Una ricostruzione documentata, logica, ineccepibile, di come l’Italia ha vissuto l’emergenza del Coronavirus. Silenzio o omertà dell’informazione?
Anno 2020. Anno del Coronavirus. Anno dell’informazione che disinforma. Sarà ricordato così nei libri di storia del 2030? Me lo auguro perché più vado avanti nel tentativo di capire quanti sono stati realmente i morti per Coronavirus, più inciampo in analisi contraddittorie e/o incomplete che non soddisfano la mia curiosità di giornalista e di cittadina. Ed in questa mia ricerca appassionata della verità ho raccolto numeri e frasi di persone qualificate estrapolati da articoli, interviste e video pubblicati tra febbraio e giugno. Ed ho capito due cose fondamentali.
Innanzitutto, che non si può paragonare il Covid-19 all’epidemia della “spagnola”. Questa fece mezzo milione di morti in Italia, più del totale dei morti di tutto il mondo (al 18 giugno: 448.962 su una popolazione di oltre 7 miliardi), mentre il Covid-19 ne ha contati 34.448 nel nostro Paese (al 18 giugno: su una popolazione di circa 60 milioni e mezzo) su un totale di 237.828 casi di cui 179.455 guariti (http://opendatadpc.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/b0c68bce2cce478eaac82fe38d4138b1).
In secondo luogo, sono convinta che l’informazione mediatica main stream abbia giocato un ruolo determinante nel creare prima e mantenere alto, poi, nella popolazione un clima di terrore ed uno stato d’ansia patologico nei confronti di un virus presentato come uno spietato serial-killer che uccide a caso e che sicuramente si ripresenterà dopo l’estate: forse più forte di prima. Ma è proprio così?
Un po’ di storia
Il 31 gennaio il Consiglio dei ministri dichiara lo stato di emergenza sanitaria per l’epidemia da nuovo coronavirus. “Alla luce della dichiarazione di emergenza internazionale dell’OMS abbiamo attivato gli strumenti normativi precauzionali previsti nel nostro Paese in questi casi, come già avvenuto nel 2003 in occasione dell’infezione Sars – afferma il ministro della Salute, Roberto Speranza (http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4035). Ma solo il 20 febbraio (giovedì grasso) viene dichiarato l’inizio dell’epidemia. Nel frattempo in Italia impazza il Carnevale con centinaia di migliaia di persone a stretto contatto festoso in varie città d’Italia. Mentre Venezia e Ivrea bloccano i festeggiamenti della domenica (23) e del martedì grasso (25), a Viareggio la festa continua indisturbata. Perché il governo lo ha permesso? L’11 marzo inizia il lockdown (durerà fino al 13 aprile). Il Paese si ferma. Milioni di italiani in casa, distanziamento sociale, si può uscire solo per motivi di necessità e urgenza. E’ il periodo delle autocertificazioni e delle multe salatissime a chi passeggia da solo su una spiaggia. Tutti i media martellano le meningi degli italiani a tutte le ore del giorno e della notte sul pericolo del Coronavirus, il mostro sconosciuto. Iniziano i bollettini di guerra con i dati numerici dei contagiati e dei morti. Non si parla mai dei guariti, che ci sono. La paura cresce ed i media aiutano.
20 marzo: il picco dei contagi
Bastano solo 10 giorni di lockdown per arrivare al picco dei contagi. E dal 21 marzo, primo giorno di primavera, i casi ed i decessi Covid-19, e di conseguenza la mortalità per il complesso delle cause, iniziano a diminuire soprattutto in Lombardia e nelle province più colpite dall’epidemia. Incredibile, vero? Eppure è questo quello che scrive, nero su bianco e con dati ufficiali, il Report “Impatto dell’epidemia COVID-19 sulla mortalità totale” pubblicato il 4 giugno, prodotto congiuntamente dall’Istat e dall’Istituto Superiore di Sanità, che raccoglie il numero dei casi Covid-19, i decessi di persone positive al Covid-19 e la mortalità per il complesso delle cause dal 20 febbraio al 30 aprile 2020(https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/Rapp_Istat_Iss_3Giugno.pdf).
