Il 2023 porterà una recessione globale, con l’economia che continuerà ad essere segnata dalle tensioni geopolitiche e la Fed Usa e la Bce europea che continueranno nella stretta monetaria. Questa la sintesi del ‘Chief Economists Outlook’, «Una ’survey’ fra i capi economisti delle maggiori istituzioni finanziarie e aziende», sperando siamo solo ’gufi’. Tra loro, ben due terzi -il doppio che nello scorso settembre – considerano una recessione globale ‘estremamente probabile’.
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Davos misura lo stato di crisi della globalizzazione
Nelle Alpi svizzere il meeting della élite planetaria: i capo-economisti vedono lo spettro della recessione globale, ma il picco dell’inflazione è più vicino, e quindi della malattia oltre la quale inizia la possibile guarigione. «Un mondo frammentato da guerra, pandemia, crisi economica e dell’energia, tensioni geopolitiche, nazionalismi e climate change».
La ‘permacrisi’
Il World Economic Forum fa i conti con la successione di emergenze che dà forma a quella che è stata definita l’era della ‘permacrisi’. E il contesto, riferiscono i giornali economici più prestigiosi, è di ‘preoccupazione crescente’. Secondo un rapporto appena diffuso dal Wef, una recessione globale nel 2023 è uno scenario sempre più possibile: lo sostengono i due terzi di capoeconomisti intervistati.
Il senso di Davos per la globalizzazione
Oltre 2.700 rappresentanti provenienti da 130 Paesi da Oggi al 20 gennaio a Davos, nei lussuosi alberghi della città alpina svizzera. Dibattuti e soprattutto, negli incontri a porte chiuse. Il punto di incontro della élite planetaria, ammettendo che lora, spesso corresponsabili di una parte del negativo accaduto, siamo analisti credibili il per misurare lo stato di salute di una globalizzazione assediata su tutti i fronti e per molti versi costretta alla ritirata.
«Viviamo in un’era di shock multipli, potremmo essere a un punto di svolta per l’economia globale», avverte Kenneth Rogoff, professore dell’Università di Harvard e uno fa gli scongiuri.
‘Collaborazione in un mondo frammentato’
Davos alla 53sima edizione, dedicato appunto alla «collaborazione in un mondo frammentato» che si svolge «nel contesto geopolitico ed economico più complesso degli ultimi decenni», prova ad addolcire qualcuno ma non sono in molti a crederci. Poi i vertici politici, e qui si va dal male al peggio.
50 capi di Stati e di governo
50 capi di Stato e di Governo, i vertici delle principali istituzioni internazionali, alcune di loro in profonda crisi, come la Wto per il commercio, e centinaia dei più importanti leader d’azienda del mondo. Importanti ma non troppo visto che sul fronte dei politici, il cancelliere tedesco Olaf Scholz sarà l’unico leader del G7 presente. Poi, per quanta autonomia possano esprimere, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e la presidente della Bce, Christine Lagarde.
Più il peso degli assenti
Tra gli assenti di spicco, il presidente statunitense Joe Biden e quello cinese Xi Jinping. Sia Washington che Pechino sono presenti tuttavia con delegazioni di alto livello. Per l’Italia, dopo la rinuncia di Giancarlo Giorgetti, ci sarebbe il solo ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, che non è chiaro cosa possa dire, dato il tema, se non escoltare.
L’agenda della globazizzazione
Dalla guerra in Ucraina, con le sue conseguenze economiche globali e le implicazioni per la sicurezza energetica, all’impennata dell’inflazione, che espone al rischio povertà decine di milioni di persone, soprattutto nei Paesi a basso reddito. Temi intrecciati alla sicurezza alimentare e alla sfida posta dal riscaldamento globale, che impone un ripensamento di stili di vita e produzione e la conversione verso fonti di energia non inquinanti.
Problemi globali che spingono però Stati e opinioni pubbliche a complicate risposte nazionali, mentre i forum internazionali fanno sempre più fatica a trovare soluzioni condivise per problemi planetari.
La carica dei miliardari
Sono in lista almeno 100 miliardari. La maggior parte di questi proviene dagli Stati Uniti, ma non mancheranno indiani e sauditi. Da Wall Street arrivano gli amministratori di JPMorgan, di Goldman Sachs e di Citigroup, insieme alle controparti di Bank of America, Ubs e Deutsche Bank. Dell‘ex uomo più ricco del Eddie Musk, che nell’ultimo anno è riuscito a perdere 200 miliardi, non risulta traccia.
Inevitabile Zelensky in video e niente russi
Il presidente ucraino Zelensky parteciperà anche quest’anno in collegamento video. È attesa anche una delegazione del Governo, insieme al sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko. Per il secondo anno consecutivo, non ci saranno né delegati né oligarchi russi bloccati dalle sanzioni internazionali, dopo l’invasione dell’Ucraina.
Bandiera svizzera e stelle e strisce
L’edizione di questo Forum è la più ‘americana’ della sua storia. Pochi ‘grandi learders’ ma, tra le 703 persone registrate, gli americani costituiscono il 27% di tutti i partecipanti accreditati. Il mondo a cercare di capire cosa hanno in tasca e per la testa gli attuali più ricchi e potenti del pianeta le cui scelte ci ricadranno comunque addosso.
Russia e Cina, o escluse o ai margini
La delegazione statunitense inviata dall’amministrazione Biden è indicativa nella sua composizione: trittico diplomazia economica-ambiente-sicurezza nazionale. Attorno a cui far ruotare gli interlocutori più vicini o utili, dove spunta persino il segretario nato uscente Jens Stoltenberg, ancora a parlare di sostegno occidentale all’Ucraina invasa dalla Russia.
Usa-Europa, più per interesse che per amore
Dalla presidente della Commissione Ue è attesa una risposta all’Inflation Reduction Act di Biden, misura protezionistica non certo amichevole, dopo quello che è accaduto sul fronte dei rifornimenti energetici passati dalla vicina Russia all’Atlantico, con moltiplicazione dei costi.
Stati Uniti-Cina e la ‘trappola di Ticidide’
Paradosso politico-culturale, che la globalizzazione possa continuare a parlare americano anche in una fase in cui l’idea del mondo unipolare è tramontata. Forse ci aiuterà a capire Henry Kissinger, prossimo ai cento anni, che dialogherà col politologo Graham Allison della Harvard Kennedy School of Government, teorico della “trappola di Tucidide” e dell’ammonimento sui rischi dello scontro diretto Usa- Cina.
16 Gennaio 2023