da Angelo Ruggeri
“Anzitutto la salute” avevano strombazzato a “reti unificate” i presidenti del Consiglio e da ultimo Draghi. Invece …. SI SUBORDINA LA SALUTE ALLA ECONOMIA POLITICA CAPITALISTICA CHE HA PORTATO AD INVESTIRE IMMENSE RISORSE PUBBLICHE SUI VACCINI A FAVORE DELLE CASE FARMACEUTICHE, DEL CAPITALE FINANZIARIOE E DELLA ACCUMULAZIONE CAPITALISTICA, ANZICHE AD UNA ECONOMIA POLITICA VOLTA NON AL PROFITTO MA AL VALORE D’USO, CIOE’ AD INVESTIMENTI DI RISORSE PUBBLICHE, PER LA PREVENZIONE, SULLA SANITA, SUI TRASPORTI, SULLE SCUOLE, ECC. CIOE’ AD INVESTIRE SU TUTTE QUELLO CHE SI ERA DETTO DI VOLER FARE …: ECCO PERCHE MANCANO LE RISORSE E SONO POCHI GLI INVESTIMENTI IN TALI SETTORI E NELLA SANITA CHE SI ERA DETTA “VA RIFORMATA E POTENZIATA TOTALMENTE …”.
CON L’INNARRESTABILE DECLINO STORICO DELL’ ”AURA” DELLA SCIENZA, LA SCIENZA DEVE CESSARE DI ESSERE CONCEPITA CON AURATICITA’ E INAVVICINABILITA. ANCHE LA SCIENZA DEVE ESSERE GUIDATA DALLA SCIENZA DELLA PARTECIPAZIONE POPOLARE, ESSENDO CHE LA CAPITALIZZAZIONE INDUSTRIALE DELLA SCIENZA ESIGE LA MESSA IN COMUNE DI OGNI DATO SCIENTIFICO E UN COSTANTE CONTROLLO SOCIALE E DEMOCRATICO. COME VUOLE LA COSTITUZIONE IGNORATA DA CHI STA INTRIGANDO PER NOMINARE UN “CAPO DELLO STATO” GARANTE DELLA MAGGIORANZA POLITICA, ANZICHE’ DELLA COSTITUZIONE E DELL’UNITA NAZIONALE
SI SONO IMPOSTE MISURE ECCEZIONALI, EMERGENZA, LIMITAZIONE DI DEMOCRAZIA, DIRITTI E LIBERTA’, NON PER LA SALUTE, MA PER L’ECONOMIA POLITICA PERSEGUITA DA DRAGHI
di Angelo Ruggeri
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La prevalenza di scelte di economia politica sugli obbiettivi di salute, è stato possibile o facilitato con la copertura data una sedicente scienza “ufficiale” composta da TEOSCIENZIATI desiderosi di ribadire e pretendere il riconoscimento di una aura della scienza, che hanno usato e abusato dei mass media e di giornalisti incapaci e incolti, felici fare audience e riempire i palinsesti, che hanno veicolato e coperto il rozzo positivismo scientista e la materialistica mercificazione di una “scienza” al servizio dell’economia politica del capitale finanziario e farmaceutico e del sistema di accumulazione, dietro le immagini della società dello spettacolo, con ciò illustrando e confermando l’asserzione di Marx, per il quale, la vita nelle società in cui dominano le moderne condizioni di produzione capitalistica “si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli”(Il Capitale, Vol. I)
Forse si è puntato e concentrato tutto sui vaccini – incapaci da soli di fermare la circolazione del virus, donde le gravi conseguenze oggi palesate – ANCHE per eventualmente attribuire a chi li rifiutasse, le responsabilità delle disfunzioni del sistema sanitario. In altre parole per coprire e nascondere la distruzione del servizio sanitario nazionale operato negli ultimi decenni, dai governi e dal “federalista” regionalismo vigente (che Draghi vuol pure peggiorare con una legge, collegata al Bilancio, ancor più “separatista” delle regioni, germinando 20 repubblichine che “sbriciolerebbe” l’unità nazionale che spetta al capo dello stato garantire: donde la pericolosità di nominare Draghi al Quirinale).
Donde che si tenta di nascondere ciò che lo “scoppio” del covid19 ha svelato essere le manifeste deficienze dalla sanità e dalla medicina, non solo omettendo di perseguire obbiettivi di salute in ogni ganglio e livello di vita e organizzazione della società, ma rimuovendo la questione – in modo consapevole tanto che per mesi dopo lo scoppio della pandemia si è conclamato: “anzitutto la salute”- l’urgenza: 1) di ricostituire l’organizzazione della PUBBLICA della sanità di base (per cui la Regione Lombardia ha già approntato una legge per affidarla a PRIVATI, che ora solo il governo può fermarla); 2) e di realizzare interventi e investimenti massicci per porre riparo alla crisi della vecchia medicina (come voleva la Riforma sanitaria), che riduce il malato alla malattia e l’intervento alla cura, alla medicalizzazione e riparazione, come avviene concentrando tutto solo sui vaccini.
La recrudescenza continua della diffusione del virus, dimostra che ci si è mossi e che si rischia di continuare ad andare in direzione opposta al raggiungimento di fini di salute, mantenendo in essere una medicina che si è dimostrata sempre più impotente a controbilanciare le patologie – quindi anche quelle infettive – determinate dall’alterazione dell’ambiente, inteso come insieme delle condizioni di vita dell’individuo, del gruppo, della società. In altre parole è stata e viene rimossa quella che la Riforma aveva posto al centro dell’organizzazione sanitaria destrutturata negli ultimi 30 anni: cioè la questione di una nuova MEDICINA. Una medicina PREVENTIVA, L’UNICA CHE è IN GRADO DI RIMEDIARE ALLA MAGGIORANZA DELLE MALATTIE MODERNE e in particolare alle pandemie ripetutesi negli ultimi 30 anni; una medicina fondata su una continua ricerca dei fattori legati all’ambiente e al territorio, quindi di massicci investimenti in una medicina e una sanità territoriale e di prevenzione, che per altro sarebbe servita per scoprire il virus prima che circolasse per mesi senza saperlo.
