di MOWA
Se prima qualcuno avesse dubbi sul coinvolgimento delle potenze imperialiste nelle guerre per accaparrarsi il petrolio, dovrà ricredersi dell’errore di valutazione. Infatti, a causa di un “disguido” di oltre 3.000 mail (sotto il filmato della notizia riportata dai canali televisivi statunitensi) di Hillary Clinton, il 31 dicembre scorso dal Dipartimento di Stato, per effetto di un ordine del Tribunale, sono stati resi pubblici i contenuti da cui si rilevano (rivelano) le vere ragioni dell’attacco portato a Gheddafi nel 2011 da parte dei “democratici” Sarkozy e Blair in complicità con la NATO.
Altro che “primavere arabe” sbandierate dagli sciocchi cortigiani dell’imperialismo!
Quindi, finalmente, in quelle 3.000 mail vengono svelate (e non sono solo ipotesi questa volta!) le ragioni autentiche della morte di tantissimi poveri innocenti e del disastro politico provocato in aree geografiche del globo ricche di petrolio (la Libia è il maggior paese produttore africano) – disastro politico che ha assestato, purtroppo, di riflesso un brutto colpo (per mano degli “alleati” inglesi e francesi) all’economia italiana.
Con quell’intervento militare le responsabilità (o meglio l’irresponsabilità) dei nostri politici sono state enormi, infatti in questo modo hanno mandato in “fumo” gli accordi italiani (Agip) con il Governo libico (Concessione 82) del 1959, oltre a quelli del 1966 (Concessione 100), che prevedevano, la ‘Formula Matteì stipula un ‘joint venture agreement‘ con l’azienda di stato libica, “National Oil Corporation (Noc), la cessione del 50% di tutti i suoi diritti e obblighi relativi alle due Concessioni 82 e 100.” Diventati, poi, per l’ENI, sino al 2011, i due terzi delle concessioni petrolifere libiche.
Le politiche e i buoni risultati ottenuti da Mattei in campo petrolifero per l’Italia, vennero già contrastate, oltre che dalle c.d. “7 sorelle” – British Petroleum e Shell, comprese – anche da diversi giornalisti filo-anglofili come Indro Montanelli che tentò, sulle pagine del Corriere della Sera, di ridicolizzarlo (scrivendo diversi articoli) per aver ottenuto il “75-25”, corrispondente al 75% dei profitti al paese produttore del petrolio ed il 25% all’ENI, ottenuto dagli accordi con il Medio Oriente. Articoli che “stranamente” iniziarono ad essere pubblicati, insistentemente e in quello del 14 luglio 1962 dal titolo “Dal petrolio al metano” Mattei veniva criticato in sintonia con i poteri forti (dopo che Mattei ottenne accordi vantaggiosi per l’Italia e la stessa Europa con le riserve di petrolio russo) e, incredibilmente, a pochi mesi dall’esplosione in volo dell’aereo, che trasportava Mattei, nei pressi del paese di Bascapè (27 ottobre 1962).
Significative sono state le posizioni emerse nei dispacci segreti (inerenti il petrolio) degli archivi britannici del Foreign Office che testimoniano la preoccupazione per i risultati ottenuti dall’italiano sul fronte energetico. Alcuni esempi per comprendere quanto fosse “scomoda” la figura di Mattei per i poteri forti:
Fo 371/113125 (del 1954), Sir Ashley Clarke, sosteneva che:
“Allo scopo di sviluppare queste grandi riserve, il governo italiano ha creato l’anno scorso un ente parastatale, l’ENI. […] È un ente autonomo e gode di poteri finanziari al di fuori del controllo del parlamento, in pratica, il suo sviluppo è stato ampiamente determinato dal dinamismo e dalla forte personalità del suo presidente, Enrico Mattei” [1]
Oppure:
Fo 371/163741 (15 agosto 1962) del Ministero dell’Energia:
“L’ENI sta diventando una crescente minaccia agli interessi britannici”
“si sviluppa in molte parti del mondo nell’infondere una sfiducia latente nei confronti delle compagnie petrolifere occidentali. L’ENI incoraggia inoltre l’autarchia petrolifera a scapito degli investimenti e degli scambi” [1]
Allegato al documento del Ministero dell’Energia vi era un memorandum che puntualizzava gli sviluppi dell’accordo tra ENI ed URSS:
“…utilizzi con maggior frequenza il petrolio sovietico, provocando così il crollo dei prezzi e una serie di difficoltà politiche. Le strategie dell’ente hanno già provocato problemi ai partner dell’Italia nella Nato e nella Cee, ed è probabile che le grane possano moltiplicarsi”
“Se l’ENI riuscisse anche parzialmente a sostituire l’attuale sistema di transazione del petrolio basato sulla libera impresa con una serie di accordi diretti tra le compagnie statali, le conseguenze sull’industria petrolifera britannica, di gran lunga il nostro maggior investimento all’estero, sarebbero estremamente negative.” [1]
Contrastare, quindi, la politica dell’“oro nero” era elemento antico, sfociato, già ai tempi di Mattei, con l’imperialismo anglo-francese.
