di Salvatore d’Albergo *
La vicenda italiana, più che con analisi troppo ravvicinate alle sole caratteristiche elettorali, va interpretata alla luce dei risultati di forze incardinate nelle zone della “Pedemontania”, che ad onta del loro riduttivo “localismo” si sono consolidate da quando si sono insediate nel cuore dello Stato centralista, proponendo il neo-centralismo del presidenzialismo/ federalista. Per la centralità che La Prealpina, storico quotidiano della “Pedemontania”, oggettivamente rappresenta come luogo di dibattito della “questione settentrionale”, sembra opportuno allegare alcune considerazioni da cui si potrebbe partire per rilanciare un approfondimento. Considerazioni che qui vengono riportate mediante alcune testimonianze, ispirate dalla pubblicazione di “Leghe e leghismo – l’ideologia, la politica, l’economia dei “forti” e l’antitesi federalista al potere dal basso” (Quaderni del Centro “Il Lavoratore”, novembre 1997) e che per la sua attualità ed analisi insuperata nel tempo, è stata ripubblicata nelle “Novità” della “Durito Edizioni” (aprile 2009).
“Un libro fondamentale per comprendere quanto è successo in Italia, sotto i profili culturale, politico, sociale, economico e istituzionale. “Un libro fondamentale per la comprensione di quanto è successo in Italia e che andrebbe tradotto, così capirebbero meglio l’Italia anche all’estero. Un’analisi che andrebbe proposta anche agli Editori Riuniti, che pubblicandola aiuterebbero a far chiarezza nella confusione attualmente vigente nella “sinistra e in Italia, anche sul protoleghismo dei Fanti e dell’Emilia.
Che ora la Lega si insedi in Emilia, Toscana, ecc., può sorprendere solo chi non ha letto l’analisi con cui Angelo Ruggeri dettaglia le radici del leghismo, le sue basi politico-sociali ed economiche comuni ai territori posti sopra e sotto al Po’. Ma il libro è utile anche per valutare che le forme istituzionali in Italia, si stanno modellando sui criteri seguiti dai consigli di amministrazione delle SpA. Come nel mondo americano e britannico, dove le istanze elettive hanno perso ogni riscontrabilita’ nei confronti non tanto dell’elettorato, cosa che infatti non e’ mai esistita, quanto nei confronti di sé stesse. L’assemblea elettiva, infatti, e’ gestita esattamente nella maniera in cui un consiglio di amministrazione gestisce l’assemblea annuale degli azionisti. Una della maggiori modificazioni normative introdotte da Blair nella gestione degli enti locali ha consistito proprio nella loro ‘corporatization” (Joseph Halevi, economista italiano dell’Università di Sidney e Oxford).
“In Leghe e leghismo’ ho trovato l’analisi di ciò che è effettivamente il federalismo anche negli Stati Uniti ai quali si rifà l’Italia con i “governatorati” regionali e l’idea di uno “stato federale” forte e centralizzato, per sua natura” (Malcolm Sylvers, storico,Brooklyn College, University of Wisconsin, Università di Venezia)
“Di fronte al significato dell’esito delle votazioni trovo necessario sottolineare quanto anticipato nell’accompagnare la monografia di Angelo Ruggeri, con cui ha messa a fuoco con acume ed un’analisi organica – come applicazione del metodo della critica marxista – la vera natura sociale e politica e ideologica del fenomeno leghista. Non reperibile da nessuna delle numerose analisi che pullularono negli anni 90. Tutte incapaci, queste, di cogliere da quale crisi crescente – tra anni 80 e 90 e dopo la morte di Berlinguer – ha potuto trarre spunto l’iniziativa di Bossi in tutto il Nord e Nord-Est, per ragioni strettamente connesse al rapporto tra sistema produttivo, democrazia e territorio” (Salvatore D’Albergo, costituzionalista).
Quel che vogliamo dire ed è confermato dalle opinioni e dai fatti, è che occorre risalire alle cause organiche del leghismo evocatore del diciannovismo, di cui in massima parte ci si dimostra ancora colpiti ancora e solo dalla sua dimensione, solo se o in quanto disturba i calcoli gretti degli ex-DS e del PD. Mentre tutte le votazioni degli ultimi anni hanno confermato che è il collante di un blocco sociale che trascina egemonicamente anche spezzoni di una classe operaia che la cultura “post-marxista” ha addirittura considerata estinta. Per non aver saputo collocare il leghismo nella prospettiva storica, sociale, politica e istituzionale e della crisi della democrazia di massa degli ultimi 20 anni, gli epigoni del Pci e gli intellettuali “post-moderni” si sono accorti solo dopo le politiche dello scorso anno, che il leghismo non è un’escrescenza. Bensì è l’effetto del disarmo ideologico nei partiti di massa ispiratori del primato della democrazia sul mercato nel rapporto tra territorio e fabbrica.
Mentre per subalternità culturale – iniziata proprio quando il “leghismo” si è affacciato – ancora si insegue l’accoppiata federalismo/leghismo che ossessivamente, punta a trascinare tutto il quadro socio-politico del bipolarismo, in una spirale che annulla le differenze, meramente “parlamentaristiche”, tra centrodestra e centrosinistra. Tramite le latenti commistioni alimentate specialmente al Nord dalla Lega e dai DS (ora Pd), nel segno di un sempre più incombente di un equivoco e acritico federalismo diffusosi nel nome di un c.d. “regionalismo forte”, accolto dall’occhettismo e poi dalla stessa sinistra “radicale”.
* (Centro Il Lavoratore e Comitato scientifico di Fenomenologia e società)