Prima domanda
Perché i media non hanno martellato, come di consueto, le meningi degli italiani con questa stupenda notizia che avrebbe tranquillizzato un’intera popolazione che aveva accettato di sottoporsi per un mese ai cosiddetti “arresti domiciliari” in nome della tutela della propria salute fisica? Sarebbe calato lo share degli ascolti? Forse, ma la gente avrebbe avuto un motivo di speranza in più per affrontare una situazione di reclusione che ha scompensato molte menti. Soprattutto quelle dei giovani che non avevano mai vissuto in un mondo di regole così asfissianti per la loro libertà individuale. I dati parlano da soli. “Abbiamo il 18% dei suicidi in più in Italia ed il 23% in più di sindromi maniaco depressive nei soggetti minorenni che vogliono togliersi la vita perché hanno paura del futuro” ha detto il dottor Pasquale Mario Bacco nell’intervista video nel Salotto sulla ricerca della Verità sul canale youtube al minuto 46.09 (https://www.youtube.com/watch?v=jhMHa921tvg&feature=youtu.be).
I dati del Report ISTAT/ISS
Si riferiscono ai primi 4 mesi del 2020 e riguardano 7.270 comuni, il 92% dei comuni italiani (7.904) per una copertura del 93,5% della popolazione residente in Italia. L’Istituto Superiore di Sanità ha il compito di coordinare la Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19 che raccoglie dati individuali dei soggetti positivi al Covid-19, alcuni dati di laboratorio, informazioni sul ricovero e sullo stato clinico, sulla presenza di alcuni fattori di rischio (patologie croniche di base) e l’esito finale (guarito o deceduto).
A pag. 2 del Report si legge: “Il numero dei casi Covid-19 segnalati in Italia è massimo nel mese di marzo con 113.011 casi (il picco si raggiunge il 20 marzo) quindi inizia a diminuire; ad aprile sono stati segnalati 94.257 casi […]. Il calo prosegue ancora più marcatamente nel mese di maggio (18.706 casi al 25 maggio)”.
Dei 209.013 casi Covid-19, diagnosticati entro il 30 aprile, la Sorveglianza Nazionale integrata, si legge sempre a pag.2, ha registrato, dal 20 febbraio al 30 aprile 2020, 28.561 decessi in persone positive al Covid-19. Di queste 15.114 (53%) sono decedute entro il mese di marzo (il picco si è raggiunto il 28 marzo) e 13.447 (47%) nel mese di aprile. Man mano che diminuiscono i casi di contagio ed i decessi Covid-19, si riduce anche la mortalità per il complesso delle cause. A livello nazionale i decessi totali scendono da 80.623 di marzo a 64.693 di aprile e la stima dell’eccesso di mortalità rispetto alla media del periodo 2015-2019 passa da un aumento medio del 48,6% di marzo (26.350 decessi in più nel 2020) al 33,6% di aprile (16.283 decessi in più). Di questi decessi stimati in eccesso nel mese di marzo (26.350) il 54% sono stati riportati dalla Sorveglianza integrata (14.420) mentre dei decessi stimati in eccesso nel mese di aprile (16.283) l’82% è riportato dalla Sorveglianza (13.426).
Perché si è verificata la riduzione della quota di eccesso di mortalità totale? Nel Report si ipotizzano due possibili cause. La prima: “è aumentata la capacità diagnostica delle strutture sanitarie e quindi sono stati diagnosticati in maniera più accurata i casi di COVID-19”. La seconda: “E’ diminuita la mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero nelle aree maggiormente affette. Quest’ultima componente infatti migliora man mano che si riduce la pressione sui sistemi sanitari”.
Seconda domanda
La seconda spiegazione mi lascia sbalordita. Se i morti sono morti, sono persone decedute che sono mancate ai propri cari, ipotizzare che la loro morte sia stata indirettamente causata dalla crisi di un sistema ospedaliero in affanno durante l’emergenza Coronavirus significa che si ritiene plausibile che molti pazienti avrebbero potuto essere salvati se il sistema ospedaliero fosse stato più efficiente, meglio attrezzato ed organizzato. Lo afferma un organo ufficiale! Allora perché considerare eretici (e quindi indegni di apparire nelle trasmissioni main stream) quei medici (spesso con altissime qualifiche) che hanno avuto il coraggio di denunciare che all’inizio dell’emergenza c’è stata una vera e propria “strage degli innocenti” a causa di un approccio diagnostico e terapeutico sbagliato?
