di MOWA
Veniamo “bombardati” tutti i santi giorni da discorsi sul costo della politica perché questo incide pesantemente sul debito pubblico e quindi, noi tutti, insieme, dobbiamo farci carico del problema; dall’Europa spingono a prendere provvedimenti, a fare presto, altrimenti le penalità saranno inevitabili.
Certo non si può negare che il problema esista, ma le proposte per risolverlo sono alquanto bizzarre se non demenziali. Per sanare il “buco” si vorrebbero toccare i soldi dei TFR, quelli delle pensioni dei lavoratori, svendere il patrimonio immobiliare dello Stato, i gioielli di famiglia della collettività, pensando che tutto ciò sia regolare, anzi, dovuto! E poi? Cosa resterebbe?
Che i soldi dei lavoratori facessero gola a questo Governo che rappresenta interessi di classe (capitalistica) lo si sapeva da tempo ma che, la famelica ingordigia, venisse velocizzata in questo modo con i beni statali, proprio come fanno le locuste, sinceramente no!
Camuffata da vera emergenza sui costi possono così avanzare le proposte della P2: riduzione dei parlamentari e riduzione degli spazi di democratica partecipazione alla politica, senza invece andare a fondo e cercare quale sia il vero sperpero dei soldi pubblici, solo per fare un esempio, il costo dei vitalizi, l’altissimo stipendio, il facile e breve accesso alla pensione dei parlamentari, dei consiglieri regionali (compresi quelli a statuto speciale come la Sicilia).
(vedi http://www.senato.it/composizione/21593/132051/genpagina.htm, http://www.camera.it/14?conoscerelacamera=4 oppure qui sotto)
Quindi non riduzione del numero dei parlamentari che sono sinonimo di democratica garanzia costituzionale ma di quanto percepiscono mensilmente… non basterebbe loro, forse, il 50% di quello che prendono? Imparino a capire cosa vuol dire fare sacrifici come un comune lavoratore. Facendo così, probabilmente, capirebbero che “scendere” in politica non è trovare un posto caldo e confortevole ma un autentico bisogno del e per il popolo.
Capirebbero, anche, che non si possono “regalare” ai privati gli unici beni, tangibili, di famiglia (immobili) per quattro soldi e cadere preda degli squali della finanza… gli stessi che ci hanno messo in braghe di tela!
Capirebbero, inoltre, come sia doveroso aprire spazi di democrazia partecipativa anziché restringerli… sempre che si voglia rimanere un paese democratico!
Faccio, altresì, una raccomandazione a quella che, oggi, si definisce opposizione: Audendo agendoque Respublica crescit non iis consiliis quae timidi cauta appellant. [La cosa pubblica cresce con coraggio e con l’azione, non con le decisioni che i pavidi chiamano caute].
Trattamento economico dei Senatori
Premessa
Il principio per cui debba essere garantito ai parlamentari, rappresentanti del popolo sovrano, un trattamento economico adeguato ad assicurarne l’indipendenza è un punto qualificante della concezione democratica dello Stato ed è generalmente riconosciuto in tutti gli ordinamenti ispirati a tale concezione. In Italia è stato introdotto con la Costituzione repubblicana, che all’art. 67 afferma: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” e poi all’art. 69 stabilisce: “I membri del Parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge”.
Le due norme, intimamente connesse, hanno trovato attuazione nella legge che disciplina l’indennità – la legge 31 ottobre 1965, n. 1261 – in cui l’istituto è precisamente definito come “l’indennità spettante ai membri del Parlamento (…) per garantire il libero svolgimento del mandato”.
Il trattamento economico dei parlamentari, nel complesso, è dunque concepito come condizione dell’esercizio indipendente di una fondamentale funzione costituzionale e, al tempo stesso, come garanzia che tutti i cittadini, senza riguardo al patrimonio o al reddito, possano realmente concorrere alla elezione delle Camere. Tale trattamento, di cui è parte essenziale anche l’assegno vitalizio spettante dopo la cessazione dal mandato, è finalizzato a creare le condizioni per cui il parlamentare possa impegnarsi nelle sue funzioni – a scapito del lavoro o di altre attività economiche – senza dover dipendere da altri soggetti, incluso il partito politico cui appartiene.
