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“ennesimo War Class Act della classe padronale contro il Pubblico impiego, dunque contro l’intera classe lavoratrice”
di mommorosso comunista
Per chi non avesse ancora capito qual è la vera posta in gioco dietro la recente ed ennesima campagna denigratoria, su tutti i media, contro i pubblici impiegati, che mira ad associare, ininterrottamente e per l’ennesima volta dal 2008 (governo Berlusconi e ministro Brunetta) ad oggi (governo Renzi e ministro Madia), un’intera categoria di lavoratori a una massa di lavativi, assenteisti, fannulloni, ossia inutili…. provo a riassumere, per punti, alcuni elementi chiarificatori in merito.
Il tanto sbandierato alto tasso di “assenteismo” dei pubblici dipendenti è distorto “ad arte”, come riportato dalla UIL P.A. nel seguente comunicato:
I numeri realmente accertati, di coloro che si assentano ingiustificatamente, sono lo 0,2% ed in linea con quelli rilevati nel settore privato, eppure, quotidianamente, leggiamo e vediamo articoli, dibattiti televisivi, foto e riprese su e di dipendenti pubblici presunti scorretti, letteralmente messi alla gogna mediatica, come se questo fosse l’unico comportamento messo in atto, oscurando del tutto il lodevole lavoro quotidianamente dal restante 99,8%: passa solamente l’immagine di un dipendente che timbra in mutande, e non quella degli altri milioni di impiegati dal comportamento esemplare.
Il lavoro pubblico, eccezion fatta per la cospicua parte di questi che si dedica al settore militare da “guerra” internazionale e al finanziamento diretto ed indiretto al settore aziendale privato, serve (purtroppo in misura sempre minore) ad erogare quella parte di salario sociale che non entra direttamente nella busta paga del proletario, ossia salario indiretto e\o differito: sanità, previdenza, edilizia sociale pubblica, scuola pubblica, trasporti pubblici, etc. Possiamo aggiungere dunque a questa parte di lavoro pubblico la parola sociale, per distinguerlo da quello che serve interessi direttamente privati.
Sia chiaro che non basta che un servizio o prodotto sia pubblico o fornito direttamente dallo Stato per essere parte integrante del salario sociale, deve essere anche “accessibile” e a buon mercato: se, ad es., si spende di più in un ospedale pubblico pagando il ticket rispetto alla stessa prestazione erogata da una struttura privata, sarà quest’ultima a fornire un miglior servizio sociale alla classe lavoratrice.
Quasi tutti i settori pubblici dedicati al sociale (es. sanità e previdenza) sono sempre più interessati da un processo di progressiva privatizzazione, soprattutto in un’Italia appositamente deindustrializzata; in altre parole saranno sempre più soggetti al “libero” mercato, dunque al profitto. Sempre più proletari dovranno pagare ciò che prima avevano gratuitamente ad integrazione del loro salario monetario, in altre parole quote sempre più consistenti di salario si trasformeranno in profitto, i ricchi diventeranno sempre meno e sempre più ricchi, i poveri saranno sempre più poveri e numerosi.
Per realizzare rapidamente la privatizzazione dei molti servizi gestiti, sinora in regime pubblico, la borghesia ha necessità di dividere, screditare il “travet” pubblico agli occhi di tutti i cittadini (aizzando questi contro i primi, in una misera guerra tra sfruttati), creando conseguentemente sensi di colpa e paura nell’impiegato statale, indebolendo o annullando ogni difesa personale e sindacale; in tal modo l’immaginario collettivo sarà in gran parte orientato a vedere ciò che è pubblico come inutile o addirittura dannoso.
Attualmente vi è in ballo, oltre al citato processo di privatizzazione dei tanti servizi e beni pubblici (es. l’acqua nonostante un referendum vinto), la chiusura in corso di molte aziende municipalizzate e l’abolizione delle provincie, con rischio di pesante mobilità o addirittura di licenziamento, per non parlare del rinnovo del contratto del Pubblico impiego, fermo da sette anni (con un perdita di salario reale annuo di oltre 6000 euro in media pro capite), che il governo vuol chiudere con una miserevole mancia di 5 euro lordi al mese:
Pa: Cgil e Fp, su licenziamenti tanto rumore per nulla
Chi, in un tale clima di avversità e di “odio” generalizzato verso il pubblico impiegato, è disposto ad appoggiare le sacrosante rivendicazioni in merito? Quale sindacato è disposto ora a lottare fino in fondo in un simile contesto?
