di Angelo Ruggeri
CON LULA E MARCHIONNE FESTEGGIANO I CAPITALI ANONIMI L’ASSASSINO DEGLI OPPOSTI TERRORISMO ANTICOMUNISTI E ANTI-PCI “SALVATO” DAL LULA CHE, UN MESE DOPO LA SUA PRIMA ELEZIONE, RIUSCI’ DOVE NESSUN GOVERNO REAZIONARIO O CONSERVATORE ERANO RIUSCITI: DARE L’AUTONOMIA ALLA BANCA CENTRALE BRASILIANA SOSTITUENDO IL PLEBISCITO DEI MERCATI ALLA SOVRANITA’ POPOLARE ED ELETTORALE CHE AFFIDA TALI POTERI ALLO STATO” PER QUESTO IL F.M.I. PROCLAMO’ LULA “UOMO DEL SECOLO” (SIC) Mentre L’ODIO DI CLASSE DELLA BORGHESIA IMPRENDITORALE “CONDANNA” GLI OPERAI FIAT . NON POSSIAMO FESTEGGIARE FINCHE’ UN SOLO UOMO E’ RIDOTTO ALLO STATO DI SOGGETTO “DEMINUTUS” NESSUN UOMO E’ UOMO E NESSUNO E’ LIBERO
La “patria” della “democrazia limitata”, dei trust e della corruzione politica ed economica elevata a sistema istituzionale, è diventata esempio di democrazia e modello politico ed economico da imitare per combattere la corruzione e i trust in Italia. Almeno da quando col “miracoloso 1992” è stato introdotto il maggioritario. La “riscoperta” dell’America La storia dimenticata – L’ideologia dei diritti di cittadinanza – Da Tex ad Hammett – La pulp-Magazines – La rivoluzione tradita – Una Costituzione nata in segreto e senza mandato – Federalismo per centralizzare – Quel che veramente sono il federalismo e la Costituzione USA – Come col federalismo le leggi antitrust servono ai trust per perseguire i lavoratori – Come il verticismo e centralismo federalista trasforma le leggi a favore dei neri in a favore delle imprese – I padroni del governo – Cuba e gangster al servizio del capitalismo Usa Non La Russa e nemmeno Berlusconi ma due “sinistri”, ancora di recente e con emendamenti parlamentari, hanno proposto – papale papale – il modello istituzionale e presidenziale americano. In linea con quel “cesarismo” che è stato e fa da filo conduttore di tutte le “riforme” costituzionali e istituzionali pensate ed elaborata dalla Bicamerale di D’Alema in poi. Si tratta di due “sinistri” recidivi quale l’ex “piessino” ora “diessino” Bassanini, e quel Manzella che salutò come “miracoloso 1992” la comparsa di “un movimento elettorale di liberazione nazionale” destinato a rivoluzionare l’assetto del potere pubblico: coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Fassino e Rutelli, invece, sono andati in “pellegrinaggio” alla convention dei “democratici” per assistere alla passerella di miliardari e del loro comandante di turno, che con saluto militare si è presentato dicendo: “Io sono John Kerry e faccio rapporto”. Come due “provincialotti”, giunti nella capitale, alla ricerca della luce riflessa del potentato politico di turno che nel maggioritario/bipolare guida una delle 2 “corporazioni di interessi” che monopolizzano la politica di Oltre Oceano, e che si pongono al posto di quello che l’art. 49 della nostra C. chiama il “diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Insomma, Rutelli e Fassino hanno fatto quello che i maggiorenti democristiani facevano negli anni 50/60; ma con più dignità e qualche ideale e giustificazione in più. Qui infatti il modello è diventato solo quello del successo e del potere presente. E come la “destra”, anche la “sinistra” – che ideologicamente le è omogenea – cerca i modelli della virtù e delle politica nella geopolitica, invece che nella storia “maestra di vita” dove anche l’Italia potrebbe insegnare. L’opposto di quel che facevano le “convention” francesi alla fine del 1700. Confermando la facile previsione che da Occhetto in poi risalendo a ritroso la storia, il Pci-Pds cancellando la Rivoluzione russa e proclamando di rifarsi alla sola Rivoluzione francese, avrebbe cancellato anche questa e, soprattutto, la storia. La storia dimenticata Soltanto cancellando la storia e quella americana in particolare, potevano negli anni 90 giungere a far credere – e ci hanno creduto