di MOWA
In Italia esiste un detto popolare che recita così: “Predica bene e razzola male” riferito a chi dà consigli di onestà, ma onestamente non si comporta”.
Questa massima popolare si potrebbe attribuire ad un “signore” che si auto-definisce un “comunista rivoluzionario”, e che sta in prigione in Francia con condanna definitiva all’ergastolo, e si chiama Ilich Ramirez Sanchez detto Carlos.
Carlos nel 2003 ha scritto un libro autobiografico intitolato “L’Islam révolutionnaire”, Éditions du Rocher che esprime concetti fortemente contrari ad una visione comunista delle religioni. Lui dice di essersi convertito all’Islam, perché “fossi io [Carlos ndr] a guidarli in Paradiso. La fraternità d’armi è dunque all’origine della mia conversione”. (sic!)
Questo “signore”, il 10 marzo u.s., ha rilasciato un’intervista ad un giornalista de “il Fatto Quotidiano” in cui fa trapelare alcune “indiscrezioni” sullo scacchiere politico internazionale (compreso, quindi quello Italiano) che ha dello sconcertante. [1]
A meno che non sia perseguitato dalla jella il fatto che questo “signore” spunti, come un orologio svizzero ogni qualvolta la stabilità in molti Stati è traballante, ha dello strabiliante…
Qualche esempio per capire.
1973. Carlos che si era dato al terrorismo filo-palestinese attraverso la fazione FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – l’ala “marxista” della resistenza palestinese vicina alla RAF tedesca) commise diversi assassinii in Francia anche con l’utilizzo di bombe. La reazione francese ed internazionale, nei confronti dei palestinesi, non si fece attendere, aumentarono le ritorsioni economiche verso quel popolo e l’opinione pubblica solidarizzò con gli israeliani. Conclusione? Nel 1976 da parte dell’FPLP vi fu l’espulsione di Carlos. (Jella?)
1976. Carlos che, ricordiamolo, si auto-definisce “comunista rivoluzionario” viene arrestato nel paese del comunista Tito, la Jugoslavia (jella?), dal quale riesce a scappare per rifugiarsi a Bagdad e poi recarsi ad Aden nello Yemen.
Ma come? Un “comunista rivoluzionario” scappa da un paese comunista per rifugiarsi in uno di quelli che, di lì a tre anni, farà diventare, l’amico (zerbino) degli USA, Saddam Hussein Presidente della Repubblica per, poi, rifugiarsi in un altro Stato dove nel 1974 “Una Costituzione provvisoria fu promulgata […] un nuovo governo presieduto da Muḥsin el-Ḥamdī: […] il programma stabiliva una politica di collaborazione con gli stati arabi e di non allineamento, e confermava il proposito di raggiungere l’unità dei due Yemen. [Dove il] nuovo regime si sforzò di frenare l’agitazione delle tribù del Nord, in lotta contro il potere centrale. L’uccisione (11 ottobre 1977) di Ibrāhim el-Ḥamdī, sostituito come capo dello Stato da un triumvirato militare, riportò il paese in una nuova crisi, risolta con l’elezione di Alì Abdallāh Saleh (17 luglio 1978).” [2]
Alì Abdallāh Saleh era un dittatore assolutista.
Molte altre ancora le “disgrazie” (sempre jella?) che si sono accanite contro Carlos ed il soprannome “Sciacallo” che gli fu attribuito mai fu più congeniale. Sì, perché come lo sciacallo si approfitta (o provoca) delle disgrazie altrui.
Sul caso Moro ha dato diverse versioni che si possono trovare, tranquillamente, su molti articoli giornalistici e/o libri di saggistica ma che non hanno contribuito a fare luce sulle zone d’ombra della vicenda, anzi…
Nel 2008, al giornalista Cucchiarelli, [3] Carlos rilasciò alcune dichiarazioni che non sono in linea con quelle fatte a Marco Dolcetta de “il Fatto Quotidiano” di cui sopra.
Dichiarazioni che sono servite, forse, per quell’occasione?
Nell’ultima intervista, inoltre, aggiunge, però (e incomprensibilmente), valutazioni sull’attuale situazione politica del Venezuela; paese che, in questi giorni, è sotto attacco da parte dell’imperialismo nord-americano e che sta cercando una propria strada verso la libertà dalla logica del profitto a vantaggio di pochi e per l’autodeterminazione.
Carlos, forse, voleva dare indicazioni a qualcuno?
Potrebbe anche essere.
Infatti, tra le tecniche per impiantare il caos (a vantaggio del potere) in un paese c’è la destrutturazione e manipolazione delle notizie che hanno lo stesso ed identico valore dei disordini costruiti nelle piazze durante le manifestazioni. [4]
Queste tecniche si pongono l’obiettivo di fortificare il potere oligarchico su più fronti perché, se da una parte possono raccontare una qualche verità, dall’altra, pongono dubbi (perché la fonte non è attendibile), sulle versioni ricostruite precedentemente da bravi magistrati, storici, saggisti, tanto da distruggere sin lì quanto pazientemente scoperto ed, inoltre, generano nuovi ed improvvisati alleati.
Facciamo un esempio rimanendo sul caso Moro.
Se questo Carlos (sempre jellato?) parla della presenza di un colonnello dei servizi segreti italiani durante il sequestro Moro (cosa già acclarata da altre persone precedentemente alle sue dichiarazioni) [5] si produce nel lettore distratto quel grado d’interesse che ne attira l’attenzione ottenendo lo scopo di rendere più attendibile il seguito del suo racconto. Per quello che viene definito “effetto simpatia” (impressione positiva per il riscontro nella nostra memoria di quanto affermato dal narratore ci rende famigliare l’interlocutore) il “rivoluzionario comunista” assume una posizione di tutto rispetto sulle altre dichiarazioni.
Quindi, a chi servono persone del genere?
Una cosa è sicura ai comunisti no di certo.
Se Ilich Ramirez Sanchez detto Carlos fosse vissuto nello stesso periodo del suo omologo Vladimir Il’ič Ul’janov (Lenin) avrebbe avuto filo da torcere da quest’ultimo, perché non è sufficiente ereditare un nome importante per diventare rivoluzionari comunisti ma lo si diventa nel saper usare il materialismo scientifico per essere conseguenti tanto che lo stesso Lenin condannò il terrorismo anarco-nichilistico dal vocabolario comunista annoverandolo tra i prodotti culturali della borghesia. [6]
Carlos, se si professa comunista, dovrebbe sapere che per cambiare i rapporti di forza in un paese a favore degli oppressi ci sono pratiche che non sono esenti dalla ricerca del consenso popolare che si ottiene, solo, quando si sono costruite le basi per un’egemonia culturale. Questa egemonia non la si può ottenere con pratiche che producono morte invece della vita e questo è fondamentalmente chiaro e determinante per i comunisti.
Non trovate, però, che una cosa sia veramente singolare? Benché l’imperialismo lo consideri il “pericolo numero uno”, Carlos (a dispetto della sua jella) continua imperterrito a rilasciare tranquillamente interviste a destra e a manca.