Tutto questo manca non a causa di un complotto come dicono taluni no vax e non green pass, ne per una errata politica sanitaria o salvaguardia della salute. NO, tutto quanto manca o avviene a causa della ECONOMIA POLITICA STATAL/LIBERISTA, di una ECONOMIA POLITICA neo manchesteriana e di Maastricht, che usa lo stato per fini di accumulazione e valorizzazione del capitale. Una economia politica che ha portato i governi e ora Draghi, ad investire una quantità di RISORSE PUBBLICHE, immensa e senza precedenti, SUI VACCINI e quindi a favore delle case FARMACEUTICHE, della ACCUMULAZIONE CAPITALISTICA DEL CAPITALISMO FINANZIARIO E INDUSTRIALE, ANZICHE’ UN’ECONOMIA POLITICA di INVESTIMENTI DELLE RISORSE PUBBLICHE DEGLI STATI, per ristrutturare e riqualificare la sanità – che era già stata destrutturata in tante e troppo delle sue funzioni più importanti – di investimenti su tutto quanto concerne i problemi di tutela e garanzia della salute, quindi la PREVENZIONE, i TRASPORTI, le SCUOLE, e cosi via: cioè un’ECONOMIA POLITICA CHE ANCHE DURANTE L’EMERGENZA punta sui VALORI DI SCAMBIO (tecnologici) quindi a favore del PROFITTO D’IMPRESA, PIUTTOSTO CHE SUI VALORI D’USO, cioè quel che serve di più per PREVENIRE LA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS. e cosi via.
Le stesse coercitive campagne di vaccinazione hanno una sola ragione, che deve essere riportata alla economia politica del capitale dominante più che a una questione di sanità e di salvaguardia della salute. Tant’è vero che, nonostante tutte le promesse fatte quando esplose la pandemia e tutto quanto detto – di cambiare e rafforzare tutto il sistema sanitario pieno di buchi – risulta oggi più che assopito e mitigato, anzi del tutto cancellato. Eppure continua il mantra elogiativo di un’Unione Europea che si fa credere ci abbia regalato una pioggia di miliardi che viceversa sono nella stragrande parte presiti da rimborsare, e in parte minima un finanziamento a fondo perduto che a malapena copre la quota annuale che l’Italia versa all’UE per costituire il fondo per finanziamenti da cui è tratto anche quello che viene dato all’Italia, la cui erogazione è però subordinata al varo di quelle cosiddette riforme pretese dalla Commissione UE. In più il governo prevede solo scarse e parziali risorse per la sanità (di cui 6 miliardi nel prossimo triennio, su 9 miliardi in tutto) e non prevede di INVESTIRE SU tutto ciò CHE ALL’INIZIO DELLA PANDEMIA SI ERA PROMESSO DI VOLER “rivoluzionare”.
Non è che la pandemia e i fallimenti del mercato e del privato non abbiano insegnato nulla, come sembra, all’ideologia di Draghi e delle istituzioni UE; è semplicemente che, nonostante le promesse e il detto “cambieremo tutto” delle prime due fasi della pandemia, hanno insegnato ad essere più accorti, ad utilizzare la crisi rendendola permanente, e a prolungare il più possibile l’emergenza, al coperto di cui rilanciano l’economia politica finalizzata allo scambio e non all’uso, quindi alle liberalizzazioni e alla cessione delle attività pubbliche ad imprese private, che col sostegno dello stato trasformano quella che è stata chiamato “Missione salute” in una pianificazione liberista da parte dello stato e del grande capitale, anche in campo sanitario e delle vaccinazione, in linea con la economia politica di Maastricht.
E’ la dominante economia politica del capitale privato la questione da esaminare, e per cui serve riprendere una critica dell’economia politica a cui si subalternano le scelte e le decisioni attinenti i vari campi della società e dell’organizzazione delle istituzioni, una economia politica che dalla crisi del 1929-30 non può fare a meno di ricorrere all’intervento e al sostegno, anche coercitivo, dello stato per cui non si può che definire statal/liberista e non “neo liberista”, la moderna economia politica capitalistica. Ma avendo cura che ciò avvenga in una totale assenza di una critica della economia politica, in quanto tutto, ogni attenzione e ogni discussione anche in campo sanitario, deve essere orientata a discutere, a favore o contro la questione e le campagne di vaccinazione, per le quali è utile che ci siano anche i no vax e i no green pass perché anch’essi che aiutano a distrarre e ad evitare una critica dell’economia politica, concentrando l’attenzione su da scelte che si crede siano dettate da una coercitiva politica di emergenza sanitaria …
Perché questa volta i governi sono stati attenti nel far legittimare tale economia politica, dai massa media e a reti unificate da una cosiddetta “scienza ufficiale”, ritenuta tale da analfabeti e da un giornalismo privo di cultura e di conoscenza di cosa sia la scienza, che accettando tale definizione non fa che confermare la non neutralità della scienza – cosa che tutti sapevano già dagli anni 68-69 – e che il giornalismo è privo di nozioni critiche di economia politica.
Ben si comprende allora perché devono ricorrere e intendono usare tutti i mezzi leciti e meno leciti e le forme di coercizione per le quali sono stati introdotti decreti su decreti, anche ogni due giorni: perché è in gioco il fallimento o meno della economia politica voluta e sostenuta da tutti i governi italici, europei ed occidentali, centrata sulle case farmaceutiche e sui vaccini. Stante che sembra profilarsi la possibilità di un fallimento, stante che i vaccini non bloccano affatto al diffusione dl virus, anche o proprio perché in nome dell’economia politica del capitale si è sostenuto a spada tratta che con i vaccini saremmo stati tutti liberi e sicuri, che erano una scelta di libertà per se e per gli altri, mentre questo si dimostra del tutto falso.
Senza sottovalutare il fatto che per chi è vaccinato si attenuano le conseguenze di un eventuale contagio, nel caso di una sindemia non si doveva indirizzare carrettate di risorse solo verso le industrie farmaceutiche, trascurando e privando di risorse tanti altri settori fondamentali per contrastare il virus (scuola, sanità territoriale, trasporti): cosi che non una sola aula scolastica in più è prevista per porre fine alle aule pollaio cosiddette; non un autobus in più è stato aggiunto; ne i sistemi di prevenzione e di medicina di base e territoriale sono stati implementati, e cosi via. Per non parlare della mancanza di risorse investite e di una ECONOMIA POLITCA COLTA A RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE E L’INGIUSTIZIA SOCIALE, LA MERCIFICAZIONE DELLA FORZA LAVORO E LA MISERIA SPIRITUALE E MATERIALE DELLA GRAN PARTE DELLE MASSE NELLA SOCIETA CAPITALISTICA, TUTTE COSE CHE SI SONO PERSINO ACCCRESCIUTE E A DISMISURA DURANTE LA PANDEMIA a causa di una economia politica votata alla valorizzazione del capitale e ad accrescere il sistema di accumulazione capitalistica, in questa fase soprattutto delle industrie farmaceutiche ma non solo.