intellettuali e politici della sinistra che si credeva colti e raffinati – che la “patria dei trust” e della “corruzione istituzionalizzata” fosse un “modello da imitare” per combattere la corruzione e i trust in Italia. Da quando pur eliminare il proporzionale e imporre il maggioritario col solo scopo di andare “finalmente” al governo , le élite intellettuali e politiche legate ai poteri “forti” d’impresa non esitarono ad orchestrare questa mistificante campagna. Nonostante che, ad es., proprio in quei giorni Ralph Neder, leader dei consumatori, denunciasse che “Washington è la capitale più corrotta del mondo”. E che l fondatore della rivista Washington Monthly Charles Peters, ribadisse e confermasse: “Qui non ci sono comandamenti”. Nel mentre il monumentale “American Political Dictionary” spiegava: “Sono innumerevoli i casi di abusi e condotte immorali da parte dei membri del Congresso”. Ma in Italia, vecchi borghesi e liberali incalliti, conservatori e reazionari di vecchia data poterono finalmente contare sul supporto di zelanti e neofiti analfabeti politici di ritorno della cosiddetta sinistra “progressista” che, cancellando la storia, fecero diventare l’America e le sue istituzioni, per definizione, la “democrazia” stessa fattasi Stato. La riscoperta dell’America data da allora. Federalismo, sistema uninominale maggioritario, presidenzialismo, primarie, convention, diritti di cittadinanza, antitrust, blind trust, fondo cieco, concertazione, New Deal, trasparenza, privatizzazioni e potere d’impresa, potenza militare e prepotenza economica, kennedysmo e clintonismo, invece dei Gracchi o della Repubblica romana o della Resistenza e della sua Costituzione. Chi più ne ha più ne metta: in questi ultimi 10 anni, guardando non al popolo americano ma alle élite di un Paese privo di borghesia intellettuale e solo business, l’America per intellettuali, giornalisti e politici italiani è diventata un Paese da favola, un altro meraviglioso corpo celeste. Un Paese dove, si dice ancora, non sarebbe possibile che il capo del governo nomini ministro un suo avvocato come fece Berlusconi. Infatti J. F. Kennedy, non nominò ministro della giustizia il suo avvocato ma suo fratello. Dove scandali come quelli italiani attribuiti al sistema proporzionale, si dice che non sarebbero stati possibili, perché in America, da 100 anni, non esistono più i partiti e il sistema uninominale e maggioritario che – fatto passare per “nuovo” in Italia – è “vecchio” di secoli. Peccato che proprio mentre in Italia si magnificava il maggioritario, i cosiddetti “mendicanti di potere” con la loro corte dei miracoli, consumavano scandali – ben prima delle varie “Enrongate” di Bush – come quelli delle Casse di Risparmio, della Bnl, della Bcci, rispetto a cui la Tangentopoli italiana era un passatempo da provinciali. L’ideologia dei diritti di cittadinanza “Uniamo l’America” hanno detto Kerry e la sua miliardaria moglie. Infatti. L’ideologia della c. d. teoria dei diritti di cittadinanza, inventata in America e trasbordata dalla “sinistra” in Italia, pretende di garantire l’uguaglianza dei diritti politici al di là delle differenze economiche e di classe. Infatti si vede. Negli USA, ad es. per candidarsi ed essere eletti non serve essere miliardari, anzi è un handicap: infatti solo un terzo degli eletti sono miliardari (di dollari), mentre tutti gli altri (tutti) sono dei “poveri” milionari (di dollari); e se alcuni di quei 45 milioni di persone che vivono al di sotto del reddito minimo di sussistenza – più di un’intera Polonia di miserabili nel Paese capitalistico più ricco e potente – non c’è la fanno più, basta che si candidino e si facciano eleggere, contro i nullatenenti Rockfeller, Glenn, Lautenberg, fino alla signora Clinton, ecc., che grazie al sistema elettorale maggioritario/bipolare e allo staff di consulenti che si possono permettere, come