Gli “eretici”
Cresce sempre più il numero dei medici che si è reso conto che nelle terapie intensive è stato sbagliato completamente, anche se in totale buona fede, il protocollo terapeutico. “Intubare quei pazienti ha determinato l’accelerazione del percorso di morte. Migliaia di persone che sono morte potevano essere salvate – ha dichiarato senza mezzi termini il dottor Pasquale Mario Bacco, docente di Igiene del lavoro all’Università di Bari e manager per lo sviluppo della società statunitense Meleam Spa che si occupa di medicina e di sicurezza sul lavoro (https://www.youtube.com/watch?v=jhMHa921tvg&feature=youtu.be).
Insieme ad altri medici e con la supervisione di esperti del settore tra cui il magistrato Angelo Giorgianni (è stato sottosegretario agli Interni nel governo Prodi I), ha inviato al governo una “istanza di autotutela” per chiedere una Commissione parlamentare che accerti il perché è stato seguito un approccio diagnostico e terapeutico sbagliato che, all’inizio, ha ucciso i pazienti nelle terapie intensive. “All’inizio ci sconsigliavano l’utilizzo di antinfiammatori, non ci davano informazioni corrette della eparina, il farmaco anticoagulante che ora è diventato uno dei farmaci base – continua Bacco – si dava importanza fondamentale all’azione a livello dell’apparato respiratorio usando una procedura, la ventilazione profonda, che è estremamente invasiva e molto pericolosa. E’ stato soltanto grazie alla prima autopsia fatta da medici disobbedienti che abbiamo capito che la morte, solo nei casi dei soggetti predisposti, avviene per delle tromboembolie dei vasi superficiali. Se avessimo continuato con le cure domiciliari accompagnandole con l’eparina non avremmo avuto i trombi. Qualcuno dovrà rispondere di quello che è successo negli ospedali così come nelle RSA. La storia sarebbe stata completamente diversa se si fossero fatte le autopsie e tutti quei morti non ci sarebbero stati”.
Per questa sua presa di posizione il dottor Bacco è stato attaccato anche sul piano personale (è stata messa in giro la voce che non è neppure laureato in medicina). Niente di nuovo su questo orizzonte italiano. Stessa sorte è toccata all’emerito virologo Giulio Tarro (allievo e collaboratore di Sabin), al dottor Stefano Montanari ed a sua moglie, la dottoressa Antonietta Gatti, nanopatologi e ricercatori di fama internazionale ed a tutti coloro che hanno preso una posizione contraria all’ortodossia dei professori main stream (la chiamano la “comunità scientifica”), a cominciare dall’onnipresente immunologo Roberto Burioni. Il dottor Montanari ha spiegato chiaramente che la causa delle morti attribuite al Covid-19 non è stata la polmonite interstiziale ma le tromboembolie polmonari, ovvero coaguli di sangue che si formano nelle vene e finiscono nei polmoni tappando i vasi sanguigni. A causa dei coaguli nei vasi sanguigni non arriva più sangue ai polmoni, l’anidride carbonica non può più uscire e l’ossigeno da fuori non può più entrare per cui il pompare ossigeno non serve a niente perché ai polmoni non arriva il sangue che possa trasportarlo.
Le autopsie
Il Ministero della Salute già il 22 febbraio scorso (quando impazzava ancora il Carnevale) aveva emanato un’ordinanza in cui sconsigliava fortemente le autopsie. Purtroppo, nonostante le grandi scoperte scientifiche fatte da pochi medici disobbedienti che hanno scoperto la vera causa delle morti in terapia intensiva, il Ministero ha riconfermato la sua rigida posizione nell’ordinanza dei primi di maggio. Perché questo? “Perché si sono inventati una cosa folle – continua il dottor Bacco – cioè che le autopsie possono essere pericolose. Ma il virus muore con l’organismo, non è un batterio, lo sanno tutti i medici che il virus è un parassita e che non è capace di vivere da solo”. E poi un affondo contro la gestione della sanità. “La nostra sanità è gestita da chi non ha capacità di gestirla, finché va tutto bene, ok, ma quando c’è un’emergenza crolla tutto. Se avessimo avuto eccellenze assolute come il professor Tarro, il dottor Montanari, la dottoressa Gatti, le cose sarebbero andate diversamente. Ma sono stati ignorati, sono stati oscurati”.