2) La campagna di pressione sui vaccini con l’uso strumentale dei c.d. green passa, di fatto annulla il mantra del “prima la sanità” veicolato dal giornalismo governativista e a reti unificate dai presidenti del consiglio e da ultimo da Draghi, stante che la politica governativa resta priva di inversioni significative sia nel campo dei finanziamenti che nel campo della territorializzazione dei servizi e della medicina di base e preventiva. Rimane il solo e unico mantra dei vaccini CHE IMPONE L’EMERGENZA, LA SOSPENSIONE E LIMITAZIONE DI DEMOCRAZIA E LIBERTA’ perché altrimenti si rischia il fallimento (che ormai si palese). Il fallimento di una scelta di politica economica che anziché puntare sulla riorganizzazione della sanità, dei trasporti, delle scuole ecc.., ha puntato enormi e senza precedenti quantità di risorse pubbliche sulle industrie farmaceutiche e sulla produzione dei vaccini.
Se l’economia politica riguarda il modo in cui si decide di usare le risorse economiche a disposizione, che potrebbero avere vari possibilità di uso e distribuzione sia nell’immediato che in prospettiva, stante il fatto di essere in presenza di quella che è stata ormai accertata essere più che una pandemia una sindemia, allora risulta un grande errore di economia politica la scelta dei governi, più di tutti l’ultimo di Draghi, tutta volta ad investire il massimo delle risorse nel campo delle industrie farmaceutiche e delle vaccinazioni, trascurando tutti gli altri campi toccati dalla sindemia.
E’ cosi che conti salatissimi sono stati fatti pagare a molti – che hanno pagato anche con la vita – non solo per la privatizzazioni della sanità ma anche per una mala gestione aziendalistica della sanità pubblica, con criteri di gestione privatistica dei bilanci e degli investimenti finalizzati al profitto anziché a fini d’uso e alla prevenzione.
Insomma, anche la “sanità pubblica” ha subito una torsione privatistica, portando alla destrutturazione di tutto quello che era nel modello previsto dalla Riforma e dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, e alla cancellazione in primis, della medicina di primo livello e dell’organizzazione territoriale dei servizi di prevenzione e assistenza. Con in più un regionalismo separatista che di fatto ha distrutto il sistema sanitario nazionale(come affermato anche da Anaao-Assomed), perché le risorse sono fondamentali ma ancor di più è il governo della sanità.
Così anche in quel che restava di pubblico ci si è buttati in una concentrazione ospedalocentrica in un clima quasi di esaltazione espressionistica della macchina e del macchinario sanitario, con l’avvallo anche di scienziati e medici – che hanno al loro interno gruppi di potere alleati al grande capitale – presi dall’avidità di dominare le modificazioni della tecnica e che dopo aver con questo distrutto la partecipazione sociale e la democratizzazione del sistema sanitario nazionale, oggi pretendono di essere i soli ad avere voce in capitolo in materia di pandemia, anzi, di essere considerati come dei “teoscienziati”. Proprio loro che hanno avvallato la distruzione delle strutture di base della medicina preventiva!
Quindi altro grave errore commesso dai governi nel scegliere tale economia politica, è stato anche di chiamare in causa scienziati che, per altro, come sopra ricordato, sono spesso alleati del capitale nell’ambizione di dominare le modificazioni delle tecniche-tecnologiche, tramite le quali i “TEOSCIENZIATI” si rivelano in grado di infrangere le speranze di una tecnica in grado di ampliare gli spazi di fruibilità e di una democratizzazione effettiva, proprio a partire soprattutto dal piccolo schermo, e anche dalle le nuove tecniche di comunicazione che vengono dirette non nell’interesse delle masse ma contro di esse.
Il golpe della separazione regionalistica dell’Italia, per un’Europa delle regioni e non più degli stati
Non solo il governo prevede scarse e parziali risorse per la sanità, ma pensa di aprire la strada alla separazione regionale differenziata, per imbrigliare ancor più la partecipazione sociale e delle masse che vivono nella comunità territoriale, impedendo loro di partecipare alle decisioni nazionali (art.49C), ingabbiandole nello spazio dominato dal centralismo regionale, portando quindi alla dissoluzione dell’unita nazionale e dello stato in 20 piccole repubblichine autonome. A cui si darebbero attribuzioni integrali per decine e decine di competenze, addirittura ben 23, allo scopo di deconcentrare il centralismo, che viene invece moltiplicato in tanti centralismi regionali, cosicchè le autonomie locali e sociali (sancite dalla Carta), si renderebbero subalterne al centralismo regionale, limitando la partecipazione e il concorso sia loro che delle comunità territoriali, alla determinazione della politica economica e nazionale (art. 49C.). Il regionalismo differenziato crea la prospettiva di una Europa delle regioni e non più degli Stati, attraverso la frantumazione dello Stato e quello che la Costituzione sancisce invece come la Repubblica delle autonomie locali e sociali, non delle autonomie dei vertici centralisti delle regioni (dove per altro già vige il presidenzialismo), ognuno dei volti a dominare dall’alto sugli enti locali comunali e le comunità territoriali. Quindi la negazione delle autonomie locali e sociali della Carta.
Dal ddl sulla concorrenza e dal decreto semplificazioni all’art.6 si giunge ad un proditorio attacco alla sovranità della autonomie locali comunali in quanto i comuni, da presidi di democrazia di base – dove per la prossimità con le comunità sociale territoriale è il solo luogo dove può attuarsi o meno la democrazia – vengono ridotti a meri esecutori delle privatizzazioni e spoliazioni della ricchezza sociale della comunità locale, in forze delle decisioni dei poteri regionali, oltre che nazionali, in particolare per cancellare definitivamente il risultato del referendum sancente, per es., l’acqua come bene pubblico.
Tutto quanto sta avvenendo in perfetto combinato tra PNRR, Ddl sulla concorrenza e, tra i collegati al bilancio, con il disegno di legge per un ulteriore “separatismo” regionale differenziato (cosiddetto), che prevede altre decine e decine di attribuzioni integrali alle Regioni, che già con quelle che possiedono hanno nei fatti distrutto il Servizio Sanitario Nazionale. Un ancor più forte regionalizzazione che è funzionale, utile per prolungare politiche liberiste e di austerità nel cui nome sono state fatte scelte di politica sanitaria che hanno determinato le grandi e riconosciute conseguenze negative, che però più che ascritte alle linee di politica sanitaria vanno riportate e ascritte nel quadro e tra le CONSEGUENZE DELL’ECONOMIA POLITICA MESSA IN ATTO DAL GOVERNO DRAGHI e DAI GOVERNI EUROATLANTICI DI CUI DRAGHI E’ CERTAMENTE IL CAPO ESPONENTE DEI PIU FORTI POTERI ECONOMICO/FINANZIARI CAPITALISTICI.