spiegava sulla rivista New Republic Fred Barnes, “sono assolutamente imbattibili, perché – in America – si devono prima raccogliere milioni di dollari” anche solo per partecipare ad una campagna elettorale qualsiasi. Da Tex ad Hammett, la corruzione nella fumettistica e nella grande letteratura americana In America non ci sono partiti. E c’è solo una borghesia business. Non c’è una borghesia intellettuale, salvo eccezioni che, non a caso, o emigrano o sono critici verso il sistema politico americano del tutto impermeabile ad una vera dialettica delle opinioni che, anche espresse da loro, non hanno ricaduta ed effetto politico tra la gente o l’amministrazione. Perché al posto di quello che l’art. 49 della Costituzione italiana chiama il “diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico”, permanentemente e socialmente dal basso, “a determinare la politica nazionale”, in America ci sono solo grandi corporazioni di interessi, della borghesia business, appunto, che domina le campagne elettorali maggioritarie/bipolari di un “partito unico”, degli affari, “formalmente diviso in due coalizioni”, come lo definì con precisione il regista Moore. Dieci anni fa gli ideologi del maggioritario invece che la “democratizzazione dei partiti” per eliminare il verticismo e il prepotere delle loro segreterie e farne le “associazioni dei cittadini” partecipate e controllate dal basso dell’art. 49, propugnarono la sostituzione dei “vecchi” con “nuovi” partiti e coalizioni bipolari, secondo la formula elettorale americana mistificata come “più potere dei cittadini”. I risultati li vedono tutti: partiti azienda impenetrabili; partiti personali impercettibili; leggi ad personam, conflitti d’interesse, maggioranze blindate e impermeabili alla dialettica del pluralismo sociale e politico proprio solo del proporzionale, un presidenzialismo diffuso dove si elegge sindaci, presidenti di provincia e il governatore(termine che indica chi rappresenta il governo centrale in colonie, distretti militari, regioni e simili). Deriva cesaristica. Da quando per togliergli persino il voto di preferenza, si disse che erano i cittadini ad eleggere corrotti e mafiosi, non le “segreterie” che li candidavano. Senza il mistificante richiamo al maggioritario come antidoto alla corruzione “partitocratica” e nuovo inizio della politica italiana, sarebbe stata impensabile la comparsa e la rapida ascesa del cavaliere. La responsabilità la portano la sinistra (anche Rifondazione) e il Pds che, per andare al governo, soccorsero Segni che aveva raccolto un infimo numero di firme necessarie per il referendum contro le preferenze e il proporzionale. La pulp-Magazines Eppure, per capire che la corruzione,invece, è connaturata proprio al sistema politico USA, bastava che i politici ridotti alla fumettistica rileggessero Tex Willer. Quelli più impegnati invece, potevano leggersi i grandi romanzi realistici alla pulp-Magazines e, soprattutto, quelli del caposcuola dell’hardboiled Dashiell Hammett, il più grande scrittore americano del ‘900, imitato, e copiato, da Hemingway e da tanti altri. Capolavori, diventati poi film, come Il falcone maltese (Il mistero del falco di H. Bogart), Piombo e sangue, La chiave di vetro, Il bacio della violenza, L’uomo ombra. Tutti capostipiti letterari. Vi avrebbero trovato svelato, 50 anni prima, la natura del mondo del crimine come vera e propria riproduzione, sia nella struttura che nei dettagli, della moderna società capitalistica americana, che portava quei romanzi ad anticipare il “Watergate” e tanti scandali americani, l’intreccio tra capitale e politica, tra S.p.A. e criminalità. Una anticipazione, alla grande, del “verminaio” nascosto sotto, dietro e dentro i santuari del capitalismo italo-europeo scoperchiati da “Mani Pulite” proprio come Hammett svelava la falsa rappresentazione della realtà americana