Così, dal 2008 sino ad oggi, i governi che si sono succeduti, hanno prodotto una serie interrotta di leggi e decreti contro il Pubblico impiego e per la restrizione dei diritti al suo interno, ora persino inferiori rispetto al settore privato (es. la reperibilità in caso di malattia, più stringente che nel settore privato, 7 ore giornaliere nel pubblico contro le 4 del privato), sino a giungere all’ultima “trovata” propagandistica del licenziamento entro 48 ore (licenziamento peraltro già possibile in tempi brevi) senza dare così, al dipendente pubblico incriminato, la possibilità di difendersi internamente. Un dipendente pubblico (“furbetto”) che non timbra deve essere licenziato entro 48 ore; invece un borghese (“furbone”) che viola le stesse leggi borghesi può continuare a fare “politica” e\o i suoi affari tranquillamente, stare in Parlamento sino a condanna giudiziaria o addirittura divenire un papabile futuro “padre della patria”! “Giustizia” di uno stato borghese, appunto!
“Cui prodest?” (“a chi giova?) tutto questo accanimento contro il mondo del lavoro pubblico, con tutte le conseguenze e motivazioni precedentemente elencate?
La risposta è ovvia, e nemmeno tanto sottesa nei paragrafi precedenti; giova alla borghesia, nazionale ed internazionale (si ricorda a tal proposito i vari “diktat” della “troika”, delle varie super-banche globali in merito alla loro necessità di ridurre lo stato sociale in Europa, etc.) che trova, in un governo particolarmente pronto ad esaudire questi terribili desideri, un esecutore infallibile e veloce, disposto ad “annientare” ciò che resta di pubblico (esclusa qualche “mancia” residua e doverosa da lasciare al sotto-proletariato).
Non è casuale, secondo me, che, quasi contemporaneamente, all’ultima “caccia alle streghe”, esca quest’articolo del Sole 24 Ore (organo di Confindustria) nel quale praticamente viene dettata la “roadmap” (le linee guida) all’esecutivo in merito di Pubblico impiego, molta parte di ciò che avviene ed avverrà è scritto, tra le righe, qua:
Statali, il rebus degli stipendi (con vista sul voto)
Non si può non condividere la seguente analisi dei Cobas al precedente articolo confindustriale, analisi che arriva ad anticipare la prossima uscita di un testo unico sulla P.A. che, forse, recepirà, parzialmente ed in diversa forma, il famigerato Jobs Act:
Confindustria detta le linee al Governo in materia di Pubblico Impiego
Altra interessantissima analisi, sempre dei Cobas sulle “riforme” nel Pubblico pensate dal governo Renzi (pdf da scaricare):
Per chi, tra i nostri lettori (spero nessuno o pochissimi), dovesse esser “contento” nel nome di un malaugurato “mal comune mezzo gaudio”, voglio ricordare che la classe operaia (marxianamente intesa) è una sola, senza distinzione tra lavoro “intellettuale” e non, e che un torto fatto ad un lavoratore, chiunque esso sia, è fatto a tutti, a tutta la classe.
La fine del precedente “patto sociale” e di ciò che è pubblico porterà inevitabilmente ad un ulteriore inasprimento delle già pessime condizioni di vita di tutti, nessuno escluso, ad un ulteriore impoverimento, ad una disperazione generalizzata, ad un successivo e peggiore “Jobs Act” per il mondo privato (solitamente la borghesia attacca prima il settore pubblico, per indebolire ed attaccare successivamente, in modo più pesante, la direttamente profittevole classe sfruttata del settore privato, come è successo, ad es., per il Jobs Act nel 2014 e 2015).
Non ci possiamo permettere di perdere il residuo Stato sociale che, la nostra bellissima Costituzione sociale ed antifascista del 1948 (purtroppo in via di definitiva demolizione), voleva assicurarci e consolidare.
Non ci possiamo permettere di perdere tutte quelle conquiste sociali (sanità, pensione, istruzione, etc.), ottenute anche grazie all’esistenza dei forti partiti di massa della rimpianta, se confrontata allo situazione attuale, prima Repubblica, Partito Comunista Italiano in testa.
Non ce lo possiamo permettere, dobbiamo lottare, in tutte le forme a noi consentite, per difendere quanto ci resta e riconquistare, se possibile, quanto perduto.
Saluti comunisti
1 Comment
Purtroppo ho visto questo ottimo post di Clash City Workers dopo aver scritto il mio, altrimenti l’avrei citato sicuramente all’interno.
Rimedio con questo commento, leggete attentamente il loro articolo “Abbasso i fannulloni …. ma d’avvero!”, ne vale la pena:
http://clashcityworkers.org/documenti/analisi/2210-abbasso-i-fannulloni.html
Una degna analisi di classe in merito all’argomento “Attacco al Pubblico Impiego”, sono pienamente d’accordo con la loro frase finale:
“Noi pensiamo allora che il nemico dei lavoratori, non stia tra i lavoratori stessi: non è lo statale, non è l’immigrato, ma è chi ci mette ad arte gli uni contro gli altri; crediamo che i veri “fannulloni” sono quelli che campano – e bene! – sul lavoro altrui, senza bisogno di marcare alcun cartellino di troppo……..”.
Ottimo anche il loro P.S.
Bravi compagni!
Ovviamente segnalo l’articolo alla redazione.
Saluti comunisti