di MOWA
“Legge 26.
Preservate pulite le vostre mani.
Mostratevi come un modello di civiltà e di efficienza: le vostre mani non devono mai apparire macchiate da errori o impegnate in azioni riprovevoli. Occorre mantenere questa apparente superiorità utilizzando gli altri come inconsapevoli pedine e schermo per celare il proprio coinvolgimento personale.”“Legge 48
Spogliatevi di qualunque forma.
Assumendo una forma, rendendo visibile il vostro piano, vi esponete agli attacchi esterni. Anziché darvi una fisionomia che permetta al vostro nemico di afferrarvi, mantenetevi flessibili e in movimento. Accettate il fatto che nulla è certo e nessuna legge è immutabile. Il miglior modo di proteggervi è essere fluidi e privi di una forma propria come l’acqua; non scommettete mai sulla stabilità o su un ordine duraturo. Tutto cambia.”Da “Le 48 leggi del potere” di R. Greene
In alcuni precedenti post avevamo parlato di come il “potere” borghese sia in grado di mistificare i fatti e “appioppare” le proprie responsabilità ad altri, come sia cinico nel coinvolgere, anche, figure istituzionali, solo, perché vuole rimanere al proprio posto, come sia un attento osservatore della società e manifesti tanta perspicace inventiva nel creare nuovi soggetti che gli diano modo di sviare le attenzioni su di sé; ma, soprattutto, come questo “potere” eserciti sulle persone tanta influenza e riesca a condurla dove vuole.
Oggigiorno, questo predominio culturale lo dobbiamo, in particolare ai mezzi d’informazione, dai semplici media (quotidiani, televisioni, radio, internet, ecc.) che assolvono la funzione di tenere accesa giornalmente – ora dopo ora – la fiammella della persuasione sino ai libri che consolidano come un punteruolo la fermezza della convinzione. Libri che, di sovente, sono il primo canale di diffusione di un pensiero che, spesso, viene fatto passare subdolamente dalla scuola. Quante volte, a scuola, abbiamo letto poesie di D’Annunzio decontestualizzandolo dal chi fosse realmente e quali danni arrecò agli italiani (e non solo)?
Infatti, non furono, nel tempo, casuali le attenzioni di alcuni centri di “potere” su quanto veniva trasmesso nella società tanto che, in taluni casi furono costruite scuole (private) ad hoc per élite creando così un, ulteriore divario tra chi deve stare sopra e chi sotto.
Nel mondo, le scuole per élite, con queste caratteristiche, sono tante e sarebbe noioso elencarle tutte. Basta puntare lo sguardo sul sistema scolastico statunitense e su come il “potere” borghese fortifichi le scuole per élite e si penalizzino, invece, quelle pubbliche… Perché se il “potere” dovesse avere di fronte più soggetti capaci di pensare con la propria testa, capaci di organizzarsi perché hanno compreso come e quali siano i meccanismi d’imbroglio in cui si sono, loro malgrado, imbattuti e, soprattutto, il fatto che non sono liberi come gli hanno fatto credere sino ad ora, capite che sarebbero, subito, giudicati come una minaccia reale per l’ordine costituito (borghese); ed ecco, allora, il motivo per cui il “potere” si è organizzato preventivamente (distruggendo la scuola pubblica….) pur di avere dei futuri cittadini docili e consenzienti al “perpetuarsi” della logica capitalistica piuttosto che avere dei potenziali “sovversivi” che mettano in discussione tutto.
La geniale pensata della classe dominante per accompagnare questi potenziali “sovversivi” verso la “testa china” e con la dignità spezzata fu quello delle scuole “differenziate” dove i ricchi stavano (stanno) con i ricchi ed i poveri con i loro pari.
Il “potere” borghese, però, non si limitò alla sola scuola ma inventò soggetti politici che trasfondessero nei meandri più lontani della società il suo credo come i militari, le forze dell’ordine, la malavita e alcune figure borderline come companatico.
Scelsero i due estremi, da una parte, le forze militari e dell’ordine perché hanno nei loro regolamenti una disciplina che vieta assolutamente il dialogo o la critica verso gli ordini impartiti con pene che vanno dalla consegna al carcere; dall’altra i malavitosi perché, anch’essi, non possono criticare o disattendere gli ordini impartiti dall’alto, pena per chi non si attiene: la morte.
Nella società esistono figure, poi, che sono degli ibridi, i cosiddetti borderline, cioè tutti coloro che vengono considerati dalla psichiatria come soggetti al limite tra normalità e psicosi, figure che, nella distorsione delle loro idee, si mescolano ad altre culture per commettere o far commettere azioni “contrarie” ai propri ideali autoassolvendosi, poi, con le tipiche frasi: “per ragioni superiori”, “causa di forza maggiore” o, peggio, ancora per “ragion di Stato”.
Tutte “fregnacce” che non possono giustificare assolutamente le bombe sui treni o nelle banche, la gambizzazione o l’uccisione di persone ed altre nefandezze di questo genere, ma che, purtroppo, il nostro (ma non l’unico) Paese ha vissuto in prima persona ad opera di loschi figuri che vanno in contro-tendenza rispetto alla nostra legislazione basata sulla nostra Costituzione che nacque sulle ceneri di periodi oscuri e con l’intento di debellare tanta bruttura culturale.
