di MOWA
Siamo molto lontani dalle paure del presidente USA Dwight Eisenhower che, nel gennaio 1961, affermava: “Dobbiamo guardarci dall’influenza indiscriminata che sia o meno richiesta, esercitata dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l’ascesa disastrosa di un potere traviato esisterà e persisterà sempre. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questi poteri congiunti metta in pericolo le nostre libertà o i nostri processi democratici. Non dobbiamo dare per scontato nessun diritto. Soltanto un popolo di cittadini attenti e consapevoli può pretendere un adeguato compromesso tra l’enorme complesso militare-industriale della difesa e i metodi e gli obiettivi pacifici, in modo che la sicurezza e la libertà possano prosperare assieme”.
In Italia la riflessione del presidente statunitense venne anticipata e fatta legge prioritaria dalla nostra Costituzione con l’articolo 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alle libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”
Nonostante questo il nostro Paese, oggi, è proiettato verso l’espansionismo bellico più sfrenato. [1]
Infatti, i nostri politici “attuali” si possono permettere il lusso di “urlare” (senza ritegno e freno inibitorio) dichiarazioni sia verso l’acquisto che la vendita di armi, da e ad altri paesi, dichiarazioni che, solo qualche anno fa, si mormoravano appena per non andare a toccare quelle sensibilità contrarie alla guerra e, soprattutto, per evitare che si facessero manifestazioni su manifestazioni di disapprovazione; la preoccupazione, allora, era (per i politici che portavano acqua al mulino del capitalismo belligerante e senza scrupoli) di evitare che le forze pacifiche/pacifiste fossero capaci di bloccare quei “piani”, sapendo che portavano verso prerogative guerrafondaie e senza che l’umanità ne traesse un reale profitto anzi…
Con l’annullamento dei partiti comunisti, come il PCI, si sono istruite le nuove generazioni a non partecipare alla “cosa pubblica”, a rimanere inattive o se vogliamo sono state educate a non comprendere che le guerre sono, prima di tutto, “non portatrici di civiltà” e, in secondo luogo, elemento distorto di interpretazione della democrazia.
Questi “nuovi” rampolli della politica sono incapaci di capire che la borghesia ha diversi piani d’intervento da cui trarre il proprio profitto, piani che vanno dalla “facciata pubblica”, quella da mostrare esteriormente (ed è, solitamente, quella che decide poco) a quella nascosta (quella delle trattative sottobanco). Quest’ultima è la parte più lucrosa e meno presentabile al pubblico perché “indigeribile anche da stomaci robusti e capaci delle più assurde compromissioni”; questa sarebbe la parte che, se esternata, dovrebbe raccontare, ad esempio, di avere (benché la nostra legge lo vieti) mercenari che vanno in giro per il mondo a fare (o provocare?) guerre. [2]
La parte sottobanco è quella che decide, “sulla testa” delle regole democratiche condivise, se si deve e come si deve investire in questo o quell’altro paese… Se quel paese deve vivere o soccombere come entità.
Negli ultimi quarant’anni esempi che spiegano e che vanno in questa direzione ne abbiamo avuti una quantità industriale e vanno dalla disgregazione dell’URSS allo sterminio di intere popolazioni nell’Ucraina tramite i nazisti di Pravi Sektor, dai regimi militari dittatoriali para-fascisti del Sudamerica all’eliminazione selettiva dei dissidenti politici (presidenti eletti democraticamente inclusi), dall’occupazione di terre in Medio-oriente (es. Palestina) o Oriente (es. Vietnam) sino a foraggiare con proprie strutture (NATO in primis) movimenti terroristici che, con la scusa, oggi, della religione (ieri sostenevano che era la politica antidemocratica di alcuni partiti -sic!) portano avanti progetti di disgregazione e per nulla di civilizzazione. Anzi!
Ma chi sono, allora, gli artefici che lavorano sottobanco (come e) per l’“élite” borghese?
