di MOWA
Con la decisione referendaria del NO, la Danimarca ha messo in forte difficoltà l’Unione Europea. Il referendum doveva decidere se la Danimarca dovesse rinunciare ad alcune prerogative riguardanti gli affari interni (ed altro) a favore della UE abbandonando alcuni opt out sulla sicurezza ovvero l’Europol (l’Ufficio di Polizia della Ue).
Il referendum ha visto protagonista il 72% dei danesi aventi diritto di voto che si è espresso per il “No Camp” il 53,1%, e per il “Yes Camp” 46,9%.
Una Danimarca che si è presentata al voto con una destra filo-europeista (ma sarebbe corretto dire appiattita sulle richieste dei poteri forti espressi dai banchieri) e una parte della “sinistra” in sintonia – inconsapevolmente? – con i desideri di un volere borghese reazionario e razzista filo-britannico. Entrambi gli schieramenti portano a un isolamento proletario anziché al richiamarsi a valori di solidarietà e di comunanza per uscire dalla crisi provocata da politiche che separano, come un bisturi, gli uni dagli altri e che, invece, dovrebbero pretendere di unirsi, come un sol soggetto di classe, contro le ingiustizie e le disparità sociali perpetrate dal grande capitale.
Invece, tutti sono proiettati verso una politica centrifuga che disperde nel vento il concetto di unione verso un possibile Eurocomunismo come valore di lotta per portare il Comunismo in Europa e che dovrebbe agganciarsi all’avere una Costituzione sociale (sul modello italiano) al posto degli attuali trattati di Maastricht o di Lisbona.
Impresa difficile, oggi, a fronte di una borghesia all’attacco e un proletariato in evidente difesa e, praticamente, quasi privo di un reale soggetto capace di coordinarlo e lanciare parole d’ordine capaci di unire come è avvenuto due secoli fa in un clima di altrettanta crisi economica e di disseminate guerre imperialistiche.
Una “sinistra” che non riesce a evidenziare le contraddizioni del capitale finanziario e che si limita a guardare il dito che punta la luna perdendo di vista l’avversario di classe che, nel frattempo, compra, sottocosto, pezzi dei gioielli strategici degli Stati per spremerli e rivenderli alla collettività, una volta spolpati.
Una borghesia che ci canzona con le sue divisioni geopolitiche e fa affari d’oro “alla faccia nostra”. Una borghesia che è stata capace di fuorviarci da autentici valori con altri (decisamente fasulli) che ci vengono presentati come reali come (ad esempio) l’identificare nelle dinamiche partitiche o di movimento degli schieramenti contrapposti se sia meglio l’uno o l’altro o, peggio ancora, tizio o caio, ma pur sempre inconcludente alle necessità contingenti degli oppressi che non sono in grado di capire che, tutto ciò, sia un gioco voluto e preteso dal grande capitale. Ci si è dimenticati di quali siano gli elementi divisori tra ricchi e poveri che partono dall’espropriazione di quota del plusvalore sino ad arrivare al controllo e alla distribuzione della ricchezza prodotta superando il criterio stesso di salario verso un tempo di lavoro come parametro di riferimento… L’esatto contrario di ciò che avviene oggi con il salario (accettandolo come reale risultato economico di produzione) per assuefazione e asservimento alla logica del capitale.
Così anche in Danimarca ci si divide su valori discutibili di solidarietà che lasciano spazio ad altre divisioni in Europa e, addirittura, ci esaltano al punto di cantare vittoria come la storia dell’usignolo nella gabbia dorata che isolato da tutto e da tutti emanava dolci melodie ma, pur sempre, in un recinto voluto e desiderato da altri.
Si uniscano le voci dei lavoratori dietro le organizzazioni sindacali e i partiti comunisti europei per chiedere che vengano parificati i diritti ed i valori iniziando tatticamente da uno stipendio uguale in tutti gli stati membri della UE e che l’operaio polacco, bulgaro, spagnolo, portoghese abbia l’equivalente di quello tedesco, belga e così via; che si estendano le stesse richieste su un versante più ampio invece di soffermarci al bruscolino impigliatosi nell’occhio. Forse, dopo, capiremo l’importanza del significato di comunismo ed il perché ci si distanzia da soluzioni posticce socialdemocratiche o para-peroniste che dir si voglia che equivalgono ad un freno a mano regalato dalla borghesia al proletariato.
E se troviamo qualcuno che ha l’intento di tirare il freno a mano insegniamogli a cambiare strategia perché siamo stanchi di trovarci in mezzo, oltre a crisi economiche, a guerre espansive decise da chi fa soldi sulla nostra pelle…