di MOWA
Il popolo italiano (ma non è il solo) è stato condotto da secoli ad assecondare (o se volete: asservire) il potere. Di detta circostanza di arruffianamento del potere si è fatta storia a sé che cammina in parallelo a quella degli eventi secolari importanti.
Nell’evoluzione di questo mondo parallelo ci sono state, nel tempo, mescolanze di molte professioni le quali si fusero l’una all’altra con l’unico intento di essere maggiormente incisive nei confronti del pubblico ed utili al volere del potere.
A tutto ciò, ovviamente, non si sono sottratti i comici, i saltimbanchi ed i cantori che, adulando il potere, con le loro mosse, gag teatrali o note hanno sapientemente frastornato e fuorviato il popolo in cerca di giustizia e chiarezza.
Infatti, ci sono state alchimie del tipo: lo scriba diventa attore, il musico diventa cantautore, l’attore diventa menante, il vignettista diventa giornalista, il pubblicista diventa commediografo… E, in tutto questo tourbillon delle parti, viene portata all’ennesima potenza la confusione con la giustificazione della “pagnotta”, del “tengo famiglia” per scusarsi col pubblico per quello che si dice, si scrive o si musica.
Esempi, che risalgono, addirittura, al XII secolo con grandi ambizioni ma con diversa idealità nazionale e religiosa, ce ne sono stati e continuano ad essercene a bizzeffe . Costoro arrivarono a conoscere il latino e l’arte della rima, s’impadronirono, rielaborando, del patrimonio folkloristico e leggendario del loro popolo, diffusero il gusto letterario, laicizzarono la cultura ecclesiastica e s’inserirono nella tradizione spirituale della loro epoca. Il ruolo, prevalentemente buffonesco – di saltimbanchi, equilibristi, ciarlatani, parodisti – fu quello letterario, che nobilitò la loro indole e le loro condizioni.
Se da una parte vi furono quelli che combattevano il potere con l’astuzia dell’arte dall’altra vi furono quelli che si schierarono bellamente con il vincente diventando ornamento di magioni e di feste popolari, costoro frequentarono le corti dei Savoia, dei Malaspina, dei Monferrato, degli Ezzelino…
Ma tornando alla contemporaneità potremmo dire che ci sono state tante figure, come gli osannati dal potere alla Giorgio Albertazzi (ex.RSI) alla Dario Fo (ex-RSI), alla Giorgio Forattini…, oppure, in bell’esempio di ultima (si fa per dire!) novità di questo campionario, Michele Serra.
Un Serra che ha rimproverato quella sinistra che ha votato NO all’ultimo referendum sulla Costituzione per non avere accolto l’auto-proclamazione-candidatura di Giuliano Pisapia (che aveva votato Sì ed incitato a votare Sì) come leader del fronte della Sinistra.
Una odierna sproloquiante dissertazione, quella di Serra nei confronti della sinistra, infatti costui sembra dimenticare le posizioni assunte durante le varie trasmissioni televisive a cui aveva partecipato.
Serra non ricorda quando da Gad Lerner, alla trasmissione “l’Infedele”, parlando di primarie asseriva di votare Vendola? Non uno sforzo critico nei suoi discorsi sul sistema delle primarie e ben lontano dalla cultura comunista.
Poi, in altra occasione, parlando sempre di primarie per la segreteria PD, Michele Serra disse di aver votato Renzi. In quest’ultima tornata referendaria del 4 dicembre Michele Serra cercava di convincere gli italiani a votare Sì e ci garantiva che, altrettanto, avrebbero fatto gli elettori del PD, nella misura di “oltre l’80 %”, insitendo, ad elezioni concluse, che quella percentuale sarebbe rimasta invariata e facendoci dubitare delle doti straordinarie del dott. Serra che, probabilmente, li ha contati personalmente lui stesso.
Sono, ormai, lontani i tempi delle sue feroci satire sul parvenu politico Berlusconi e sul suo Governo. E, ancor più lontani, i tempi di quando scriveva sul periodico satirico Cuore.
In questo cambio della guardia e delle posizioni ci rimane un’assillante dubbio.
Questo cambio è dovuto a problemi di Cuore o di portafoglio?