La componente principale dello status economico del parlamentare è l’indennità, non soltanto perché è espressamente prevista dalla Costituzione, ma anche perché costituisce il vero “reddito” del parlamentare laddove le altre componenti – di seguito analiticamente indicate – hanno natura di rimborsi spese e sono dunque volte a soddisfare specifiche esigenze.
Indennità parlamentare
L’art.1 della legge n. 1261 del 1965, già citata, attribuisce agli Uffici di Presidenza delle Camere il compito di determinare l’ammontare della indennità mensile in misura tale che non superi “il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate”.
In tal modo il legislatore ha voluto stabilire un criterio preciso per la determinazione dell’indennità parlamentare, rispettando così la riserva di legge stabilita dall’art. 69 della Costituzione, ma al tempo stesso ha lasciato alle Camere la possibilità di scegliere un livello più basso rispetto all’ammontare massimo possibile nel rispetto della legge.
Tale discrezionalità è stata impiegata dagli Uffici di Presidenza delle Camere per individuare un parametro stipendiale di gran lunga inferiore al “trattamento complessivo massimo” dei magistrati su indicati. Si è così scelto di parametrare l’indennità al 96 per cento del trattamento complessivo dei magistrati di Cassazione nominati alle funzioni direttive superiori e collocati, come progressione economica, al sedicesimo scatto biennale dell’ottava classe stipendiale, che si articola in ben trenta scatti. (Per il Senato, vedi delibera del Consiglio di Presidenza 30 giugno 1993, n. 45).
Successivamente l’importo dell’indennità è stato ridotto del 10 per cento con la legge finanziaria 2006 e poi bloccato per cinque anni, dal 2008 al 2012, con la legge finanziaria 2008. Per effetto di queste decisioni, attualmente l’importo lordo dell’indennità dei Senatori è pari a 12.005,95 euro cioè al 70,59 per cento del trattamento complessivo massimo dei magistrati di riferimento, all’ultimo aumento biennale.
Benché non sia una retribuzione derivante da un rapporto lavorativo, ai fini fiscali l’indennità è un reddito assimilato a quelli di lavoro dipendente e, dal 1° gennaio 1995, è interamente assoggettato all’imposizione tributaria (è quindi abrogato l’art.5 della legge n. 1261/1965 nella parte in cui prevedeva una parziale esenzione fiscale per l’indennità parlamentare).
Al netto delle ritenute fiscali e dei contributi obbligatori per l’assegno vitalizio, per l’assegno di fine mandato e per l’assistenza sanitaria, l’indennità mensile si riduce ad euro 5.613,63 (ed è erogata per 12 mensilità). Nel caso in cui il Senatore versi anche la quota aggiuntiva per la reversibilità dell’assegno vitalizio, l’importo indicato scende a 5.355,50 euro.
Ovviamente da tali importi vanno poi sottratte le addizionali all’IRPEF, che variano a seconda della Regione e del Comune di residenza: l’indennità netta mensile corrisposta ai Senatori nei nove mesi in cui sono trattenute le predette addizionali oscilla da 5.227,55 a 4.965,99 euro.
Non è possibile cumulare l’indennità con alcun reddito da lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 71 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, che ha previsto l’obbligo di aspettativa senza assegni per mandato parlamentare. Tale disposizione ha esteso il divieto di cumulo – che la legge n. 1261 del 1965 limitava a quattro decimi dell’indennità – abrogando ogni disposizione contraria. Pertanto nessun parlamentare può percepire redditi da lavoro dipendente per l’intera durata del mandato.