Anche la scienza deve essere guidata dalla scienza della partecipazione popolare
3) Il fatto che a distanza di due anni ci si trovi sostanzialmente nella situazione simile a quando non c’erano i vaccini, che non riescono ad impedire i contagi come invece si era inizialmente strombazzato per dare forza e sostegno popolare alla economica politica del capitale, evidenzia gli effetti negativi, anzi disastrosi, delle politiche di austerità, dei tagli alla sanità, di abrogazione delle strutture di base della medicina di primo livello e della prevenzione sanitario, i finanziamenti dati alla sanità privata, ospedalocentrica come e più ancora di quella pubblica. Insomma, di tutto quello che si può riassumere come la capitalizzazione della sanità e l’esaltazione del macchinismo e macchinario tecnologico di cura sanitaria: il tutto “implicitato” nell’economia politica statal/liberista (non “neo”), fondata sul totale sostegno dello Stato e dei governi alla totale libertà dei capitali, sulle leggi statali a favore delle liberalizzazioni e delle le privatizzazioni non solo dei servizi pubblici economici – come aveva fatto il fascismo – ma anche delle funzioni pubbliche obbligatorie nei campi della salute, dell’istruzione, dei trasporti, ecc., come, appunto, non aveva fatto nemmeno il fascismo. In pratica tutto quello “implicitato” nel sostegno statale nella legislazione statal/liberista a favore dell’ECONOMIA POLITICA DEL CAPITALE, e che già la prima ondata pandemica del virus aveva evidenziati come una “caporetto” senza precedenti, nella sanità in primis ma non solo, conseguenza logica della economia politica manchesteriana dei governi e del capitale, funzionale agli interessi privati, fatta di investimenti pubblici a favore della ricerca scientifica e delle tecnologie delle case farmaceutiche private, per la produzione di nuove “macchine” ospedaliere e medicamenti curativi, in sostituzione di quella della ricerca per nuove tecnologie e percorsi innovativi per la prevenzione, ecc. Vale adire , cioè , non si è fatto tutto quello che in forma specularmente opposta era stato previsto dalla Riforma sanitaria del 1978, fondata sulla completa gestione pubblica e la medicina territoriale e di prevenzione. Una riforma istitutiva del Servizio Sanitario nazionale fondate sull’unità di base delle USL, a cui è stato dato un ulteriore grande colpo sulla base di una economia politica che mirava alla valorizzazione del capitale e dei profitti anche nelle funzioni pubbliche obbligatorie, e che per tali fini ha trascurato, anzi colpito negativamente il bene salute, destrutturando non solo la sanità ma, come la pandemia ha evidenziato, ha finito col coinvolgere nella “caporetto” tutta quanta l’organizzazione sociale, economica, istituzionale della Repubblica della autonomie locali e sociali . Sovvertita dal regionalismo centralistico di un’anticostituzionale revisione “federalistica”, che ha distrutto il servizio sanitario nazionale, ”rifondando” la Repubblica delle autonomie locale e sociali, sul presidenzialismo di sedicenti governatori che ben incarnano il centralismo di un autonomismo regionalistico, inteso come luogo di simbiosi (e quindi interessi privati e corruttivi) tra il “capo” dell’esecutivo regionale, sedicente rappresentante della società, e il “capo” esponente degli interessi delle imprese: uniti nell’intendere ed assumere tutto il “sociale” – compreso il sociale territoriale, sindacale, ecc.), come dipendente da un “politico-istituzionale”, considerato come verticistico luogo di camarille e di combutta tra interessi personali della giunta e del presidente di giunta a favore dell’economia politica dominante.
Di fronte a quella che non è solo una pandemia ma un’autentica sindemia – che dunque dovrebbe essere affrontata in modo sindemico – al suo manifestarsi si sentì un grido ovunque diffuso grazie alla ripetitività ed accessibilità favorita dalle moderne tecniche di riproduzione mediatica: “prima di tutto la salute”. Lo dissero tutti i presidenti del Consiglio e lo stesso Draghi oltre che il Mattarella del Quirinale. Per non parlare delle forze politiche, dei consulenti e medici governativo e non, fatti tutti passare per scienziati, con sullo sfondo e sopra tutti la figura emblematica del cazzaghese Ministro dello sviluppo economica (sic), di fatto “un ragiunat chel capis nagot” (un ragioniere che non capisce niente), come col linguaggio barbaro del Nordismo prealpino, lo definiscono i suoi concittadini di Cazzago: paesotto del Profondo Nord che più profondo non esiste, dove è stato pescato nel cono d’ombra di poteri oscuri e fatto passare e lanciato alla ribalta come economista: obbiettivi il separatismo regionale dei cazzaghesi, eredi del leghismo padano e secessionista per ciò in contrasto con la Lega nazionale di Salvini.
Parlavano di un pieno ritorno alla prevenzione e alla gestione pubblica della sanità e non solo, perché si parlò anche di rivedere la gestione di tutto per destinare e finalizzare le risorse pubbliche a creare condizioni per rendere meno o non trasmissibile il virus: i trasporti, l’ambiente, le scuole da mettere a norma e da costruire, i luoghi di lavoro da ammodernare e l’organizzazione del lavoro da riconsiderare, e via via l’irrisolta questione sociale e le varie questioni economiche, gli impianti, le infrastrutture, ecc… qualcuno accennò persino a una “rivoluzione” come capita di dover fare dopo quella che asserivano e drammatizzavano essere una guerra … Nel pieno della pandemia si era anzi prevenuti persino a dichiarare la necessità di tornare al tipo di gestione previsto dalla prima riforma sanitaria: una sanità, sia territoriale, sia di prevenzione sia ospedaliera, del tutto pubblica ma anche democratica e sociale; che per essere tale eliminasse il centralismo separatista del federalismo sanitario regionale.
Viceversa quello che ritroviamo ora è una economia politica maastrichteriana, che al coperto anche di sigle come PNRR – come fossero di un Piano quinquennale sovietico- o simili, organizza una pianificazione capitalistica dell’economia politica quasi solo ed esclusivamente mirata alla vaccinazione e ad investimenti sui vaccini. Da qui il ricorrere ad una campagna totalitaria e di pressione per costringere a vaccinarsi, e che non si esita a ricorrere a modalità coercitive e di sospensione di diritti fondamentali come il lavoro, su cui si fonda la Repubblica, LA SOSPENSIONE E LIMITAZIONE DI DEMOCRAZIA E LIBERTA’, imponendo uno stato di paura e di emergenza permanete; condizioni che servono e sono funzionali alla governabilità, che ancora una volta e ancor più oggi, utilizza la pandemia e la paura come modalità dell’attività e della funzione di governo, in Italia e in Europa, per attuare ed estendere all’insieme dei rapporti tra capitale e lavoro e tra società e mercato un’economia politica neo-manchesteriana di laissez-faire, propria della ideologia draghista e del Mario Draghi che – tradendo di fatto il suo maestro Federico Caffè – è docet del manchesterismo che sancisce sia la libertà di liberarsi della merce forza lavoro ogni volta in cui questa non serve, sia la libertà dei capitali e delle imprese di andare ovunque ritengano più conveniente la disponibilità della merce forza lavoro.