con i suoi libri. Perché, dice Hammett, quando una invenzione viene svelata come tale, cessa di esistere e lascia trasparire dietro di sé, la “vera” realtà che è sempre stata a portata di mano, ma mascherata dalla finzione, com’era anche in Italia prima di Tangentopoli. Lo fa dire a Pierce, nel “Falcone Maltese”, rifacendosi anche nel nome (con l’inversione di due vocali) all’inventore del “pragmatismo” che poi ribattezzo “pragmaticismo” per distinguerlo dalla vulgata volgare e distorta del “pragmatismo” come viene inteso oggi nei paesi anglosassoni. La “vera” realtà svelata dalla letteratura americana è quella di una corruzione elevata a sistema e norma delle istituzioni della società americana. Fuori dal mito e dalla propaganda occorre capire cosa veramente è la Costituzione USA (come dicemmo in “Geremiade americana”, Prealpina, 16/12/03), come è nata e come funziona il federalismo e il ruolo che hanno nel perpetuare il dominio e lo sfruttamento dei forti sui deboli dentro e fuori dei confini. Basterebbe rifarsi alla “Storia popolare degli Stati Uniti”, di Leo Huberman, un divulgatore che, come diceva Paul Sweezy, ” nel campo della storia e dell’economia non ha mai trovato rivali nel mondo”. Un best-seller nel mondo. Narrazione delle vicende di un popolo e di un paese come l’America; una enorme massa di lavoro scientifico reso accessibile anche al più vasto pubblico, che descrive come, in che modo, e attraverso quali passaggi la rivoluzione americana fu tradita. A partire dalla Costituzione. Rivoluzione tradita Di certo la rivoluzione americana produsse un cambiamento nella vita sociale che i paesi europei avrebbero conosciuto solo molto più tardi e che diedero agli Stati Uniti la reputazione d’essere un “paese libero”. Le precedenti esperienze di un “governo forte” erano state tanto infelici da dover entrare in guerra per liberarsene e gli Articoli di Confederazione prevedevano che il governo non doveva “comandare”, ma “chiedere”. Ma non passò molto tempo che un gruppo di persone spaventate, ansiose, cominciò a reclamare, di nuovo, un “governo forte”, federale. Così solo 4 anni dopo la firma del trattato di pace (con l’Inghilterra), questo stesso gruppo di persone cominciò a mettere in piedi il meccanismo che lo avrebbe portato ad avere il governo che desiderava. Coloro che avevano denaro, i ricchi, volevano un forte governo federale centrale, che proteggesse le loro proprietà e permettesse loro di accrescerle, in un clima di sicurezza, favorevole a chi faceva affari. Una Costituzione nata in segreto e senza mandato Nata in segreto e senza alcun mandato, la “rivoluzione” fu presto tradita. Nel 1787 si tenne una riunione per sottoporre a revisione gli Articoli di Confederazione. Dei cinquantacinque membri delegati a parteciparvi, non uno solo rappresentava la classe dei piccoli agricoltori o degli operai: quasi tutti erano mercanti, speculatori, banchieri che prestavano ad interesse, detentori di obbligazioni e proprietari di schiavi. Gli incontri si tennero a Filadelfia. i partecipanti ritennero che era meglio tenere segreti i lavori e tra essi c’era Benjamin Franklin. I delegati erano stati invitati a Filadelfia solo per rivedere alcuni vecchi Articoli di Confederazione, ma abbandonarono questo compito per cui erano stati delegati e cominciarono a lavorare a un nuovo progetto che sancisse l’esistenza di un forte governo centrale. Scrissero cioè la Costituzione degli Stati Uniti. Il federalismo per centralizzare ciò che era decentrato Con la Costituzione e il nuovo progetto di governo federale, tutto avrebbe funzionato a meraviglia per i benestanti. Gli Stati non potevano più stampare dollari di carta. Secondo la Costituzione, il Congresso e il governo federale centrale di tutti gli stati avrebbero avuto veri poteri senza più necessità di supplicare a destra e a sinistra. Al Congresso spettava