di Gianni Barbacetto
Ibm rassicurante. Garante della privacy preoccupato. Regione Lombardia cauta. Autorità anticorruzione pronta a scendere eventualmente in pista. Un day after complicato, quello della rivelazione dell’accordo tra governo italiano e Ibm per portare a Milano, sull’area Expo, un centro della multinazionale americana per l’elaborazione di dati sanitari attraverso la piattaforma Watson Health.
L’annuncio fu dato con grande enfasi da Matteo Renzi il 31 marzo 2016: “Abbiamo convinto Ibm a venire a Milano”. Ad aprire sui terreni Expo un centro europeo da 150 milioni di dollari. Il 15 febbraio 2017 il Fatto quotidiano rivela che, in cambio, il governo si è impegnato a fornire gratuitamente a Ibm i preziosissimi e riservatissimi dati sanitari degli italiani, a partire da quelli che vivono in Lombardia. Il 19 marzo il Fatto aggiunge che, oltre ai dati, Ibm riceverà anche 60 milioni di finanziamenti, 30 dal ministero dello Sviluppo economico e 30 dalla Regione Lombardia.
Ora Ibm ribadisce che le finalità dell’iniziativa sono positive: “Generare strategie per cure appropriate e coordinate”; “migliorare la gestione di pazienti ad alto rischio e alto bisogno, riducendo i costi per il gestore del servizio e migliorando i risultati per il paziente”; dare a cittadini e imprese la possibilità di consultare più facilmente il patrimonio di informazioni della pubblica amministrazione; realizzare progetti di ricerca sui “big data”, sulle malattie infettive, la cura degli anziani, l’oncologia predittiva di precisione.
Nei documenti “confidenziali” Ibm che il Fatto ha potuto vedere, non si esclude l’utilizzo commerciale, da parte della multinazionale, dei risultati finali del lavoro di Watson Health sui dati sanitari degli italiani. Ma Ibm ora replica, informalmente, che i dati non verrebbero ceduti o venduti alla multinazionale, bensì “forniti, previo consenso, a una piattaforma Open data con lo scopo di aiutare la ricerca. Dunque non sarebbero utilizzabili soltanto da Ibm, ma anche da Ibm”. Una novità di cui nei documenti non c’è però traccia.
Aggiunge Ibm: “Stiamo realmente cercando di investire in questo Paese, mentre in tanti hanno solo scelto di andar via”. Certo che se poi i tempi della politica italiana si dimostrassero incerti e i percorsi impervi, allora la multinazionale potrebbe abbandonare il progetto milanese per andare altrove. L’azienda replica anche sui 60 milioni che si aspetta da governo e Regione: non sono un regalo a Ibm – spiega – ma legittimi finanziamenti del ministero dello Sviluppo economico, di cui può usufruire chiunque venga a investire in Italia.
Resta il problema della privacy: si possono fornire a un’impresa privata i delicatissimi dati sanitari? Dopo il primo articolo del Fatto quotidiano, il Garante per la protezione dei dati personali ha mandato alla presidenza del Consiglio dei ministri e alla Regione Lombardia una lettera, datata 22 febbraio 2017, in cui chiede chiarimenti (richiesti entro ieri, 20 marzo): il Codice della privacy – scrive il Garante – “considera dato personale qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale (…). Sono annoverati tra i dati sensibili i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.
Il Garante ricorda che “i trattamenti di dati sanitari per fini di ricerca medica, biomedica ed epidemiologica possono prescindere dal consenso dell’interessato solo quando la ricerca sia prevista da un’espressa disposizione di legge”. E possono trattare dati personali solo “soggetti appositamente designati responsabili esterni del trattamento, individuati tra soggetti che, per esperienza, capacità e affidabilità, forniscano idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni”.
In partita potrebbe entrare anche l’Anac, l’Autorità anticorruzione. Quella di è una materia complessa e un’operazione senza precedenti in Italia, ma se si potesse dimostrare che i dati sanitari da cedere a Ibm hanno un valore economico, allora la cessione a una azienda privata non potrebbe essere fatta con scelta discrezionale, ma dovrebbe essere messa a gara.
Intanto Regione Lombardia, coinvolta dal governo nell’operazione, tace. Il presidente Roberto Maroni sa che i dati sanitari sono materia delicata. E non è entusiasta di dover sborsare 30 milioni per un’idea partorita da Renzi, che oltretutto nel frattempo non è più presidente del Consiglio. Per ora resta a guardare anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, grande sostenitore dei progetti sull’area Expo, che vorrebbe far diventare zona tax free.
Il Fatto quotidiano, 21 marzo 2017