di MOWA
Nei libri di saggistica contemporanea si è molto spesso parlato degli “anni di piombo” 1970-80 in Italia, senza, però, mai andare (salvo rare eccezioni), a chiedere con forza ai fiancheggiatori dei terroristi (ingenui o ignoranti che siano) di dare prova di un autentico riscatto politico e di cercare di essere un minimo onesti verso coloro a cui dicevano di rivolgersi, invece di essere diventati pavide figure di un disegno costruitogli addosso, forse a loro insaputa, da chi pensavano di combattere…
Questo discorso, però, forse, vale solo per gli ingenui e non per quei “cattivi maestri” che, in quegli anni, hanno diretto consapevolmente verso la sconfitta, di quelle che avrebbero potuto diventare bellissime stagioni di cambiamenti sociali.
Cambiamenti che, molto probabilmente, se non avessimo avuto questi terroristi, avrebbero dato meno crisi economiche, un solido walfare, altri governanti e politici e, forse, progetti per un’Italia migliore, sicuramente, non un’Italia che ha un’imminente guerra alle porte. E, questo, certamente, non può essere considerato di poco conto. Anzi…
Ecco alcuni dei motivi sul perché insistiamo su quanto sia deleterio il fenomeno del terrorismo di quegli anni, terrorismo che ha dato vita a ferimenti, gambizzazioni se non, addirittura, uccisioni di personalità politiche, sindacali ecc. nel nostro paese da parte di coloro che si autodefinivano compagni e che, invece, hanno lavorato alacremente per altre forze. Fenomeno, quello del terrorismo in Italia, degli anni passati, che ha, di fatto, aiutato diverse componenti come le massonerie, le destre e l’espansionismo sionista (inteso come punta di diamante di un anomalo imperialismo) a riemergere e a prendere un ruolo primario nello scacchiere geopolitico (sia a livello nazionale che internazionale). Non sono, infatti, una novità i tentativi, aventi una regia massocapitalista, di destrutturare definitivamente l’Italia attraverso revisioni della Costituzione. Come non sono delle novità che i filo-sionisti siano diventati responsabili dei servizi segreti in Italia e che, stiano mettendo mano ai software dei dati riservati del nostro Stato.
Grandi colpe e responsabilità le hanno avute i vari capi brigatisti come Moretti, Morucci, Faranda… che si sono trincerati dietro i vari “no comment” alle domande poste dalle persone che vogliono una reale ed autentica verità su quanto accaduto in quegli anni e che, invece, per paura di essere definitivamente smascherati dai loro vecchi compari preferiscono attendere, come autentici militari, che arrivi il giorno dell’oblio da parte delle nuove generazioni. Servizievoli “dipendenti” di un potere che, intanto, gli ha già confermato segni di riconoscenza con qualche considerevole agevolazione (nonostante, gli efferati e numerosi omicidi commessi), e a dimostrazione (ma, anche, a riprova), di questa riconoscenza anche con la libertà provvisoria.
La parte incomprensibile è quella dei fiancheggiatori, ed ancora oggi non si capisce il motivo per cui tutelino i vari capi delle BR, nonostante, si sappia moltissimo delle innumerevoli equivocità sostenute da questi con il potere.
Non si capisce come possano, ancora, accettare e digerire (salvo essere irreparabilmente stupidi), le bugie sostenute dai loro vecchi capi.
Pensano, forse, questi fiancheggiatori, che la razionalità delle persone sensate possa essere messa in discussione da una ridicola fanatica esaltazione di ideali fasulli, propugnati in quegli anni (e, in alcuni casi, ancor oggi), che dipingevano il comunismo con le armi come l’unica soluzione?
Pensano, forse, questi fiancheggiatori, che quel terrorismo (delle BR) non fosse eterodiretto da varie forze?
Perché se non fosse così dovrebbero spiegare come mai i servizi segreti fossero (praticamente) a conoscenza dei covi BR (se non addirittura di proprietà) come quello in via Gradoli a Roma, giusto per citarne uno, ma potremmo parlare delle chiavi trovate nel covo stesso e che erano quelle della Villa di Manziana che era nello stesso complesso immobiliare del futuro capo del Sisde, Vincenzo Parisi. Oppure delle chiavi, trovate sempre nello stesso covo di via Gradoli, della Jaguar targata Roma H52559 del commerciante Bruno Sermoneta con negozio a ridosso del ghetto ebraico di via Arenula con retrobottega in via delle Zoccolette.
Dovrebbero, anche, spiegare, i fiancheggiatori del terrorismo, come si pongono rispetto al covo delle BR sito nel ghetto ebraico di Roma, in via Sant’Elena n. 8 interno 9, piano 3°…, oppure come motivano l’azione di depistaggio da parte dei massoni, come il colonnello Antonio Cornacchia, il generale del Sismi Giuseppe Santovito ecc. onde evitare che molte di queste informazioni venissero inoltrate a chi di dovere dando, di fatto, copertura all’azione dei brigatisti del sequestro Moro.
E poi, dovrebbero anche spiegare, i fiancheggiatori del terrorismo, della inquietante presenza di ‘ndranghetisti, gladiatori, ecc. nell’azione di uccisione della scorta e sequestro dell’onorevole Aldo Moro in via Fani, ed il fatto che i capi dei brigatisti neghino di aver condotto il parlamentare al km 47 dell’Aurelia lungo litorale e nella villa una volta del principe Odescalchi e successivamente del petroliere Paul Getty. Il “soggiorno” dell’onorevole Aldo Moro in quel preciso luogo sarebbe stato riscontrato dalle perizie della magistratura per quanto ritrovato sia nei suoi abiti sia nel lenzuolo che lo avvolgeva al momento del ritrovamento del suo cadavere.
Ci si chiede come mai le forze dell’ordine, nonostante sapessero già il 21 marzo 1978 (cinque giorni dopo il sequestro) del nascondiglio dove era prigioniero Moro non proseguirono con l’Operazione Smeraldo [1] che prevedeva l’uccisione dei brigatisti e la liberazione dell’ostaggio.
Note:
[1]
Interrogatorio del Comsubin, Decimo Garau e istruttore di Gladio, al giudice istruttore Carlo Mastelloni il 28 giugno 1991 (da “Il covo di Stato e la prigione fantasma” di Sergio Flamigni ed. Kaos, pag.198)