Conflitto tra dati statistici e dichiarazioni politiche.
Questioni che non verranno mai appianate se non si guarda all’Europa non come competizione tra Stati (ma sarebbe più corretto dire tra lavoratori) che non comprendono le dinamiche culturali “imposte” dai padroni che dovrebbero, invece, essere un propulsore di nuove solidarietà che spingano verso il benessere collettivo.
Fin tanto che non si uscirà dalla competizione liberista non ci sarà progresso ne civiltà evoluta.
Un esempio di stortura borghese l’abbiamo illustrata nei dati riportati qui sotto dove si evince che il lavoratore greco lavora più ore di un tedesco.
Se non ci uniamo, come lavoratori, su parametri che non siano il denaro come fonte di stabilità (sic!) economica al posto delle ore lavorate ed inserito in un contesto di socializzazone dei mezzi di produzione non ci sarà futuro sereno per nessuno.
L’unica soluzione contro la crisi di sovra-produzione capitalistica è la riduzione dell’orario di lavoro pro-capite generalizzato… e questo i sindacati dovrebbero saperlo.
MOWA
I greci fannulloni e la questione meridionale in salsa europea
Lazy southern: i fannulloni del Sud. Sfaticati, indebitati, arretrati. Ellenici pigri che non hanno voglia di lavorare, che hanno vissuto “al di sopra delle loro possibilità”. Baby-pensionati che vogliono scaricare su di noi il peso dei loro privilegi. I greci, in fondo, se la sono cercata la crisi che stanno pagando. In linea di massima è così che il resto d’Europa liquida la questione, o almeno lo fa quella parte d’Europa che non si trova in quelle condizioni. Ma la Grecia, in realtà, è il Paese dell’Unione dove si lavora di più: nel 2013 (austerity in corso) si sono registrate 2.037 ore per dipendente (poco più delle 2.034 dell’anno precedente): 267 ore in più della media europea (1.770), 649 più della Germania. E la Grecia è anche il Paese dove si guadagna di meno: lo stipendio medio è di appena 18.495 euro l’anno (in ulteriore calo dai 19.766 euro del 2012), mentre la media tedesca sfiora i 36.000 euro.
Non solo, la ricerca Ocse – riporta il Sole 24 ore – evidenzia cosa non quadra: la forbice tra quantità e qualità si scava in un’organizzazione “irrazionale” del lavoro. La Grecia adotta misure minime, o inconsistenti, per qualsiasi forma di part time e work-life balance, l’elasticità vita-lavoro che fa impennare la produttività a Nord delle Alpi. Con il risultato che un’ora di lavoro, nel 2012, oscillava poco sopra un valore di 34 dollari Usa: 20 in meno rispetto ai 59,5 di Francia e Danimarca.
La questione greca (e perché no italiana e del Sud Europa), sembra la versione europea della vecchia questione meridionale, quella che Antonio Gramsci affrescò così un secolo fa: «La borghesia settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento», scriveva Gramsci in Alcuni temi della quistione meridionale. Che sia Napoli o Atene, il risultato non cambia.