il controllo del commercio estero e di quello tra gli stati; poteva fare dei trattati esteri che sarebbero valsi per tutti i tredici stati, come uno stato solo. La Costituzione, tramite il controllo della moneta, del commercio estero (cioè la sostanza dell’economia) e dell’esercito, sanciva l’esistenza di un forte governo centrale, un governo che avrebbe saldato in un’unica nazione i tredici stati separati, sempre in lite tra loro. Insomma, col federalismo si centralizzava ciò che prima era decentrato. Quel che veramente sono il federalismo e la Costituzione americana L’assemblea di Filadelfia, autoproclamatasi “Convenzione Costituzionale”, discusse vivacemente per 4 mesi su vari punti. Ma su un punto erano praticamente tutti d’accordo: il popolo (cioè chi possedeva poco o nulla) “non doveva avere troppo potere” (Huberman). Come assicurarsene? Tramite il presidenzialismo e la Corte suprema. Il governo sarebbe stato ripartito in tre rami. Soltanto la Camera dei rappresentanti, una delle due componenti di uno di questi rami (il Congresso), sarebbe stata eletta direttamente dal popolo (con meccanismo uninominale). Nella selezione degli altri due rami non ci sarebbe stato legame diretto con il popolo. Il gioco delle deleghe si sarebbe presentato pressappoco in questo modo: il Senato degli Stati Uniti eletto (in secondo grado) dai legislatori dei vari stati che sono eletti dal popolo (quello che anche in Italia, anche la “sinistra”, con in testa i vari Bassanini, Onida, ecc., vorrebbero fare con il c. d. “senato delle regioni”, per realizzare un bicameralismo perfetto invece di, semmai, superare l’attuale monocameralismo imperfetto – diviso in due Camere – con un monocameralismo perfetto ad una sola Camera); il Presidente degli Stati Uniti, nominato in secondo grado da elettori che sono stati scelti, in un modo o nell’altro, dai legislatori dei vari stati i quali, dopo tanti gradi e gradini istituzionali di lontananza dal popolo, sono i soli che sono stati, finalmente, eletti dal popolo: i c. d. “grandi elettori” che eleggono il presidente che, a sua volta, nelle primarie era stata candidato dai grandi elettori del suo schieramento; la Corte suprema, designata dal Presidente, ultima e quadrupla misura di sicurezza (di sicurezza non di democrazia, appunto!). Ma si potevano prendere ancora altre misure per essere assolutamente certi. Ognuno dei tre rami del governo avrebbe avuto poteri di controllo e di equilibrio nei confronti degli altri. E per ciascuno di essi la scelta dei membri sarebbe avvenuta in un momento diverso. In tal senso fu deciso che la “Camera dei rappresentanti” (Congresso) fosse eletta direttamente dal popolo solo per due anni, nel mentre il Senato che da più garanzie (per i possidenti) perché eletto indirettamente rimane in carica per sei anni, a rotazione eleggendone solo un terzo ogni due anni; il Presidente eletto indirettamente in secondo grado per 4 anni; la Corte suprema designata a vita e in maniera ancora più indiretta. Supponiamo che il popolo cominci ad agitarsi e voglia che si facciano leggi “pericolose” (per i possidenti) e alla scadenza elettorale dei due anni si rifiuti di rieleggere i vecchi rappresentanti: restano sempre gli altri due terzi del Senato e la Corte suprema a vigilare che non si approvino a precipizio leggi “rischiose” (per i possidenti). Da qualunque lato la si considerasse, la Costituzione degli Stati Uniti assicurava protezione alla proprietà contro il pericolo di attacchi delle classi inferiori. Come poi il sistema ha funzionato è stato nel senso di rafforzare ulteriormente le garanzie (per i possidenti). Vediamone alcuni aspetti. a) concertazione e il voto di scambio. L’unione sindacale dell’Afi accettava di buon grado di mantenere col capitale un rapporto fondato sulla distinzione tra padroni e servi, ma voleva che la quota spettante ai servi venisse