Se da una parte Mattei, con l’ENI, era riuscito ad adottare la politica di accordi dignitosi con i paesi detentori di materie energetiche favorendo, così, un reale sviluppo armonico di quello Stato, dall’altra, le restanti compagnie estrattive, non abbandonarono la loro cultura coloniale che prevedeva sempre il tentativo di ricavare una ingiustificata supremazia a scapito di tutti gli altri.
Oggi, come allora, i protagonisti, sul versante delle fonti energetiche, sono sempre gli stessi: i massoborghesi.
Bisognerebbe ricordare l’ostracismo alle politiche di nazionalizzazione del petrolio o per la circolazione del redditizio “oro nero”, dei “soliti noti” (Gran Bretagna, USA…), arrivando, persino, a pianificare l’eliminazione fisica di soggetti non allineati ai loro interessi o a progettare colpi di Stato contro capi di governo democratici, come nel caso di Mohammad Mossadeq, in Iran, con l’“Operazione Ajax” (avvenuta nel 1953). Oppure, della nazionalizzazione, in Egitto nel 1956, del Canale di Suez da parte di Nasser dove l’imperialismo anglo-francese (e israeliano) intervenne militarmente.
Tutto ciò, alla faccia dei trattati di autodeterminazione dei popoli previsti dall’ONU.
Non dite ora, dopo le oltre 3.000 mail di Hillary Clinton, che le varie guerre nei paraggi della Russia non sono, come da 200 anni a questa parte, costruite ad arte per impossessarsi del prezioso “oro nero” proprio come provarono già i nazisti nel giugno del 1941 quando invasero l’ex URSS per lo stesso, identico, motivo: il petrolio.
I Nazisti, badate bene, sono stati finanziati da banchieri di origini ebree come nel caso del massone “Hjalmar Schacht che diventò consigliere finanziario, nonché presidente della Reichsbank, del Führer [e] che fondò a Basilea, nel 1930, la Banca dei Regolamenti Nazionali … fece affari con l’uomo dei Rothschild, Max Warburg (anch’esso ebreo)” e che avrebbero dovuto contrastare la politica di questi disgraziati soggetti. Ed invece…
Se qualcuno avesse, ancora, dubbi su come si destabilizza un Paese può leggere le ammissioni di uno dei protagonisti delle c.d. “primavere arabe” che svela una verità tutt’altro che genuina. Infatti, nella sua intervista, sul Corriere della Sera, del 17 febbraio 2011, vengono a galla verità scomode ai potenti perché spiegava come (loro) “cattivi maestri” hanno “usato” giovani in buona fede e di belle speranze che, invece, in realtà lavoravano per l’imperialismo:
“Quei ragazzi egiziani, le loro riunioni underground, i tanti leader senza quasi nessun volto…”
“…Abbracciare i soldati, blandire i media: la piazza egiziana era istruita, e s’è visto. Eppure, non è la prima volta che di quelli di Otpor (e dei gruppi nati da loro) si parla. Tirati in ballo per tutte le rivoluzioni, quella arancione in Ucraina, quella «delle rose» in Georgia, perfino quella verde in Iran: dappertutto, dove compariva un pugno nelle piazze, venivano evocati, quasi fossero una Spectre finanziata dalla Cia. Dei loro soldi, a Belgrado s’ è parlato dall’ inizio. Milioni fluirono per certo dall’America e da ricche Ong come quella di Soros. Popovic non nega: «L’Ue agli Usa ci aiutarono. Milosevic ha cercato di dipingerci come traditori al soldo dell’Ovest, ma avevamo un simbolo comunista e facce pulite, loro erano burocrati grigi: non funzionò». Il decalogo belgradese? Gli aiuti esterni vanno coltivati. «Ma tenete i diplomatici stranieri fuori dalle decisioni, se volete aver successo: le tecnologie e i consiglieri invece servono». Insomma, i governi stranieri hanno interessi, non amici. «Le uniche rivoluzioni di successo sono quelle nate a casa, e guidate dalla gente del posto». E poi, ci tiene a precisare, i serbi in questi eventi egiziani hanno avuto un ruolo «piccolissimo». Una volta per uno. «Questo è il loro show».”
NOTE:
[1] dal libro di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella “Colonia Italia – giornali, radio e tv: così gli inglesi ci controllano” ed. Chiarelettere
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