Aaron Pettinari
A tu per tu con… Michelangelo Di Stefano
Sono passati ormai 30 anni da quando a Roma fallì l’attentato allo Stadio Olimpico, in cui, come dimostrato in varie sentenze, il 23 maggio 1993, il giorno della partita Roma-Udinese, hanno rischiato di morire centinaia di carabinieri e chissà quanti tifosi.
Un evento di cui hanno parlato decine di collaboratori di giustizia e che si inserisce in quella strategia di attacco allo Stato che Cosa nostra e ‘Ndrangheta misero in atto negli anni Novanta. Era tutto farina del sacco delle mafie o quella strategia si inseriva in un piano più grande? Esiste un filo nascosto che unisce questi eventi con altri fatti della storia del nostro Paese? Ne abbiamo parlato con Michelangelo Di Stefano, docente di intelligence dell’istituto italiano di criminologia e autore del libro: “Il treno del sole e i cinque anarchici. L’ombra di Gladio, ‘Ndrangheta stragista e Falange Armata”.
Una pubblicazione, quest’ultima che ricostruisce una serie di episodi chiave come la misteriosa morte di cinque giovani nella notte tra il 26 e 27 settembre del 1970, proprio nel momento di passaggio all’ora legale, una Mini minor targata Reggio Calabria, finiva sotto un camion, sul tratto autostradale Napoli-Roma, a 58 km dalla capitale.
In quel giorno morirono Angelo Casile, Gianni Aricò, Franco Scordo, Luigi Lo Celso, giovanissimi anarchici calabresi, i primi tre reggini. Annalise Borth, tedesca, giovanissima moglie di Gianni Aricò, venne ricoverata al San Camillo a Roma, dove morì venti giorni dopo.
Per molto tempo si parlò di un incidente e molti strani e inquietanti elementi che avrebbero dovuto portare a investigare, non furono presi in considerazione.
La procura di Roma chiuse immediatamente il caso e non se ne parlò più finché negli anni ’90 il giudice Salvini riaprì il capitolo delle stragi di Stato e, grazie alle confessioni di un pentito (tale Lauro), scoprì che a Gioia Tauro il 22 luglio del 1970 il deragliamento del Treno del Sole, dove morirono sei persone e ci furono ben 139 feriti, non era stato un incidente. Rientrava a pieno titolo nella strategia della tensione: vennero presi gli esecutori ma, come al solito, non i mandanti, come per tutte le altre stragi di quegli anni in cui i servizi segreti (è un ossimoro definirli “deviati”) hanno avuto la regia. Questi giovani anarchici stavano portando a Roma un dossier che riguardava proprio il deragliamento del treno e, a quanto abbiamo appreso negli ultimi anni, anche alcune informazioni importanti che riguardavano Junio Valerio Borghese e il suo tentativo di golpe.