aumentata. Il suo motto era “un’onesta paga quotidiana per un’onesta giornata di lavoro” e non c’era posto per un partito politico che rappresentasse i lavoratori, ma solo per attuare la tattica – verso i partiti esistenti – di “ricompensare” gli amici e “punire” i nemici. B) le leggi antitrust per reprimere le lotte dei lavoratori. Ci fu chi tentò di proclamare il sindacalismo rivoluzionario come l’Iww, ma fu liquidato dopo dure lotte, come lo sciopero della Pullman, in cui i capitalisti fecero appello al Presidente grazie anche all’impegno dell’avvocato della General Managers, che il procuratore degli Stati Uniti aveva compiacentemente designato speciale consulente legale del governo e tramite i giudici i quali, facendo appello ad una legge antitrust (sic), la legge Sherman, emanarono ingiunzioni che impedivano ai lavoratori di scioperare e ai sindacati di tentare di persuadere i lavoratori alla lotta. Anche il picchetto pacifico era un crimine. E tutto questo in base ad una legge promulgata per reprimere i trust. Come con le leggi antitrust si perseguono i lavoratori. Grazie al federalismo. Dal 1895, l’arma veloce e mortale dell’ingiunzione dei tribunali fu rifinita in grande stile con risultati eloquenti: i padroni non dovevano far altro che presentarsi davanti ai tribunali federali o di stato e affermare la difesa non solo delle loro proprietà, ma anche del loro diritto a fare affari, il diritto di fare profitti, la fiducia del pubblico nel loro prodotto. Nel 1914 è stata varata una nuova legge antitrust intesa ad escludere i sindacati dalla possibilità di ingiunzioni : fu salutata dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali come “la Magna Carta del lavoro, sulla quale i lavoratori erigeranno la loro costituzione della libertà industriale”. Le speranze erano poste sul punto in cui si diceva che “Le organizzazioni (dei lavoratori) non saranno perseguibili, né le loro azioni interpretabili quali combinazioni o cospirazioni illegali intese a porre restrizioni al commercio, ai sensi delle leggi antitrust” (infatti, le cosiddette leggi antitrust, per loro natura non possono che riconoscere, legittimare e tutelare i trust esistenti, n.d.r.). L’entusiasmo fu di breve durata. Anche la nuova legge funzionò esattamente al contrario del modo previsto dai sindacati. Nei ventiquattro anni successivi alla sua emanazione si ebbero più procedimenti contro i sindacati per violazione della legge Sherman (la prima legge antitrust) di quanti ve ne fossero stati nei ventiquattro anni successivi all’emanazione di questa legge nel 1890. Divenne sempre più chiaro che le leggi formalmente intese a impedire la crescita dei trust venivano in realtà usate, grazie anche ai tribunali, per impedire la crescita delle organizzazioni dei lavoratori. Accadeva spesso che quando un trust era sotto processo la Corte Suprema adottava ‘criteri dettati dalla ragione’ e gli imprenditori andavano assolti. Grazie al sistema di pesi e contrappesi della Costituzione federalista, al gioco dei vari stati combinato con quello del governo federale, i tribunali, la corte suprema, i gruppi monopolistici, l’esercito e la stampa dei singoli stati federali, la legislazione antitrust diventava uno strumento a favore dei trust. Come col centralismo federalista le leggi a favore dei neri diventano a favore delle imprese Domanda: come può essere che una legge fatta per aiutare i neri diventi una legge fatta per aiutare le grandi imprese? Risposta : viene interpretata dalla Corte suprema. La legge dice “Nessun stato emanerà o imporrà leggi che limitino i privilegi o le immunità dei cittadini; così pure nessun stato priverà alcuna persona della libertà o della proprietà senza procedimento legale nella dovuta forma; né rifiuterà ad alcuna persona nell’ambito della sua giurisdizione l’eguale protezione delle leggi. In virtù di questo è