Quante volte il “potere” borghese ha usato, finanziandoli, esaltati e/o disadattati sociali per far commettere azioni riprovevoli?
Quante volte il “potere” borghese ha strumentalmente sollecitato culture estremiste per, poi, attaccarle sull’altro versante, quello della repressione rivolta, però, a tutti?
La strategia della tensione usata negli anni ’20 (durante il “biennio rosso”) e ’70 in Italia (ed abbondantemente in tutti gli altri paesi del globo) non è, forse, la prova tangibile di tutto ciò?
Probabilmente qualcuno ribatterà che sono esagerazioni, ma se compariamo le informazioni documentatissime citate nei libri-inchiesta di Giovanni Fasanella e Antonella Grippo “1915”, di Carlo D’Adamo, “Chi ha ammazzato l’agente Iozzino? Lo Stato in via Fani“, di Stefania Limiti e Sandro Provvisionato, “Caso Moro – Complici – Il patto segreto tra DC e BR”, con i fatti accaduti, anche recentemente, si possono trarre delle conclusioni precise e mettere, finalmente, in luce episodi scomodi al “potere” borghese ma utili alla comprensione degli oppressi; tutto questo è ben sintetizzato ne “Legge 8. Fate sì che gli altri vengano a voi, usando un’esca se necessario” de “Le 48 leggi del potere” di R. Greene dove si sostiene che:
“Quando forzate le altre persone ad agire, siete voi ad avere il controllo. E’ sempre meglio far venire a voi l’avversario inducendolo ad abbandonare i suoi piani strada facendo: adescatelo con promesse allettanti, quindi attaccatelo. Siete voi a possedere le carte e a condurre il gioco.”
2 Comments
Non sono d’accordo, non tanto con le affermazioni del contributo, ma su quello che tace, permettendo una lettura a mio parere sviante. Che le classi dominanti riaggiornino continuamente un’idelogia ufficiale sempre a loro favore, mi sembra fuor di dubbio. Che approfittino di ogni errore di chi si ribella per sconfiggere l’oppositore, anche questo non mi sembra molto discutibile. Ma se ci si ferma qui, si torna all’adesione sentimentale all’anarchismo e al ribellismo sempre e comunque, a prima delle riflessioni di Gramsci sull’egemonia culturale e sulla funzione organizzatrice ed educatrice del Partito Comunista. Gramsci a un certo punto osserrva (cito a memoria e mi scuso per le imprecisioni ed gli eventuali errori) che ogni ordine costituito fronteggia due tipi di oppositori: quelli “regressivi”, che sono legati a modi di produzione precedenti o comunque più incivili, e quelli “progessivi”, che si battono per un ordine sociale più giusto, più civile, anche più efficiente ecc. La funzione del PC è organizzare questi ultimi, renderli pienamente consapevoli della loro funzione storica e, in quale caso molto fortunato, portare anche qualche ribelle “regressivo” a comprendere l’assurdità della sua lotta e a unirsi ai “progressivi”. Se però non si fa questa distinzione, si rischia di dover fare delle acrobazie intellettuali per dimostrare ogni volta che dietro ogni ribelle “sbagliato” c’è sempre la provocazione di qualche oscura forza nemica. A volte è così, a volte no: purtroppo, c’è anche chi fa il gioco della reazione spontaneamente, in buona fede, con grande impegno personale e senza fini di lucro.
Le cose che vorrei capire da Giovanni Talpone sono: l’ideologia del ribellismo è interna o esterna alle variabili ideologiche che il sistema capitalistico ti consente di praticare?
Questa ideologia dev’essere combatttuta o alimentata?
Il ruolo sociale del ribelle è funzionale alla causa del proletariato e del Comunismo?
La buona fede esiste per il singolo certamente ma non in gruppi organizzati dove lo scontro per l’egemonia tra comunisti e capitalisti è totale.
Nella risposta di Talpone non è chiaro a chi si riferisce quando parla di possibili compagni che sbagliano in buona fede.
Dopo quello che si è visto e letto sull’eversione in Italia essere ancora fermi a “né con lo Stato né con le BR” vuol dire coprire sempre chi sbaglia, partendo sempre da individui isolati, mentre occorre parlare della loro funzione sociale. Tra lo Stato e le BR, chi era progressivo? Visto che il nostro Stato era democratico e nato dalla Resistenza? E poi chi è il Cesare o il Napoleone I con cui allearsi? Visto che citi Gramsci e i suoi scritti sul cesarismo.
Il testo di MOWA mi sembra invece che colga bene il ruolo sociale del terrorismo e oggi possiamo dire senza scomodare Lenin del Che fare, perché ci basta vedere come certi movimenti in Europa dell’Est, a Genova nel 2001, nel Nord Africa, come l’Isis e similari, siano la lunga mano destabilizzante dell’imperialismo.
Il cerchiobottismo è un pessima pratica politica che aiuta solo i nostri avversari a nascondersi meglio.
Saluti comunisti
Andrea Montella
Sezione comunista Gramsci-Berlinguer di Pisa