Rimborsi forfettari di spesa
Diaria. E’ prevista dalla legge n.1261/1965 e spetta a tutti i parlamentari, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno. Periodicamente aggiornata in funzione dell’aumento del costo della vita, la diaria è stata erogata dal 2001 al 2010 nella misura di 4.003 euro al mese. È stata poi ridotta a 3.500 euro a decorrere dal 1° gennaio 2011, per effetto della deliberazione adottata dal Consiglio di Presidenza in data 25 novembre 2010. Tale somma viene ridotta di un quindicesimo se il Senatore non partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata (in una o più sedute dell’Assemblea).
Contributo per il supporto dell’attività dei Senatori. A titolo di rimborso forfettario delle spese sostenute per le attività connesse con lo svolgimento del mandato parlamentare, è previsto un contributo mensile erogato, fino al 31 dicembre 2010, nella misura di euro 4.678,36. Dal 1° gennaio 2011 è ridotto a 4.180 euro (1.680 corrisposti direttamente al Senatore e 2.500 versati al Gruppo parlamentare di appartenenza).
Nell’ambito dell’attività dei Senatori sono inclusi non solo gli atti e gli adempimenti direttamente collegati alle funzioni svolte nelle Commissioni e nell’Assemblea, ma anche tutte le iniziative politiche, sociali, culturali che il parlamentare assume quale rappresentante della Nazione (ai sensi dell’art. 67 della Costituzione). La divisione del contributo in due quote rispecchia la distinzione tra l’attività generale del Senatore – le cui spese sono rimborsate attraverso il Gruppo – e l’impegno particolare nel territorio in cui è eletto.
Rimborso forfettario delle spese generali. A decorrere dal 1° gennaio 2011 i Senatori ricevono un rimborso forfettario mensile di euro 1.650, che sostituisce e assorbe i preesistenti rimborsi per le spese accessorie di viaggio e per le spese telefoniche.
L’importo è stato determinato dal Collegio dei Senatori Questori, nell’ambito del riordino delle competenze economiche dei Senatori, mantenendo invariato l’onere complessivo che gravava sul bilancio del Senato per i due rimborsi soppressi.
Facilitazioni di trasporto
I Senatori usufruiscono di tessere strettamente personali per i trasferimenti sul territorio nazionale, mediante viaggi aerei, ferroviari e marittimi e la circolazione sulla rete autostradale.
Assegno vitalizio
Il Regolamento per gli assegni vitalizi prevede che il Senatore cessato dal mandato riceva tale prestazione a partire dal 65° anno di età, purché abbia svolto il mandato parlamentare per almeno 5 anni. Il limite di età è ridotto di 1 anno per ogni anno di mandato effettivo oltre il quinto, fino al limite inderogabile di 60 anni.
A tal fine il Senatore versa ogni mese una quota dell’indennità lorda – l’8,6 per cento, pari a 1.032,51 euro – e facoltativamente una quota aggiuntiva per la reversibilità (il 2,15 per cento pari a 258,13 euro).
Lo stesso Regolamento prevede la sospensione del pagamento del vitalizio qualora il Senatore sia rieletto al Parlamento nazionale ovvero sia eletto al Parlamento europeo o ad un Consiglio regionale. Tale sospensione è stata estesa – con la riforma approvata dal Consiglio di Presidenza nel luglio 2007 – a tutti gli incarichi incompatibili con lo status di parlamentare, agli incarichi di Governo e a tutte le cariche di nomina del Governo, del Parlamento o degli enti territoriali, purché comportino un’indennità pari almeno al 40 per cento dell’indennità parlamentare lorda.
Nel contesto della medesima riforma regolamentare è stata approvata la nuova tabella relativa alla misura degli assegni vitalizi, che è entrata in vigore con la XVI legislatura. In base a tale tabella l’importo dell’assegno vitalizio varia da un minimo del 20 per cento a un massimo del 60 per cento dell’indennità lorda, in proporzione alla durata del mandato, e si calcola tenendo conto solo degli anni effettivamente svolti (in precedenza gli assegni variavano da un minimo del 25 per cento a un massimo dell’80 per cento dell’indennità lorda).