L’energia deve tornare ad essere in mano pubblica
Nell’arco di un ritorno tramite la statal/liberismo (uso liberista dello stato e della legislazione) alle privatizzazioni o di ciò che resta, e sullo sfondo del ritorno del grande liquidatore Mario Draghi (uno degli uomini cosiddetti “indispensabili” di cui sono pieni i cimiteri) a cui fu affidato e si assunse tale compito nel decennio dal 1991 al 2001 in cui privatizzò e svendette tutti gli assi principali dell’industria italiana, tra cui quelli dell’energia di cui in questi giorni siamo chiamati a pagare conti salatissimi, fa senso che nessuno accenni al fatto che l’energia dovrebbe tornare ad essere in mano pubblica (come quando negli anni ‘60 fu nazionalizzata). L’Art. 43 della Costituzione prevede anche l’esproprio con riferimento “servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio che abbiano carattere di interesse generale” , riferito quindi a beni, funzioni e servizi che per definizione devono essere erogati dal pubblico – ancor più oggi in ragione del verificato fallimento del mercato e del privato-. Ciò vale anche per l’istruzione, per i trasporti, per le reti televisivi, la logistica (ecc.), oltre che per la sanità. Invece col Ddl sulla concorrenza e col PNRR che rilancia l’economia politica del capitale e la teoria dell’arricchire tanto i pochi, affinché tale ricchezza possa “sgocciolare” sui molti poveri – si agevola sia l’accesso che l’accreditamento delle strutture sanitarie private (che persino durante l’emergenza covid, hanno continuato a fare con profitto le loro normali attività, che invece avrebbero dovuto essere confiscate, almeno quando i malati di covid sommergevano gli ospedali).
4) Contro l’aura del concetto di scienza e di tecnica e contro l’esaltazione espressionistica del macchinismo, occorre illuminare l’altra faccia della medaglia: la narcosi operata sull’individuo, l’atrofia dell’intelligenza e della sensibilità degli individui, a cui dal piccolo schermo e dai mass media gli si dice “se non sei scienziato e medico tu non puoi confrontarti con loro, ne parlare di ciò che è giusto o meglio per far fronte alla pandemia”. In un aura di ritorno ad una pretesa neutralità della scienza e ad una esclusività della competenze del tecnico in totale esclusione della competenza del non tecnico, competente in ambito esperienziale, cioè interprete e testimone di esperienze e conoscenze vissute in proprio e sulla propria pelle, e dunque extra “cultuale” e non soggetta ad un concetto sacrale della scienza medica, che si alimenta un alone aureo e “cultuale” ristretta e partecipata solo da una elite. Mentre i nuovi mezzi di riproduzione, sia dei prodotti della scienza che dei nuovi media o mass media, comportano una forte spinta a incrinare quel carattere “cultuale” privilegiato, che generalmente ineriva lo scienziato del passato e la scienza tecnica-tecnologica tradizionali. Viceversa, rotto questo involucro “culturale”, la coscienza delle masse oggi sperimenta un impulso dialettico in grado di percepire una nuova funzione della scienza, una funzione sociale assunta grazie e tramite, appunto, lo stato di riproducibilità tecnica sia dei prodotti scientifici che dei prodotti e mezzi della comunicazione, dei social-media, dei media sociali di massa, che permette la fruizione di conoscenze e un uso sia della scienza sia dei social media che non è più riservabile a un’élite.
PER UNA EFFETTIVA DEMOCRATIZZAZIONE DELLA SCIENZA, ANCHE MEDICA, E UNA FRUIZIONE A PORTATA DI TUTTI , “PROFANA” E NON PIU’ “SACRALE”
Sicché è antiscientifico, oltre che anti democratico e antisociale, tentare di ristabilire la tesi dell’autonomia della scienza e della tecnica tanto cara al mondo borghese, che l’ha coltivata senza tuttavia rinunciare, contemporaneamente, a servirsene per distogliere l’attenzione delle masse proprio dal fondamento socio-politico della tecnica/tecnologica e delle scienze-tecniche, cioè per distogliere dalla socialità-politica della medicina o della salute o della economia politica o della comunicazione o della scienza-tecnica/giuridica della democrazia (ecc.), a cui rinviano le scienze, tutte le scienze, che danno vita all’arricchimento culturale della società, da parte delle due culture e delle scienze sia tecniche che umane.
Viceversa si tende a ridurre i cittadini lavoratori, che per Costituzione non sono “pazienti” ma sono i titolari e i padroni delle funzioni pubbliche di sanità, istruzione e servizi sociali, a dei semplici consumatori, ad oggetti di una “teoscienza” a cui si nega anche il diritto di parola e di opinione e li si invita a consumare prodotti secondo modalità di tipo “cultuale” cioè quasi “sacrale”.
Constatando il fatto che sia la tecnologia che la scienza possono essere usate per fini anche opposti – a favore delle masse o contro di esse – sia i rischi insiti nell’avvento delle nuove dei mass media, va considerato che con la capitalizzazione di tutte le forme espressive e di comunicazione, queste forme hanno tutto l’interesse ad imbrigliare mediante rappresentazioni illusionistiche della scienza e ambigue speculazioni, compresa una presunta partecipazione della masse ai riti “teoscientifici”. Considerando questo, ne discende che occorre esercitare un costante controllo sociale sulle nuove tecnologie, sulle nuove forme di produzione e di riproduzione. In una parola un controllo sociale e democratico sulla scienza, cosi come per Costituzione si deve esercitare il controllo sociale dell’economia e delle imprese finanziarie e industriali . Imprese che oltre tutto sono parte in causa e la componente principale, finanziatrice e usufruitrice delle scienza e delle ricerca scientifica, i cui finanziatori influenzano i risultati della ricerca per i propri fini e scopi, come dimostrano le ricerche, che ad es., quelle finanziate dalle aziende del tabacco o da quelle delle bibite gasate, assolvono i prodotti di chi li ha finanziati; viceversa, altre ricerche dimostrano la dannosità per la salute: cosa che non possiamo del tutto escludere nemmeno per i vaccini ….
