabilità specifiche dei dirigenti delle aziende, però una domanda mi ha sempre assillato in questi anni, ossia: i possibili effetti dannosi della polvere di amianto erano noti sin dall’inizio del Novecento. Com’è stato possibile che, per tanti decenni, le strutture sanitarie pubbliche nazionali, tipo Inail e Usl, e i sindacati i quali dovrebbero disporre di esperti “indipendenti” a difesa dei lavoratori, abbiano tutti contribuito validamente, con il loro silenzio e con la loro politica dello struzzo, a ciò che sappiamo troppo tardi? E, fatto inequivocabile, come hanno lasciato libera di produrre morte proprio quell’amiantifera di Balangero la quale, essendo stata la più grande d’Europa, di certo non poteva apparire né piccola e né trasparente? In quale gabbia degli imputati stiamo vedendo chi avrebbe dovuto difendere “a spada tratta” il benessere della collettività? Chi ha curato gli interessi delle aziende, sapendo sulle sciagurate possibili conseguenze, merita di certo una condanna ma, stiamo ben attenti, che proprio coloro che hanno ricevuto la nostra piena fiducia dovrebbero subire la condanna maggiore ma, su questi ultimi “signori”, tutto tace e tutto è silenzio.
Distinti saluti.
Giuseppe D’Alessi