Sono gli stessi che modellarono, a loro uso e consumo, la geografia del globo già tre secoli fa e che fecero fare, ad esempio, la Guerra d’indipendenza Nordamericana durante la quale perirono (quasi esclusivamente) persone ignare delle pianificazioni fatte dalla massoneria su larga scala ed usate per ottenere quel fine.
Il pretesto, in quell’occasione (16 dicembre 1773), scaturì tramite i componenti della loggia massonica di St. Andrews di Boston, capeggiata da Paul Revere, con l’aggressione, da parte di persone travestite da indiani Mohawk, delle navi della Compagnia delle Indie che trasportavano tè.
La provocazione, che fu pianificata in sinergia tra la Massoneria inglese e quella dei coloni Nordamericani, (creando, di fatto, artificiosamente, le condizioni su ambo i fronti) era stata fatta per conferire il monopolio del tè alla Compagnia delle Indie.
La Guerra d’indipendenza Nordamericana, che fu condotta sui due fronti da ufficiali massoni (Edward Cornwallis, Joseph Burnham, barone de Kalb, Francis Rawdon, Joseph Clement, Richard Montgomery, John Nixon, George Washington, Hugh Mercer, David Wooster, Israel Putnam, Joseph Frye, solo per citarne alcuni), fu l’occasione per avere, praticamente, quasi tutti i futuri Presidenti degli USA della confraternita ed un modello istituzionale federale identico a quello in uso nelle logge massoniche… Sino alla carta-moneta su cui campeggiano simboli, inequivocabilmente, ascrivibili ai massoni.
Per quanto riguarda il ruolo preponderantemente insano della massoneria identica cosa avvenne durante la Rivoluzione francese o il Risorgimento italiano.
Attenzione, però, a non farsi ingannare dai proclami, apparentemente filantropici, di libertà o di eguaglianza, della massoneria che sono, in verità, di tutt’altro indirizzo tanto da avere come prima contraddizione interna quella dei gradini dell’obbedienza assoluta e non di un rapporto alla pari, perché la borghesia, come sosteneva K. Marx, non ha fatto altro che “sostituire alle antiche classi, nuove classi, nuove condizioni di oppressione”.
Quella massoneria che (strumento dell’“élite” borghese come si era già detto) non ha avuto scrupoli ad assoldare, ad esempio, (e far diventare parte integrante della sua stessa organizzazione) mafiosi del calibro di Mariano Asaro, di Mariano Agate, di Natale L’Ala (tutti della corrente vicina a Totò Riina), di Carmelo Cortese (piduista collegato al boss Angelo La Barbera e artefice dell’ingresso delle cosche siciliane nel narcotraffico in partnership con le famiglie americane), di Stefano Bontate, di Giacomo Vitale (il telefonista anonimo che minacciava Ambosoli del Banco Ambrosiano), di Gioacchino Pennino, di Salvatore Greco, di Pino Mandalari (il commercialista di Cosa Nostra affiliato alla stessa loggia Armando Diaz di Bruno Contrada, l’ex capo della squadra mobile e passato poi al SISDE [3]), di Angelo Cosentino, di Pippo Calò (implicato nelle stragi di Stato e nelle relazioni con la Banda della Magliana), di Angelo “Bronson” Siino, di Pippo Gullotti, di Rosario Cattafi (implicato nel traffico d’armi tra America, Africa e Medio Oriente in una triangolazione di produttori tra Oto Melara di La Spezia, Agusta di Varese e Breda di Milano), di Giorgio De Stefano (che insieme al fratello “Santista” Paolo incontreranno il golpista Junio Valerio Borghese).