Annullare il confine tra specialisti e non specialisti
Serve il controllo sociale e la messa in comune di ogni dato scientifico, disintegrando ogni confine definito tra specialisti e non specialisti, depositari questi ultimi della capacità di accumulo di esperienza diretta – e serve il controllo sociale di ogni disciplina scientifica che si colloca nell’ambito della medicina e della sanità pubblica come dell’epidemiologia.
Per quanto anche noi si possa essere convinti come diceva Brecht che “sarà l’uomo a modificare le macchine e non loro a modificare lui”, dobbiamo osservare che negli ultime decenni, in un clima quasi di ESALTAZIONE ESPRESSIONISTICA PER LA MACCHINA da parte della scienza medica, si è pervenuti ad avvallare la scelta della politica – interessata a ricevere quote percentuali per ogni commessa alle industrie – di concentrare nelle macchine e nelle tecnologie ospedaliere il massimo delle risorse. Distraendo le risorse da tutta quella che era la strumentazione e la concezione della prevenzione, della medicina di base e di primo livello, territoriale e sociale. Donde che proprio nella Lombardia e anche nell’Emilia, dove si sono realizzati i maggiori investimenti nelle tecnologie ospedaliere, per tutta una lunga fase la pandemia è parsa essere soprattutto una padania .
Ciò che importa è che la scienza cessi di essere concepita in termini di una quasi sacrale “inavvicinabilità”, essendo diventata del resto, come l’arte, non più opera di un singolo geniale ricercatore (come poteva essere Galileo col suo cannocchiale, o anche come il microbiologo Louis Pasteur, o Marie Curie, ecc.), ma il prodotto di ricerche che richiedono grandi capitali per investimenti, finanziamenti e per la produzione, che nell’attuale società di economia politica del capitale sono lasciate e sono opera di imprese capitaliste, in quanto, in ogni caso, la scienza e la ricerca richiedono un’organizzazione complessa che si realizza tramite quella di industrie che o guidano o si impossessano anche della ricerca delle università pubbliche che mettono a disposizione i propri laboratori per tutta la durata lunga dei tempi della ricerca. Dire che il vaccino RNA è stata inventato rapidamente in un solo anno è una barzelletta e una falsità utile solo a favorire un’aura della scienza che non esiste più, che non può più esserci, stante il suo sfaldarsi e affievolirsi sino a venire meno e il frantumarsi di ogni alone o involucro in cui era parso avvolgersi lo scienziato e ogni scoperta scientifica: un fenomeno che dissacra la scienza e nel processo di produzione e dei consumi dei suoi prodotti. Proprio come accade anche nell’arte dove il prodotto artistico perde la sua unicità svincolandosi progressivamente dalla sfera culturale.
In realtà il “prodotto” RNA si fonda su una ricerca iniziata al tempo del governo comunista in Ungheria, da una ricercatrice dell’Università di Budapest che, grazie alla completa gratuità di studi e ricerche, ha potuto dedicarsi ad una cosa che nessuno credeva fosse utile, come studiare il come si potesse creare copie di proteine spike e come poterle rendere “trasportabili” e collegabili all’interno del processo oggi detto RNA, ricercatrice ungherese che nel 1990 si trasferì negli usa e li trovo uno scienziato che lavorava per l’industria che gli aveva dato credito. Donde che anche senza essere scienziati, cosi come senza essere filosofi o senza essere artisti, tutti possono e sono in grado di conoscere la scienza, la filosofia, l’arte, di conoscerne la loro storia e i loro processi interni. Allorché va in frantumi o indietreggia il regno della apparenza(cioè l’alone del sacro che avvolge la scienza non meno dell’arte), gli oggetti e i prodotti della scienza possono arrivare ed essere alla portata di tutti, e muoversi in direzione di una fruizione di tipo profano e non più “sacrale”. Al riguardo è rilevante come indizio della crisi dell’aura, la posizione cruciale di Hegel rispetto al fondamento della sua filosofia la sua teoria dell’apparenza.
Al bando dunque l’auraticità peculiare dello scienziato tradizionale e di cui tendono ancora ad ammantarsi i “TEOSCIENZIATI” che come tali vogliono e vengono trattati da pseudo giornalisti, condizionati dalla capitalizzazione del giornalismo e dalla capitalizzazione della tecnica-tecnologica connessa alla scienza, sicché pervengono addirittura ad una asserita “scienza ufficiale”(che vogliono fare intendere essere quella della maggioranza, come se a maggioranza si può decidere ciò che è giusto o sbagliato), nonostante che per sua stessa natura la scienza non può essere mai “ufficiale”, pretendendo che sia tale quella di una maggioranza schierata contro magari una piccolissima minoranza di scienziati, che a maggioranza sostenevano che l’ETERNIT non faceva male alla salute, che i PROIETTOLI ALL’URANIO IMPOVERITO non erano causa del cancro, che l’AMIANTO non provocava tumori, ecc. (con solo pochi anche non scienziati, a dire il contrario).
Questo è l’errore gravissimo da imputare al governo Draghi e ai governi euro/atlantici – ma di cui nessuno parla – di avere preteso di far credere dal punto di vista economico che le proprie decisioni “implicitano” (verbo desueto che pero i dizionari richiamano e che indica una riflessione che non si fermi al significato “esplicitato” ma si elevi “implicitandone” il senso reale) l’impiego sostenitore della scienza, per far dare il sostegno della scienza medica alla economia politica ; dandola per oggettiva e presentando decisioni puramente politiche e del governo, come “implicitazione” di quella della scienza, con ciò “implicitando” la scienza come oggettiva e di valore conosciuto, conoscibile e indiscutibile; come fosse estranea e non “implicitata” da interessi politici, economici e finanziari, di chi ne finanzia le ricerche. Come cioè se la scienza fosse del tutto estranea alla l’’ECONOMIA POLITICA DEL CASO, per FAR CREDERE CHE L’ECONOMIA POLITICA del CAPITALE, scelta dai governi sia conseguenziale e avvallata scientificamente dalla scienza sanitaria e delle case farmaceutiche, come una cosa oggettiva, e priva di alternative.