diventato impossibile per qualsiasi stato emanare una legge che regolava l’orario di lavoro nel proprio stato, o il minimo salariale, o di protezione dei lavoratori nelle attività pericolose, o di riduzione delle tariffe dell’elettricità e del gas, o di protezione della salute dei cittadini del proprio stato. Nell’assenza di un antagonismo sociale e in presenza di una dominante concezioni come quelle dei diritti di cittadinanza che rende indistintibili socialmente tra loro i vari soggetti (n.d.r.) è stato facile sostituire o abbinare la parola “persona” con quella di “corporation”, ossia persona giuridica. E ogni volta che uno stato cerca di limitare il potere del grande capitale con una legge a vantaggio dei suoi cittadini, queste vengono dichiarate incostituzionali perché privano una “persona” (come persona giuridica, cioè una o più società), della vita, della libertà e della proprietà “senza procedimento legale nella dovuta forma” . I padroni del governo Le Banche, con il denaro altrui, presero ad avere un ruolo progressivo nell’espansione delle potentissime corporations e ci fu una fusione tra banche e industria nella concentrazione oligopolista del controllo dell’economia americana … Dal controllo della ricchezza al controllo del paese non c’era che un breve passo. ”Un gruppo ristretto di individui controlla le materie prime del paese, le centrali elettriche, le ferrovie, i prezzi, i fondi di credito” disse il Presidente Wilson, che aggiunse: “I padroni del governo degli Stati Uniti sono i capitalisti e gli industriali “combinati” tra loro”. Le parole del Presidente Wilson passano, ma il sistema costituzionale ed economico che ha reso possibile il sistema oligopolistico restano. E, infatti, dove avevano fallito gli schiavisti del sud che volevano inglobare Cuba, ebbero invece successo i grandi trust capitalistici che, per proteggere “le vite e i beni americani” e le loro proprietà a Cuba di oltre un miliardo di dollari, inglobarono di fatto Cuba, che divenne proprietà degli Stati Uniti. Così dopo aver fatto una rivoluzione per staccarsi da un’altra metropoli, gli Stati Uniti diventavano la metropoli di altri Paesi. Cuba e i gangster al servizio del capitalismo americano Così il maggiore generale Smdley D. Buttler poté descrivere nel 1938 la sua opera di custode degli interessi del grande capitale americano in paesi stranieri : ” Ho trascorso 33 anni nei marines…ho trascorso la maggior parte del mio tempo a fare il gorilla per conto del grande capitale di Wall Street e dei banchieri. In breve sono stato un gangster del capitalismo…specialmente in Messico per le compagnie petrolifere…; ad Haiti e Cuba…per la riscossione degli utili della National Bank…; in Nicaragua…per la Banca internazionale Brown Brothers…; a S. Domingo per conto dei monopoli dello zucchero… ; ho messo “a posto” l’Honduras per le compagnie americane della frutta…e la Cina…per far sì che la Standard Oil potesse fare i suoi affari senza molestie. In quegli anni, come direbbero quelli della malavita, feci un magnifico racket. Fui ricompensato con onori, medaglie, promozioni. Guardando indietro penso che avrei potuto dare un paio di suggerimenti ad Al Capone; il meglio che Capone potesse fare era di gestire il suo racket in tre distretti di una città, noi marines lo facevamo in tre continenti”. Ma nella maggior parte dei paesi capitalisti hanno vinto senza nemmeno bisogno dei marines, impiegando la moderna tecnica imperialista di invadere un paese grazie alla silenziosa, ma più efficace, penetrazione dei surplus di capitale (depredato agli operai che lo producono, donde la correttezza scientifica del termine di “sfruttamento” capitalistico, n.d.r.). Poi, semmai, se un George Washington (come Fidel Castro, n.d.r.) raduna un esercito per liberare la sua terra natia, la regola è che “la bandiera segue il dollaro”. Angelo Ruggeri 2004