Mafia che va a far parte della massoneria come ben descritto nella relazione della Commissione antimafia presieduta da Luciano Violante che asserisce: “Il complesso delle dichiarazioni dei collaboratori della giustizia appare, dunque, essere concordante su tre punti: intorno agli anni 1977-1979 la massoneria chiese alla commissione di Cosa Nostra di consentire l’affiliazione delle varie famiglie mafiose. Non tutti i membri della commissione accolsero positivamente l’offerta, malgrado ciò alcuni di loro e altri uomini d’onore di spicco decisero per motivi di convenienza di optare per la doppia appartenenza, ferma restando la indiscussa fedeltà ed esclusiva dipendenza da Cosa Nostra. Nell’ambito di alcuni episodi che hanno segnato la strategia della tensione nel nostro Paese, vale a dire i tentativi eversivi del 1970 e del 1974, esponenti della massoneria chiesero la collaborazione della mafia. All’interno di Cosa Nostra era diffuso il convincimento che l’adesione alla massoneria potesse risultare utile per stabilire contatti con persone appartenenti ai più svariati ambienti che potevano favorire gli uomini d’onore.” [4]
Le modalità operative le troviamo anche in altre occasioni e dovrebbero far sorgere ulteriori domande sulla veridicità di alcune affermazioni poste dai “portatori di democrazia nel mondo”… Infatti, anche, il professore di economia all’Università di Ottawa Michael Chossudovsky sosteneva che: “…Il destino del Kosovo era già stato fissato minuziosamente prima della firma dell’accordo di Dayton. La NATO si era impegnata in un insano ‘matrimonio di convenienza’ con la mafia […] e il commercio di narcotici permise a Washington e a Bonn di ‘finanziare la guerra del Kosovo’ con l’obiettivo finale di destabilizzare il governo di Belgrado e colonizzare i Balcani per intero…” [5]
Anche in Italia troviamo il tentativo di formare, non come provocazione fine a sé stessa ma come obiettivo (e… avendo perso il treno quando è stata scritta la Costituzione), da parte della massoneria, un sistema istituzionale federale.
Lo possiamo vedere in più occasioni, ad esempio partendo dall’accordo tra esponenti della massoneria nell’Office Strategic Services (OSS diventata dopo il 1947 l’attuale CIA) William Donovan, James Julius Angleton e Earl Brennan con mafiosi italo-americani come Vito Genovese, Albert Anastasia, Lucky Luciano… poi con il mafioso Salvatore Giuliano sempre nel tentativo di staccare la Sicilia dall’Italia e farla diventare uno Stato federale USA.
Negli anni ’90, a costruire varie Leghe meridionaliste (Lega pugliese, Lega marchigiana, Lega molisana, Lega del Sud, Lega degli italiani e Lega sarda) diventando la continuità dei vari tentativi eversivi di destabilizzazione dell’area geografica e annullando, nel contempo, la funzione importante che avevano i partiti come il PCI nel nostro paese, ci provarono il piduista Licio Gelli e Domenico Romeo, unitamente alla destra eversiva (Stefano Delle Chiaie in testa e Stefano Menicacci).
Oggi, in continuità con l’ipotesi federalista, troviamo vari “politici” o “ministri” di orientamento massonico che fanno (e faranno) di tutto per attuare il piano sostenuto dall’“élite” borghese, anzi, non si faranno sicuramente scrupoli nel mandare a morire (come hanno già fatto nelle varie “rivoluzioni” descritte precedentemente) persone, ignare, pur di eseguire gli ordini di scuderia.
Come non ricordare, poi, l’intreccio internazionale tra massoneria e destra reazionaria sul versante della produzione e smercio delle armi [6] [7] [8] [9].
Nel mondo, la produzione e la vendita delle armi sono aumentate come illustrato nelle schede che seguono…
Ecco, quindi, l’urgente necessità di bloccare questo processo di sudditanza e di andare, invece, verso una politica meno tesa verso gli armamenti tout court e rimettere in gioco la diplomazia a tutti i costi…
Ne va della democrazia a livello planetario.
[3]
Ansa, Giuseppe Lo Bianco, Mafia: Contrada; l’atto d’accusa, 12 aprile 1994
[4]
La Repubblica, Giuseppe D’Avanzo, E ora Cosa Nostra cerca nuove alleanze, 31 marzo 1993
[5]
Kosovo “Freedom Fighters” Financed by Organized Crime, 7/4/1997 su: cyberjournal.org