La decisione antiscientifica del Ministero della Salute ha trovato una forte opposizione da parte di una trentina di medici legali, anatomopatologi biochimici, anestesisti e clinici medici di sei città d’Italia (Torino, Trieste, della Sapienza di Roma, Foggia, Messina e Catania) che si sono ribellati a quello che il professor Cristoforo Pomara, che dirige l’Istituto di Medicina legale di Catania, ha definito il “lockdown della scienza”. Per questo, “visto che lo Stato non vuole utilizzare le nostre conoscenze”, i 30 (per ora) medici hanno deciso di fare da soli. “Stiamo collezionando le autopsie fatte nei nostri rispettivi Istituti che sono poche e quasi tutte ordinate dall’autorità giudiziaria – ha detto il professor Pomara al Corriere (https://www.corriere.it/cronache/20_maggio_23/coronavirus-gruppo-ribelle-medici-legali-fateci-fare-autopsie-14d0f37e-9d10-11ea-a31e-977f755d9d62.shtml) – Lo scopo è cercare di capire il più possibile su questo virus, più studi i tessuti più puoi intervenire meglio e velocemente”. D’altra parte, ricorda Pomara, il nostro sistema prevede di già l’obbligatorietà dell’autopsia a fini diagnostici quando non si conosce esattamente la causa della morte. “Perché i morti parlano e le autopsie sono fondamentali per cercare le risposte giuste – conclude.
La morte come spettacolo. Macabro
Nel frattempo si è deciso di spettacolarizzare la morte. Rimane impressa nella mente di tutti la foto choc, che ha fatto il giro del mondo, del corteo dei camion dell’Esercito pieni di bare di bergamaschi morti per il Coronavirus che esce nella notte del 18 marzo da Bergamo, la città più colpita in Italia dalla pandemia, per trasportarle nei forni crematori di altre città d’Italia. Al dolore immane dei familiari a cui è stato impedito d’imperio di dare l’ultimo saluto ai propri cari si è aggiunta la beffa che qualcuno ha raccontato su Facebook. Il costo dell’operazione “cremazione in altra città” è stato messo a totale carico dei familiari della “vittima”.
Terza domanda
Perché il governo italiano non ha avuto rispetto di quei morti creando un macabro show utile a mantenere alta la strategia del terrore per impaurire la gente e convincerla che ci troviamo di fronte ad un mostro spietato che miete “vittime” a raffica. Perché sono continuati gli asfissianti tam tam dei media che hanno impostato la loro corsa all’audience citando, di continuo, ed in maniera patologica, SOLO i numeri dei morti (34.448 al 18 giugno) e NON il numero dei GUARITI (179.455, ben oltre i due terzi del totale di 237.828 casi al 18 giugno). Un’informazione equilibrata, distanziata, avrebbe aiutato a mantenere un approccio più razionale evitando incontrollabili, e pericolosi, allarmi emotivi nella popolazione, soprattutto nei soggetti contagiati ed in quelli asintomatici (recentemente l’OMS ha detto che non sono “untori” ovvero “infettanti”).
Dati dei morti a confronto. I morti per influenza
Come riportato nel Bollettino Epidemiologico nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità (https://www.epicentro.iss.it/ben/2019/luglio-agosto/luglio-2019.pdf) si stima che le epidemie influenzali causino ogni anno dai 3 ai 5 milioni di casi di influenza e dai 290.000 ai 650.000 morti in tutto il mondo. Ad oggi, 18 giugno 2020, il Covid-19 ha causato (direttamente o indirettamente) in tutto il mondo 448.962 morti (http://opendatadpc.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/b0c68bce2cce478eaac82fe38d4138b1), meno dell’epidemia della “spagnola” nella sola Italia (circa 500.000 morti). Siamo, quindi, nella media annuale. Niente di più. Ed in Italia? L’influenza provoca ogni anno mediamente 8000 decessi per influenza e le sue complicanze (https://www.epicentro.iss.it/influenza/sorveglianza-mortalita-influenza) e come di consueto i ricoveri e le morti si verificano principalmente tra i soggetti ad alto rischio (diabete, obesità, malattie dell’apparato respiratorio e cardiovascolare). Come si legge nel Bollettino citato, nel periodo 2018-2019, un numero elevato di persone è stato ricoverato in terapia intensiva per complicanze dell’influenza. Di queste il 25% è deceduto.
