Ennio Remondino
La forza di basare l’autorevolezza sul consenso dei cittadini elettori, assieme alla debolezza di un sistema che consente a un gruppo raccogliticcio di politici improvvisati di mettere in crisi un governo di emergenza nazionale senza alternativa e con motivazioni incomprensibili. Ma oltre alla quasi caricatura di casa, ce’ ben altro.
Nazional populismo francese attorno a Macron. Il Boris che viene cacciato quando ormai i guai britannici stanno per disgregare il Regno. O la superpotenza americana costretta patti con i peggiori despoti per cercare si salvare un presidente traballante, col rischio di un ritorno da brivido.
Per non parlare di ciò che soffre mezzo mondo affamato in tre continenti, dove la rivolta popolare nello Sri Lanka è solo l’antipasto quasi educato di ciò che si prepara.
Democrazia euro atlantiche
La fragilità dei governi è un problema endemico dell’Occidente? La situazione nella maggior parte dei Paesi del blocco euro-atlantico direbbe proprio questo. Stallo degli esecutivi con motivazioni formali molto diverse tra loro, ma con alla base la mancata risposta ai problemi reali o alle paure della gente tra il dopo pandemia e la crisi economica aiuta adesso anche dalla guerra ucraina.
Boris senza rimpianti, Draghi senza ricambi
Le dimissioni di Boris Johnson nel Regno Unito erano state le ultime, clamorose, evoluzioni di un Paese che era considerato la culla del costituzionalismo, come sottolinea Lorenzo Vita si InsideOver. Prima ancora la Francia decisionista, ‘monarchia repubblicana’ senza una maggioranza stabile e politicamente omogenea. E non va meglio a Olaf Scholz, cancelliere che già sconta il fatto di essere arrivato dopo Angela Merkel, Infine la Spagna, che a questo punto ha uno degli esecutivi più longevi d’Europa, anche se perennemente traballante. Infine il turno dell’Italia, già nella condizione anomala di un esecutivo nato dall’emergenza.
Non solo Vecchia Europa
«Le cose non vanno bene nemmeno per uno dei maggiori alleati del blocco euro-atlantico in Medio Oriente, Israele, che addirittura si avvicina a nuove elezioni con il rischio di essere ormai in uno stato di perenne crisi di governi e campagne elettorali». Cinque elezioni politiche in meno di quattro anni, record imbattibile. Sempre in quell’area tralasciamo il Libano il frantumi, la Palestina che non esiste, la Libia che le elezioni proprio non riesce a farle, o Tunisia, Egitto, Marocco e Algeria, che di problemi di tenuta sociale uno ne hanno e altri se ne inventano. Dello Sri Lanka abbiamo già detto, e abbiamo già affrontato il caso endemico Argentina e di un bel pezzo di America Latina.
Occidente in crisi esistenziale?
In molti pensano che il problema siano i leader, chi troppo populista, chi troppo moderato o poco carismatico, o troppo politico o troppo tecnico. Ma le crisi diffuse rendono improbabile sia solo un problema di leadership il nodo da sciogliere, e già il doversi porre la questione suscita paura. Autoritarismi in prospettiva per supplire alla inadeguatezze decisionali ed di governo delle democrazie? Qualcuno, in maniera più o meno aperta, lo sostiene e peggio, lo persegue. Stati Uniti, l’ultra destra suprematista binca, evangelica e trumpiana, da far paura. Tra uno Xi e un Putin che hanno alla spalle regimi assolutisti, ma anche un bel po’ il più di storia e cultura.
Trump, Biden e paradossi
Donald Trump, accusato di essere stato il peggior presidente della storia americana. Joe Biden, l’esatto opposto, le cui sbandate sulla guerra ucraina fanno quasi più paura della rozzezza del predecessore. Paradossi a inseguirsi. Governi del blocco occidentale ritenuti tendenzialmente stabili dall’Europa orientale, più atlantisti che europeisti: ‘democrazie illiberali’. E nuovi protagonismo planetari da Paesi estranei al blocco occidentale o che ne rimangono ai confini. «Paesi come l’India, la Turchia, la stessa Russia, la Cina e altri Stati mediorientali e nordafricani sono considerati interlocutori privilegiati del sistema occidentale, chi anche come membro (la Turchia), chi come rivale. In ogni caso tutti protagonisti assoluti della politica mondiale».
Robert Kagan, autore citato in parlamento proprio da Draghi non a caso: «l’ordine mondiale liberale in cui viviamo dal 1945 […] non sta tanto bene».
18 Luglio 2022