di MOWA
Come essere definita la scelta di Alessandro Sallusti, direttore de “il Giornale”, di pubblicare (in 8 volumi), insieme al quotidiano, la Storia del Terzo Reich di William Shirer e con il primo di regalare il testo originale del Mein Kampf di Adolf Hiter?
Trovata pubblicitaria per rilanciare l’editoria del quotidiano in crisi?
Oppure.
Sdoganamento di un periodo storico avverso all’umanità facendolo passare per ricerca storica?
O ancora.
Apologia e istigazione all’odio razziale?
Qualche domanda sul perché di quella linea editoriale de “il Giornale” in tempi così incerti, bisognerà pur porsela, specie con un’area geografica europea che vede il proliferarsi di camice brune. Tutto ciò, per evitare di passare per indifferenti o, peggio ancora, correi di cotanta nefanda scelta.
Che il direttore sia incline a fare delle provocazioni è cosa nota, che sia stato condannato in via definitiva per le sue scelte ideologiche anche, ma che ora arrivi ad “istigare” all’odio razziale questo, poi, no! D’altronde la cocciutaggine del direttore (proverbialmente significativa) si può racchiudere nell’affermazione fatta dopo la condanna definitiva: “…Mi rifiuto di essere rieducato da qualcuno…” presupponendo, probabilmente, che il mondo gli si accanisca contro e che lui, invece, sia, (ahinoi!), dalla parte del giusto.
Atteggiamento, sicuramente, molto artefatto quello del direttore che vorrebbe, forse, accattivarsi ulteriori simpatie sia da parte della proprietà, (Paolo Berlusconi che non ha rifiutato la scelta e questo dovrebbe farci riflettere sull’uso dei dipendenti da parte dei padroni), che da parte dell’elettorato di destra, il tutto “a prescindere” (diceva il comico Totò) dalla ricaduta della sua azione nel nostro paese. Qui, però, non c’è nulla di comico, anzi, c’è di che piangere e preoccuparsi.
Notizie rincuoranti, invece, arrivano dai lavoratori delle edicole che hanno una forte sensibilità ed, in linea con la nostra Costituzione nata dalla Resistenza al nazi-fascismo, si sono presi (perdendo un sudato guadagno economico) la responsabilità di rifiutare la vendita del libraccio di Adolf Hitler.
L’ignoranza del direttore, però, ne richiama altrettanta e, anche di peggiore, infatti, il condannato in via definitiva direttore non si è preso (o meglio, voluto prendersi) la briga di collocare il nazismo nel ruolo storico di deterrente dell’insorgere delle rivoluzioni socialiste-comuniste nel mondo (URSS in primis) e di contrasto delle politiche guerrafondaie imperialiste. Probabilmente non ne parla perché, altrimenti, avrebbe dovuto parlare, anche, del ruolo che ebbero i finanziatori del nazismo e, soprattutto, del fatto che erano, spesso, insospettabili come quelli della civilissima “City” londinese. Oppure, avrebbe dovuto dire quello che è stato scritto su questo sito in un post precedente
“…Come concausa della Seconda Guerra Mondiale, a far scatenare il conflitto, oltre alla pretesa voluta da Bernard Mannes Baruch (membro, insieme a Rothschild, della “Roule Table” –Tavola Rotonda) del rispetto degli accordi di Versailles vi furono, anche, i finanziamenti da parte dell’“élite” al partito nazista di Adolf Hitler.
