di MOWA
Quando le trasmissioni televisive diventano dei veri e propri supporter dei Governi vuol dire che la libertà ce la siamo giocata definitivamente.
Sono tramontati i tempi in cui c’erano giornalisti che, per dignità personale e professionale, avevano la forza/il coraggio di chiedere, ai potenti di turno, cose scomode e che il potere non avrebbe voluto sentire. Giornalisti retti che, con il passare del tempo, venivano gratificati, come persone intellettualmente oneste, dall’opinione pubblica.
Da oltre 30anni assistiamo, quotidianamente, a programmi televisivi che sono un misto tra talk-show e informazione ma che, in realtà, non sono né l’uno né l’altro, ma solo tanti riempitivi di panzanate camuffate da democratiche trasmissioni che tutto hanno fuorché l’essere l’onesto lavoro del dare un supporto per la formazione dell’opinione dei telespettatori.
La televisione è stata, ormai, trasformata da strumento di comunicazione a strumento di dissuasione o se volete persuasione (“Tecnica pubblicitaria o propagandistica che cerca di raggiungere il proprio scopo agendo, mediante stimoli subliminali, sul subconscio del consumatore o del destinatario” – dall’enciclopedia Treccani).
Hanno studiato e ci hanno convinto della giustezza dell’analisi che la pubblicità contenuta nei programmi dei bambini faccia loro del male ma, si sono dimenticati (volutamente?) di dire anche di quanto sia dannosa, per un paese democratico, la cattiva informazione. Di quanto, nel tempo, un’informazione-disinformante possa creare mostri senz’anima pronti a reazioni incontenibili.
Abbiamo talk-show a cui vengono invitate regolarmente le solite “personalità” come Lamberto Dini (che rammento, ogni mese “incassa 18 mila euro da Bankitalia, 7000 dall’Inps e 19.054 dal Senato”), Elsa Fornero (e dei suoi finti ripensamenti ne parlano le cronache), Giuliano Cazzola (una storica banderuola, continuatore della linea dei tagli ai pensionati), Alan Friedman (che parla della giustezza della politica restrittiva del nostro governo e non parla del suo paese nativo dove si muore – senza eufemismi – perché privi di garanzie sociali, paese ci ha imposto imperialisticamente, attraverso il FMI, regole liberiste)… e, novità dell’ultima puntata di Ballarò (del 1° marzo 2016), una moltitudine di cittadini che, contrariamente ai pronunciamenti di Giannini che dallo studio, all’inizio trasmissione, sosteneva “cercheremo di farne parlare il più possibile”, non hanno potuto parlare dei loro problemi perché ascoltati solo per pochissimi secondi e in tardissima serata. Dulcis in fundo, inoltre (e che più ha disgustato di quel tipo di “servizio pubblico”) mentre un 31enne stava affermando, in quella manciata di secondi, che non era favorevole alla lotta generazionale ma anzi…, la regia toglieva l’audio e la parola tornava allo studio dove venivano pronunciate banalità ben lontane dall’essere risposte per la risoluzione dei problemi comuni.
Come si fa ad ascoltare e invitare in televisione un Lamberto Dini corresponsabile del disastro pensionistico quando costui ne ha beneficiato, ne beneficia tutt’ oggi, ma si permette di usare parole di sacrifici nei confronti di altri lavoratori onesti che non hanno avuto la possibilità di dire granché con quel mezzo pubblico?
In realtà, quei lavoratori, non sono proprio riusciti a dire nulla visti i pochi secondi concessi loro a fronte delle decine e decine di minuti degli altri.
Tra l’altro ciò che aggrava l’offesa alla democrazia (ed alla Costituzione che parla di popolo sovrano) è che il pubblico, non ascoltato e in collegamento da Milano, fosse formato proprio da persone che stanno subendo le angherie delle varie leggi sulle pensioni, sul mondo del lavoro, sul precariato compresi i pasticci con gli esodati che erano in attesa di poter dire la loro da prima che iniziasse la trasmissione e a cui, invece, è stata concessa, solo, una insufficiente frazione di secondi, sui giovani, il 31enne che è intervenuto non ha potuto concludere il ragionamento che, da quel poco che si è potuto ascoltare, sembrava sensato. Forse è stato cassato dalla regia perché non in linea con la scaletta del governo e quindi per questo andava censurato? Sicuramente è stato così, visto che il conduttore, Giannini (molto diverso nei toni e negli argomenti da quando veniva solo invitato come “la Repubblica” a quella stessa trasmissione condotta da Floris), confermava il nostro dubbio sostenendo che questa è una “lotta generazionale”.
La paura di vedere lo “spettro” di un fronte compatto di giovani, anziani, lavoratori, studenti, uomini, donne… spaventa più di ogni altra cosa i poteri forti ma, soprattutto, spaventa che le persone comprendano, attraverso le televisioni il messaggio dell’importanza di un’unione organizzata, perché sarebbe la fine di politiche errate (come stava dicendo quel 31enne) e se da qui dovesse rinascere quella forza travolgente che ha saputo cambiare le sorti del nostro mondo, come era il PCI, forse, di giornalisti così ne vedremmo decisamente meno. Molto meno.