Assegno di solidarietà (o di fine mandato)
Al termine del mandato parlamentare, il Senatore riceve dal Fondo di solidarietà fra i Senatori l’assegno di solidarietà, che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, moltiplicato per il numero degli anni di mandato effettivo. Tale assegno viene erogato sulla base di contributi interamente a carico dei Senatori, cui è trattenuta mensilmente una quota dell’indennità lorda (il 6,7 per cento, pari attualmente a 804,40 euro).
Assistenza Sanitaria Integrativa
Il Fondo di solidarietà fra i Senatori eroga un rimborso parziale di determinate spese sanitarie sostenute dagli iscritti, nei limiti fissati dal Regolamento e dal Tariffario. L’iscrizione è obbligatoria per i Senatori in carica, che versano un contributo pari al 4,5 per cento dell’indennità lorda; è facoltativa per i titolari di assegni vitalizi, il cui contributo è pari al 4,7 per cento dell’importo lordo del proprio assegno. Con il versamento di quote aggiuntive è possibile l’iscrizione dei familiari.
La riduzione del trattamento economico dei Senatori
Nel corso degli ultimi anni il trattamento complessivo dei Senatori è stato più volte ridimensionato, al fine di partecipare al generale sforzo di riduzione della spesa pubblica. Si segnalano solo le più importanti novità.
Come si è già visto, con la legge finanziaria 2006 l’importo dell’indennità parlamentare è stato ridotto strutturalmente del 10 per cento. Successivamente la legge finanziaria 2008 ha bloccato per cinque anni gli incrementi dell’indennità spettanti a diritto vigente, dal 2008 al 2012. Con la deliberazione del Consiglio di Presidenza già ricordata, dal 1° gennaio 2011 i rimborsi spesa forfettari sono stati ridotti complessivamente di 1.000 euro al mese (500 euro decurtati dalla diaria di soggiorno e 500 dal contributo per il supporto dell’attività dei Senatori).
Nel 2007 è stata approvata una riforma degli assegni vitalizi, che ha sensibilmente ridotto la misura di tali prestazioni e ha raddoppiato il periodo minimo di mandato richiesto per maturare il diritto all’assegno vitalizio: fino alla XV legislatura erano sufficienti 2 anni e 6 mesi – con il pagamento dei contributi figurativi per il completamento del quinquennio contributivo – mentre dalla legislatura in corso sono richiesti almeno 5 anni effettivi di mandato, in una o più legislature.
Già nel 1997 era stato elevato il requisito di età richiesto per fruire del vitalizio, che in precedenza variava da un minimo di 50 a un massimo di 60 anni, a seconda del numero di legislature svolte, mentre ora l’intervallo è tra i 60 e i 65 anni.
Inoltre, a partire dal 1° gennaio 2010, sono state notevolmente ridotte le facilitazioni di viaggio a favore degli ex senatori, con la soppressione di ogni rimborso dei pedaggi autostradali e con l’introduzione di un tetto annuale per i viaggi aerei e ferroviari sul territorio nazionale. Tali benefici sono stati altresì limitati a un periodo di 10 anni dalla cessazione dal mandato, oltre il quale cessa ogni facilitazione.
Trattamento economico dei deputati
La prima voce è l’indennità, quella che nel linguaggio comune è definita “stipendio”, seguono la diaria e i rimborsi: per le “spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori”, per le spese accessorie di viaggio, per le spese telefoniche.
Completano la scheda le voci sull’assegno di fine mandato, le prestazioni previdenziali e sanitarie e sui trasporti.
Indennità parlamentare
L’indennità, prevista dalla Costituzione all’art. 69, è determinata in base alla legge n. 1261 del 31 ottobre 1965. È fissata in misura non superiore al trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate. Tale misura è stata rideterminata in riduzione dall’art. 1, comma 52, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006).
