Parla Claudio Fava
«Tutte le cancellerie del mondo protestano contro gli Stati Uniti: non capisco come il presidente del consiglio Enrico Letta non abbia detto ancora una parola sul Datagate». Claudio Fava, parlamentare di Sinistra e Libertà, membro della Commissione Copasir è critico sulla posizione del governo rispetto alla polemiche sul Datagate e all’intricata vicenda che sta raffreddando i rapporti tra gli Stati Uniti e il nostro paese. Oggi il Comitato Parlamentare per la Sicurezza ascolterà l’ambasciatore Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento informazioni per la sicurezza sulla viceda, per districare la matassa tra spie, cimici in ambasciate e la possibilità che gli americani abbiano controllato anche i cittadini dell’Unione Europea, tra cui quelli italiani. «Sarà sicuramente un’audizione delicata da cui ci aspettiamo risposte immediate su quanto letto in questi giorni».
Quali sono le priorità da chiarire secondo lei?
Innanzitutto bisogna capire come mai a gennaio il governo Monti, senza un dibattito parlamentare, abbia deciso di varare un decreto per la strategia di sicurezza dove l’agenzia ha stipulato contratti con soggetti privati e con tutti soggetti pubblici, dall’Inps alle università.
Qual è stato secondo lei il rischio? Monti parlava «di prima definizione di un’architettura di sicurezza cibernetica nazionale e di protezione delle infrastrutture critiche».
Intanto è avvenuto senza un dibattito parlamentare e ha determinato che tutte le banche dati sensibili, la vita dei cittadini, dalla previdenza sociale fino alle Università, siano stati esposti.
C’è stata secondo lei un ingerenza da parte di Paesi stranieri?
Non parlo di ingerenze, io parlo di metodo e di finalità nazionale. Un governo, a fine legislatura, non può in esercizio provvisorio varare un provvedimento di questo genere, con la possibilità che dati sensibili possano essere utilizzati senza autorizzazione della magistratura.
Ovvero?
Primo punto di domanda: chi garantisce che questi dati vengano utilizzati al fine di prevenire pericoli per la sicurezza nazionale o che invece vengano manipolati in modo forzato?
È quello di cui si discute anche negli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti possono scegliere cosa è meglio per la loro sicurezza. Ma qui la cosa che preoccupa è che circoli una massa di dati così sensibili in giro per il mondo. Se tutto questo accade nei confronti di decine di miliardi di mail diventa ancora più preoccupante. Qui c’è da garantire la sicurezza telematica dei cittadini.
Il governo sembra molto cauto sulla situazione.
Non è cauto, il nostro governo ha taciuto. Ho letto le dichiarazioni di Hollande, quelle del presidente del parlamento europeo Martin Schulz e delle altre cancellerie europee, ma non una dove Letta abbia chiesto al governo ampia informazioni e documenti su quanto sta succedendo.
Soggezione nei confronti degli Stati Uniti?
Non so se è soggezione culturale o compiacenza, resta che non ho letto smentite nè proteste, ma anche visto i precedenti non mi pare ci siano particolari arrabiature in merito.
C’è chi parla di bufale…
C’è stata molta confusione, ho visto articoli del Guardian scomparsi, minacce e accuse. Sono cose sui cui comunque deve essere fatta chiarezza.
I nostri servizi riusciranno in questa operazione di trasparenza?
La riforma del 2007, inaugurata dopo lo scandalo Pollari, la garantisce, certo servono anche presidenti all’altezza.
I precedenti non lo sono stati?
Sia Rutelli sia D’Alema sono sempre stati funzionali ai precedenti governi, anche di centrodestra, opponendo segreto di stato quando invece doveva essere fatta chiarezza. È spesso mancato il contradditorio. Il Copasir è un organo terzo e questo deve essere, non c’è bisogno di continuità con l’esecutivo.
2 luglio 2013