di MOWA
Mentre in questi giorni cade la ricorrenza della morte di alcuni compagni come gli studenti Claudio Varalli e Giannino Zibecchi (caduti rispettivamente il 16 e il 17 marzo 1975, il primo in un agguato per mano dei fascisti di Avanguardia Nazionale e il secondo investito da un automezzo dei carabinieri durante una manifestazione antifascista in Corso XXII Marzo a Milano), compaiono sulle pagine dei giornali le dichiarazioni di un poliziotto che, attraverso Facebook, si onora di aver partecipato all’intervento del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz di Genova ed afferma che lo rifarebbe “…mille e mille volte”.
Il fastidio che si prova nell’ascoltare le parole di quel poliziotto durante l’intervista fattagli dal giornalista della trasmissione radiofonica “la zanzara” e riprodotta, poi, su “il Fatto Quotidiano” è enorme ed appesantisce le responsabilità di chi dovrebbe essere garante delle regole stabilite dalle Istituzioni e invece le rende ancor più nebulose.
Ciò che sconcerta non sono tanto le dichiarazioni fatte dal poliziotto nell’intervista e la successiva smentita ai famigliari di Carlo Giuliani che innervosirebbero il più saldo di nervi ma il fatto che da costui venga propugnata una “straordinaria” mesticanza su quanto avvenuto (accertato dai magistrati e condannato dalla sentenza del Tribunale) con la negazione prima e l’approvazione poi degli atti commessi.
Non si vuole assolutamente pensare che tutti i poliziotti siano come lui ma qualche domanda seria su coloro che addestrano quelli che dovrebbero essere i “tutori” dell’ordine è doveroso porla per non incorrere in superficialità o ingenuità nel credere, o far credere, che costoro si autoplasmino su queste posizioni perché, se così fosse, si dovrebbe rivedere tutto l’organico delle Forze di Polizia.
Chi soffia sul fuoco della separazione netta degli organi di Polizia dal resto del paese, come se fossero un mondo a sé stante (su modello di altri paesi), non fa altro che stare al gioco della controparte che aizza questi lavoratori su falsi ideogrammi e li strumentalizza proprio come fanno i poteri forti che hanno tutto l’interesse a tenersi buoni dei lavoratori che vivono la più grossa contraddizione che ci sia in atto e, cioè, quella di stabilire da che parte stare se dalla parte degli oppressi o degli oppressori.
Fortunatamente, però, a porre rimedio a questa “idiosincrasia” c’è la nostra Costituzione che all’articolo 1, secondo comma, pone subito in chiaro chi sono i reali “padroni del paese”: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
Infatti molti interventi effettuati da poliziotti sono stati perseguiti dalla legge perché nella nostra Costituzione si mantiene vivo (e finché non ce lo cambieranno rimarrà tale) l’aspetto di avere come riferimento l’articolo 1 sia per la politica che deve (volente o nolente) mantenere in tal senso quel vincolo come fonte di ispirazione ideale, legislativa e propositiva che per i poliziotti che devono seguirlo. Inoltre, questo poliziotto, dimentica (o meglio non deve dimenticare) un altro articolo della Costituzione, il 2, che recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
Ecco il motivo per cui le affermazioni di quel poliziotto fanno male al popolo italiano che lui dice di voler difendere ma, mentre lo afferma, si avviluppa in contorsioni espositive come quella “di non aver votato questa volta a destra ma il PD” o altre strampalate auto-giustificazioni alle domande del giornalista.
Qualcuno, forse, intende far diventare la Polizia italiana una fotocopia a modello statunitense?
In quel paese vengono, continuamente, sollevate obiezioni di autoritarismo e prevaricazione delle norme umanitarie da parte delle forze dell’ordine, atti che sono, ahimè, giustificati (sic!) dagli organi politici.
Sono quotidianità le aggressioni da parte della polizia statunitense a cittadini inermi e, spesso, gonfiate a regola d’arte sul versante razziale invece di chiarire che la contrapposizione è sulle differenze di classe dove i ricchi si sono fatti un comodo nido su misura e fanno “scannare” tra di loro i poveri con stoltaggini di tipo etnico.
Provate a guardare questo filmato (non l’unico del genere nella rete internet) su come siano messi male in quel paese che non ha una Costituzione come la nostra, Costituzione che i loro governanti insieme ad altri lacchè europei stanno facendo pressioni per farci cambiare.
Le risposte auto-assolutorie del poliziotto non sono casuali ma sono frutto di quella lunghezza d’onda, costruita nel tempo da quei ricchi “signori” di cui sopra, che ci vorrebbero separati in casa per poter governare comodamente senza avere “rompimenti” di scatole a “causa” delle conquiste ottenute con fatica in questi ultimi secoli, conquiste come democrazia, parità di diritti, rispetto degli individui… Questi ricchi “signori” vorrebbero, invece, sempre giustificate la brutalità e la barbarie come mezzo per ottenere sicuramente più autoritarismo a scapito della democrazia.
Come dice bene il professor Giuseppe De Lutiis su alcune funzioni delicate dello Stato “non esistono servizi segreti deviati ma deviazione dei servizi”.
Ecco, allora, di nuovo, come sia importante porre la domanda.
Quali possono essere quelle persone in carne ed ossa che mettono in atto queste operazioni se non coloro che stanno al vertice come dirigenti, funzionari ed istruttori? Costoro non stanno, forse, nel mezzo di tutto ciò?
I politici (proni alfieri dei ricchi) non sono, forse, responsabili di quell’autoritarismo anti-democratico a cui stiamo andando sempre più incontro?
Le regole d’ingaggio più chiare negli interventi, chieste dal poliziotto della Diaz (che apprendiamo essere stato al momento sospeso ma, vista la gravità delle cose sostenute, sarebbe opportuno per la comunità estrometterlo definitivamente sapendo che andrà a riempire quella platea di body-guard delle tante – troppe – organizzazioni private) non sono quelle che possiamo, anche, in parte condividere perché monche della cultura insita dentro la nostra Costituzione di cui si diceva prima.
Quel poliziotto, è come molti altri che si definiscono italiani ma che non rispettano i dettati della Costituzione nata dalla Resistenza e che, infatti, sono politicamente di destra. Una destra che vuole il presidenzialismo come forma più consona al principio autoritario e meno propensa ad allargare la democrazia che si basa sull’allargamento della partecipazione alla cosa pubblica… Pubblica, appunto!
Concetto non difficile da comprendere per chiunque ma che, però, mette l’argine di chiarezza su dove stiano gli antidemocratici.
Quando uno chiede di concentrare le decisioni in mano a pochi non si può definirlo democratico perché ciò stride con i principi inviolabili della nostra Costituzione.
Quindi, quella definizione del poliziotto sull’essere italiano e di “di non aver votato questa volta a destra ma il PD” si misura su cosa?
Di cosa sta parlando?
L’unica cosa certa è che non è il poliziotto ad aver cambiato posizione politica ma il PD ad aver fatto un ulteriore slittamento dalla sua parte e le dichiarazioni di sudditanza di Renzi (non diplomatica ma organica) alla Georgetown University di Washington ne sono la riprova.