L’indennità è corrisposta per 12 mensilità. L’importo mensile – che, a seguito della delibera dell’Ufficio di Presidenza del 17 gennaio 2006, è stato ridotto del 10% – è pari a 5.486,58 euro, al netto delle ritenute previdenziali (€ 784,14) e assistenziali (€ 526,66) della quota contributiva per l’assegno vitalizio (€ 1.006,51) e della ritenuta fiscale (€ 3.899,75). Sull’importo netto sono inoltre trattenute le imposte addizionali regionali e comunali, la cui misura varia in relazione al domicilio fiscale del deputato.
Diaria
Viene riconosciuta, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, sulla base della stessa legge n.1261 del 1965.
La diaria ammonta a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato da quelle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni, che avvengono con il procedimento elettronico.
È considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata.
L’Ufficio di Presidenza, nella riunione del 27 luglio 2010, ha deliberato che a decorrere dal 1° gennaio 2011, per il triennio 2011-2013, la misura mensile della diaria è ridotta di € 500,00. L’importo sara’ quindi pari a € 3.503,11.
Rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori
A titolo di rimborso forfetario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori, al deputato è attribuita una somma mensile di 4.190 euro, che viene erogata tramite il gruppo parlamentare di appartenenza.
L’Ufficio di Presidenza, nella riunione del 27 luglio 2010, ha deliberato che a decorrere dal 1° gennaio 2011, per il triennio 2011-2013, la misura mensile del rimborso eletto-elettore è ridotta di euro 500,00. L’importo sara’ quindi pari a euro 3.690,00.
Ai deputati non è riconosciuto alcun rimborso per le spese postali a decorrere dal 1990.
Spese di trasporto e spese di viaggio
I deputati usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale.
Per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e tra l’aeroporto di Roma-Fiumicino e Montecitorio, è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323,70 euro, per il deputato che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l’aeroporto più vicino al luogo di residenza, ed a 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km.
Spese telefoniche
I deputati dispongono di una somma annua di 3.098,74 euro per le spese telefoniche. La Camera non fornisce ai deputati telefoni cellulari.
Assistenza sanitaria
Il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota del 4,5 per cento della propria indennità lorda, pari a 526,66 euro, destinata al sistema di assistenza sanitaria integrativa che eroga rimborsi secondo quanto previsto da un tariffario.
Assegno di fine mandato
Il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota del 6,7 per cento della propria indennità lorda, pari a 784,14 euro. Al termine del mandato parlamentare, il deputato riceve l’assegno di fine mandato, che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore ai sei mesi).
Assegno vitalizio
Il deputato versa mensilmente una quota – l’8,6 per cento, pari a 1.006,51 euro – della propria indennità lorda, che viene accantonata per il pagamento degli assegni vitalizi, come previsto da un apposito Regolamento approvato dall’Ufficio di Presidenza il 30 luglio 1997 e successive modificazioni.
In base alle norme contenute in tale Regolamento, il deputato, dopo 5 anni di mandato effettivo, riceve il vitalizio a partire dal 65° anno di età. Il limite di età diminuisce fino al 60° anno di età in relazione agli anni di mandato parlamentare svolti.
L’importo dell’assegno varia da un minimo del 20 per cento a un massimo dell’60 per cento dell’indennità parlamentare, a seconda degli anni di mandato parlamentare.
Il Regolamento prevede infine la sospensione del pagamento del vitalizio qualora il deputato sia rieletto al Parlamento nazionale ovvero sia eletto al Parlamento europeo o ad un Consiglio regionale. La sospensione del pagamento dell’assegno vitalizio è inoltre prevista nel caso in cui il titolare del vitalizio assuma cariche pubbliche che prevedano una indennita’ il cui importo sia pari o superiore al 40 per cento dell’indennita’ parlamentare; alla sospensione non si procede qualora l’interessato opti per l’assegno vitalizio in luogo dell’indennita’.
da: http://iskra.myblog.it/archive/2011/08/28/dens-dŏlens-28-come-contenere-il-costo-della-politica.html