PER FARE ALTRESI’ CREDERE CHE L’ECONOMIA POLITICA E’ OGGETTIVA e sostenuta da una TEOSCIENZA fatta passare per “ufficiale”, quando invece nel momento stesso in cui una scienza viene dichiarata “ufficiale” automaticamente diventa un ossimoro: perché non è già più scienza in quanto questa è tale solo in base alla impossibilità di pervenire ad una conclusione definitiva, è scienza solo in base alla teoria della indeterminatezza, secondo cui la realtà conoscibile si modifica continuamente, cosi che noi non possiamo riconoscerla precisamente, tanto meno come oggettiva e data sicuramente. E questo per il marxismo e per noi marxisti (che e più che essere solo comunisti) è un autentica gioia e festa, anzi addirittura una vera leccornia perché conferma che la marxiana critica dialettica o la dialettica critica marxista è la sola che porta a scoprire la verità. Infatti è passando da una critica all’altra e seguendo il movimento storico della struttura e della sovrastruttura, che MARX SCOPRE, con la critica e la dialettica critica, IL MOVIMENTO DELLA SOVRASTRUTTURA COSI COME AVEVA SCOPERTO IL PLUSVALORE NEL MOVIMENTO DELLE STRUTTURA, in forza della teoria dell’indeterminatezza, che è della scienza e del marxismo e i marxisti, scoprendo nel movimento della sovrastruttura la possibilità di nuove forme politiche e di organizzazione del potere quali delle democrazia pluralistica espresse dalla Comune parigina, non potendo accettare che l’emancipazione della classe dei produttori possa o potesse esprimersi nelle forme di governo assolutistiche o autoritarie, antidemocratiche, autocratiche e unilateralmente repressive (come sono state anche tutte quelle successive alla morte di Lenin)
L’ossimoro della pretesa auraticità della sedicente scienza “ufficiale”
5) Negli anni e per decenni, dal 1968 in poi, tutti sapevano della non neutralità della scienza, e proprio nel campo della salute e della sanità si era “scoperto” che c’è bisogno sia della competenza del tecnico che anche della competenza del non tecnico, su tale rapporto si fondava la nuova medicina preventiva della riforma sanitaria, la prima e unica grande riforma democratica della amministrazione dello stato. Perché se c’è un campo in cui non si può permettere anche solo un atrofizzarsi dell’esperienza autentica, in cui si possa fare a meno dell’esperienza e non ci si può rassicurare del progressivo impoverirsi dell’esperienza che è in corso, é proprio il campo che riguarda la medicina, la salute, la sanità e la scienza in generale.
Viceversa la pandemia sta evidenziando e portando al massimo livello quello che è stato il progressivo impoverirsi dell’esperienza, della perdita di significato delle saggezza e della cultura, della crescita dell’inintelligenza insita nel corporativismo che è proprio anche dell’economia politica del capitale finanziario, al punto che si sentono cose orripilanti, come ad es. che se non sei uno scienziato o un esperto nei campi della medicina allora non puoi parlare di pandemia, di vaccinazione e confrontarti con chi viene definito un esperto (casualmente uno dei più incazzosi “virologhi” sostenitore dei vaccini, che zittiva quelli che definiva non competenti, attaccandoli dall’alto della sua competenza che si è poi scoperto era quella di un ortopedico).
Sono cose orripilanti che riportano indietro di 50 anni la concezione della cultura, della dialettica democratica e della scienza, perché, sostengono, a confrontarsi devono essere ognuno nel proprio campo di competenza: i luminari della medicina tra loro, i giuristi con i giuristi, filosofi con i filosofi, sociologi con i sociologhi, ecc.. E con ciò che fine debbono fare i cittadini-lavoratori? “Zitti e buoni”, appunto, come era il titolo del libro del vignettista Ugo Guarino in cui si illustrava il comportamento degli scienziati della medicina nei confronti di “pazienti” oggetto di trattamenti, di metodi di costrizione, uso di strumenti medici violenti e invasivi, dove si vedevano ogni tipo di scienziato della medicina del corpo e della mente, che praticava centinaia di interventi e porcate di ogni genere e in ogni parte del corpo, tra cui, ovviamente, ma non solo i famigerati elettrochoc. (tali esplicativi disegni il sottoscritto li ha ripresi ed illustrato un fascicolo sulla sanità della CGIL Lombardia sulla Riforma sanitaria sabotata anche da medici e cosiddetti scienziati della medicina).
Si può dire che è il prodotto di una università dove si formano e non escono più intellettuali ma ignoranti specialisti in un campo e beoti e incompetenti nel restante 99% del sapere. Certo è anche questo, ma non solo. E’ il portato anche del ritorno di una ideologia propriamente reazionaria e della destra che gradualmente è stata assunta da una pseudo sinistra sempre più attratta nel campo della cultura tradizionale della destra e della borghesia codina, a partire proprio dagli anni della riforma quando si è cominciato a separare tecnica e politica. Una politica reazionaria e di destra perché voleva, come si vuole oggi, coprire che ogni decisione tecnica e ha in se una valenza politica; sono decisioni politiche assunte tecnicamente, donde che ad esempio non esiste l’economia ma l’economia politica, e cosi via in ogni campo della scienza, tanto più oggi dove il rapporto dialettico tra tecnica, tecnologia e scienza vede la tecnica e la tecnologia influenzare e decidere anche le decisioni scientifiche, che sono sempre più frutto di chi commissiona e finanzia le ricerche e che anche nei laboratori e centri di ricerca delle università sono nella stragrande maggioranza commissionati da privati, come potrebbe dirci, documentare e spiegare meglio, Domenico Chirico a proposito dell’Università di Bologna, assoggettata e penetrata dai gruppi economici, capitalistici, forse anche massoni, monopolistici e anche multinazionali.
Anche la scienza ha una storia e pertanto risente dei cambiamenti dei modi e dei mezzi di produzione e di riproduzione.
Del resto tutti sanno che da una ricerca commissionata dall’industria del tabacco risulta che il tabacco non fa male; da una commissionata dalla Coca cola risulta che le bevande gassate fanno persino e cosi via. Dov’è la libertà della scienza? Semplicemente non esiste !!! Perché non è più la scienza dello scienziato che fa scoperta da solo chiuso nel suo laboratorio e o come Galileo col suo telescopio, ma è la scienza fondata sulla complessa organizzazione del lavoro e dell’economia capitalistica, sulla enorme quantità di grandi investimenti di capitale … Per questo anche la scienza deve essere sottoposta al controllo sociale e democratico, perché anche la scienza deve essere guidata dalla scienza della partecipazione popolare, perché come anche l’iniziativa economica deve essere indirizzata ai fini sociali, come da Art.41 della Costituzione. Controllo sociale e democratico in quanto le culture e le scienze sia tecniche che sociali, sono forma di valorizzazione sociale, e dunque non può esserci controllo sociale se il confronto si esercita in modo corporativo solo tra colleghi di uno stesso campo scientifico come – roba da non credere – viene sostenuto dai mass media e come un imbecille di turno, naturalmente “di sinistra”, tale Fabio Volo non a caso conduttore del Coyote (e ti pareva..) che ad otto e mezzo, con segni di consenso della “Bilderberg” – eterna e insediata conduttrice della trasmissione -, ha sostenuto di fare come nel campo della box dove ognuno si batte con chi ha lo stesso peso corporeo, quindi la stessa categoria muscolare!!! Ammesso e non concesso che si possa assimilare il cervello ai muscoli, fuori da ogni imbecillità mass mediologica, qui si profila l’altro problema connesso al rapporto dialettico tra arte e tecnica, e tra queste e la tecnologia e scienza, e connesso allo svuotamento della funzione critica della sfera pubblica indebolita dai mass media e dalla loro omologazione e integrazione col sistema e la pratica integratrice della politica di partiti che non sono più partiti ma feudi, gruppi di potere e di interessi privati, che rifeudalizzano la sfera pubblica e alimentano le tifoserie opposte usando e abusando la riproducibilità consentita dai cambiamenti tecnologici dei mezzi di produzione e di riproduzione intervenuti .