Nel processo di Norimberga, infatti, anche se in forma riduttiva, vennero evidenziate le attività svolte dalle società dell’“élite” con i nazisti (anche durante in quasi tutto il conflitto bellico), società come la I.G. Farben (Rothschild, Warburg & Co.), la Standard Oil (Rockfeller) o la General Elettric (controllata da J.P. Morgan e dall’azionista Roosevelt attraverso le proprie consociate A.E.G. e OSRAM)…”
Ed ancora, come sostenuto nell’articolo di Andrea Montella “Rothschild. La storia dei banchieri più potenti del mondo” (pubblicato sulla rivista Valori e qui parzialmente riportato)
“Herr Baron fu confortato, durante la sua breve prigionia, da una cella con un orologio Luigi XIV, un enorme vaso Luigi XV, coperte di velluto arancione e cuscini multicolori, pranzi da lui ordinati alla cucina di un albergo, ed infine un apparecchio radioricevente Siemens ultimo modello, che i nazisti gli misero a disposizione per farlo sentire a casa propria. Sicuramente alla liberazione del barone Rothschild, da parte dei nazisti, hanno contribuito due fattori: il primo i prestiti nazionali lanciati nel 1937 dal Reich e controfirmati dai banchieri “fratelli” come i Mendelsohn, Bleichröder, Arnhold, Dreyfuss, Strauss, Warburg, Aufhaüser e Beherns; il secondo, più occulto ma forse più vincolante è la stretta correlazione tra la società segreta bavarese Thule, fondamentale nella nascita del nazismo, e la loggia degli Illuminati. Un collante fortissimo ha sempre unito tutti i reazionari di questo pianeta: l’anticomunismo. Un “amico dei Rothschild” David Lloyd George (primo ministro inglese durante la nascita della dichiarazione Balfour a favore del movimento sionista nel 1917) così si esprimeva nel settembre 1933 sui pericoli che avrebbero corso come classe dominante, sia in Germania che in tutta Europa, all’eventuale caduta di Hitler e del nazismo, nel caso che tutte le potenze straniere avessero deciso di combatterlo: “[Il pericolo è] non un regime conservatore, socialista e liberale, ma un comunismo estremista” perché “i tedeschi avrebbero saputo come condurre efficacemente il loro comunismo”. Per Lloyd George e la classe dirigente britannica il comunismo tedesco si sarebbe rivelato più pericoloso e temibile di quello sovietico. Quindi Hitler e i nazisti erano la loro miglior speranza come del resto affermava il parlamentare laburista Herold Nicolson. E i Rothschild nel combattere il marxismo già avevano speso molti soldi nel tentativo di far sorgere forme di pseudosocialismo, capace di bloccare l’espansione di questa cultura che minava i loro interessi e la loro visione del mondo.
Grazie ai finanziamenti dei Rothschild e di Cecil Rhodes alla fine del XIX secolo, con l’aiuto di intellettuali e scrittori prezzolati, nacque la Società Fabiana che proponeva un modello di socialismo dirigistico ed autoritario e di cui uno dei suoi più autorevoli e carismatici membri, George Bernard Shaw dava di quel modello sociale la più esaustiva spiegazione politico-programmatica: “Il socialismo non permetterebbe a nessuno di vivere in povertà. Chiunque verrebbe nutrito a forza, vestito, alloggiato, istruito e collocato in un posto di lavoro, gli piaccia o meno. Se si dovesse scoprire che una persona non vale umanamente tutti questi sforzi, probabilmente si troverebbe un modo indolore per toglierla di mezzo”.”
Il condannato in via definitiva direttore, prima di infilarsi in un ginepraio informativo, dovrebbe leggere, almeno, gli articoli del quotidiano per cui lavora e menzionare altri dati come lo studio intrapreso da due belgi, il giornalista Jean-Paul Mulders e lo storico Marc Vermeeren, nel quale si mostra un Hitler con “sangue ebreo nelle vene”. Dovrebbe, anche far attenzione nel sollecitare “…invasati nazisti e servi del capitale (che è più fanatico di loro) pieni di odio verso tutto quello che non è conforme alla loro paranoica visione del mondo, che sono capaci disinvoltamente di uccidere e, d’altronde, disposti, anche, ad immolarsi sino a morire pur di ottenere i loro fanatici obiettivi. Le documentazioni di quel periodo riportano testimonianze di morti, come ridicole esoteriche ritualizzazioni della loro fanatica visione delle cose e parlano di un’ipotetica “terra di mezzo”, dove verrebbero premiati per gli orribili misfatti compiuti per un “fine divino” e quindi, naturalmente giustificati e scagionati per le loro tremende e atroci barbarie…” prima di darsi a follie avventuriste.
Ora, per rimediare alla notevole gaffe, ci aspettiamo che regali, insieme al quotidiano, altri libri come, ad esempio, “il capitale” o “il manifesto del partito comunista” di K. Marx o qualcosa di più contemporaneo come “Krusciov mentì – La prova che tutte le ‘rivelazioni’ sui ‘crimini, di Stalin (e di Beria) nel famigerato ‘Rapporto segreto’ di Nikita Krusciov al XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica del 25 febbraio 1956, sono dimostrabilmente false” scritto dallo statunitense Grover Carr Furr.