I morti per malattie respiratorie
Nell’intervista al quotidiano “Avvenire” del 2 aprile scorso (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/morti-e-nati-cosa-cambier), il presidente dell’ISTAT, Gian Carlo Blangiardo, ha detto: “Numeri alla mano, nello stesso periodo di tempo, l’anno scorso, sono morte più persone per malattie respiratorie che quest’anno per Covid-19”. Il confronto che fa Blangiardo è tra il mese di marzo 2020, quando si è verificato il picco dei contagi, (il 20) ed i mesi di marzo del 2019 e del 2018. I morti per malattie respiratorie sono stati 15.189 nel 2019 e 16.220 nel 2018 a fronte dei 14.420 decessi registrati per Covid-19 nel marzo di quest’anno (vedi il paragrafo “I dati del Report ISTAT/ISS”).
La matematica non è un’opinione
La somma numerica tra il numero dei morti, ogni anno, per influenza (8.000) e per polmoniti varie (15/16.000) fa 23.000. Se si considera che circa la metà dei casi di morte si è verificato in un’unica regione, la Lombardia (16.480 sul totale di 34.448 al 18 giugno), per cause ancora da indagare a fondo (da notare che circa la metà dei casi di morte in Lombardia è avvenuto nelle RSA), nelle rimanenti 19 regioni italiane i casi di morte sono stati 17.968. Con punte massime in Emilia-Romagna (4.215) e Piemonte (4.018), punte medie in Veneto (1.987), Liguria (1.532) e Toscana (1.092) e punte sotto i 1.000 morti nelle restanti 15 regioni (dalle Marche con 994 morti al Molise con 23 morti) (http://opendatadpc.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/b0c68bce2cce478eaac82fe38d4138b1).
Quarta domanda
Perché l’informazione si è concentrata sul caso lombardo facendo leva sull’alto numero dei morti in quella regione per alimentare il panico tra la gente e non si è mai soffermata con la stessa veemenza martellante sui dati molto più rassicuranti delle altre regioni, specialmente quelle del sud, isole comprese? Come mai negli scorsi anni non ci sono stati i quotidiani “bollettini di guerra” e le trasmissioni fiume sui morti da influenza e polmoniti varie?
Tutti morti per colpa del Coronavirus? No, secondo il presidente dell’Ordine dei Medici di Genova, Alessandro Bonsignore, che nell’intervista di Oltre.TV (https://www.oltre.tv/presidente-ordine-medici-liguria-verita-diretta/) ha affermato che esiste una problematica che riguarda tutta l’Italia perché “si è deciso di inserire nel numero dei decessi da Coronavirus tutti i casi di coloro che sono stati scoperti positivi al Covid-19 durante la propria vita o addirittura post mortem. Non si è tenuto conto delle morti con Coronavirus o da Coronavirus, stiamo azzerando quella che è la mortalità per qualsiasi patologia naturale che sarebbe occorsa anche in assenza del virus”. E questo lo dichiara ufficialmente anche l’Istituto Superiore di Sanità quando afferma che il 97% dei decessi per influenza stagionale e complicanze presentano almeno una patologia cronica preesistente (https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2020/02/25/news/_influenza_8_mila_decessi_all_anno_ma_e_sbagliato_paragonarli_al_coronavirus_-249546412/).
Risultati simili alla Scheda pubblicata il 4 giugno in allegato al Report dove, su un campione di 3335 schede cliniche di pazienti deceduti per Covid-19: 136 pazienti (4,1% del campione) presentavano ZERO patologie, 493 (14,8%) UNA patologia, 716 (21,5%) DUE patologie e 1990 (59,7%) presentavano TRE o PIU’ patologie (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_4_giugno.pdf). Il dottor Bonsignore, lavorando nell’Istituto di Medicina legale dell’Università di Genova, ha verificato che “all’obitorio comunale di Genova i decessi per patologie con Covid sono praticamente scomparsi” e questo perché, spiega, “i parametri che gli scienziati tengono in considerazione sono il numero dei nuovi positivi, il tasso di ospedalizzazione ed il numero di ricoverati in terapia intensiva”. E conclude sostenendo che sarà necessaria “una rivalutazione critica delle schede ISTAT”.
Ho trovato la risposta alle mie domande!
E’ notizia di queste ore. In autunno arriverà il vaccino contro il Covid-19 e sarà gratuito (pagherà il governo italiano) a partire dalle fasce più a rischio. I ricercatori si sono detti “sicuri all’80%” che funzionerà (https://www.money.it/Vaccino-coronavirus-buone-notizie-Italia-in-autunno-gratis). Beati loro. Io sono diffidente per natura, soprattutto quando si tratta della mia pelle. Ma ne riparleremo in un prossimo articolo….
Giugno 20, 2020
Foto di copertina: Lidia Zajdzińska