Anche la scienza – come l’arte la cui fisionomia è l’espressione di tutte le tendenze religiose, politiche ed economiche di un’epoca – ha una storia e pertanto risente dei cambiamenti dei modi e dei mezzi di produzione e di riproduzione, mano a mano che intervengono, avendo in primo piano l’avvento delle moderne tecniche di riproduzione e di trasmissione che non soltanto modificano radicalmente la natura dell’arte, della tecnica, della scienza come dell’informazione, ma comporta anche nuove modalità si ricezione dovute alla diffusione di massa, alla sua rapidità e pervasività, cosi che anche ogni banalità o imbecillità regressiva, ogni falsità antisociale e antidemocratica e antiscientifica come quelle sopra ricordate, diventano luoghi comuni ammantati di scientificità, di valore scientifico, ed evocanti il ritorno alle corporazioni e la cancellazione di ogni interdisciplinarietà nata e germinata proprio nel campo della medicina e della sanità dove si è acquisto che nulla è possibile fare veramente per la tutela della salute se non per il tramite di una compartecipazione interdisciplinare tra le diverse competenze dalla quali non si può escludere nessuna competenza, nemmeno quella del semplice cittadino che comunque è portatore non solo di domande e di bisogni che solo a lui competono e che conosce, ma anche portatore della competenza dell’esperienze non solo individuali ma soprattutto sociali e collettive. Solo con lui e grazie a lui si può concepire come scienza l’epidemiologia, dove contano i dati e non quanto asserito dalla scienza ufficiale che già di per sé si pone come un ossimoro problema antiscientifico. Non può esistere una scienza ufficiale cosi come non può esistere una verità ufficiale soprattutto nel campo delle scienze tecniche, che a loro volta richiedono come minimo di ricorrere anche alle scienze umane e sociali.
Da Marx alla rilettura revisionista e positivista di Habermans
Lo sviluppo delle forze produttive e dei mezzi di produzione tecnologici ha distrutto i sogni e gli ideali della borghesia del secolo XIX, che – nell’ottocento – aveva dato avvio a una emancipazione della varie forme creative e di invenzione, nell’arte come nelle scienze – soprattutto nelle scienze sociali più ancora che in quelle tecniche. Invece si è voluto assolutizzarle ignorando o subordinano la rivoluzione delle scienze sociali – non diversamente da come – nel cinquecento – le scienze si erano separate dalla filosofia, originando quelle che si definiscono le due culture fomite di quella che oggi e soprattutto nelle Università é diventata la frantumazione delle scienze e delle conoscenze nei mille rivoli di un supposto specialismo o “Spez” come acutamente lo chiamava Brecht . Ebbene questo “Spez” o Spezzettamento e Spezzatino, non può applicarsi – semmai si possa applicare a qualche cosa – nel campo della salute dell’uomo, della medicina, della sanità perché uno “Spez” da solo non potrebbe ne tutelare ne tantomeno salvare la salute e la vita di alcuno.
Tralasciando l’ambizione di Luhmann tipicamente tedesca, che vorrebbe riallacciarsi a Marx esprimendo il suo interesse verso un’analisi societaria globale, riprendendo, sì, il concetto dell’unità di teoria e prassi, ma pervenendo anche ad una sistemica teoria organicistica, che nulla centra col marxismo che è una teoria organica ma non organicistica, e tralasciando anche i traditori della cosiddetta “Scuola di Francoforte”, di cui ultimo esponente Habermans che si arroga la pretesa della “ricostruzione del materialismo storico” (un po’ come Rifondazione pretende di rifondare il comunismo …), inteso come lo smontaggio di tale teoria e dei suoi componenti per poi riconnetterli in una forma evoluzionistica, quindi connessa all’evoluzionismo, positivismo e scientismo ed economicistico della socialdemocrazia tedesca e dei suoi eredi.
Una rilettura revisionistica della concezione di Marx ed Engels, in critica della storia giocata sullo sviluppo delle forze produttive, giocata sugli sviluppi e contributi della sociolinguistica e della psicanalisi e psicologia cognitiva (Piaget) e teorie della coscienza morale ma anche di quelle del famigerato funzionalismo (Parsons) e sistemiche/organicistiche di Luhman. Insomma qualcosa o qualunque cosa purché non sia più ricavata da filosofia e scienze marxologiche, ma che giocando tutto sulla teoria della comunicazione coerente con la tradizione francofortese e revisionista del marxismo, che infatti Brecht disprezzava, e sprezzantemente definiva “semi-marxismo” da tellettual.In.
Per questo non solo è legittimo che ci si avvalga della competenza dei non tecnici che poi sono quelli che hanno COMPETENZA IN AMBITO ESPERIENZALE, che misurano sulla proprio pelle e vita le conseguenze delle scelte avvallate da una pretesa “scienza ufficiale” – già di per sé un ossimoro – ma che all’avidità di dominio e possesso delle nuove tecniche e ad una esaltazione espressionistica del macchinismo, tende ad assumere – come in altro campo i “teosofi” – le sembianze di una “TEOSCIENZA”, amministrata da “ TEOSCIENZIATI” : come quelli che nella storia hanno avvallato tutto quanto all’inizio veniva denunciato come pernicioso e che poi i fatti, la storia e l’analisi e l’osservazione dei dati riportati con competenza epidemiologica dai non tecnici, da parte dei non scienziati, hanno dimostrato essere vero, ma al prezzo e sulla pelle dei tanti che hanno sofferto le conseguenze di tutto ciò che la scienza “ufficiale” e il 99 % degli scienziati assicuravano non essere dannosi per l’uomo, per l’ambiente, per la salute. Angelo Ruggeri