di MOWA
“Datemi una leva e un punto d’appoggio e vi solleverò il mondo!” (Archimede)
In questa breve frase si racchiude tutto il presupposto teorico/culturale della concezione della vita dei “potenti” che vogliono dominare il mondo a discapito di ogni regola democratica e delle masse. Una frase che prende forma e sostanza quando si scoprono casi clamorosi come quello venuto alla luce pochi giorni fa (Cambridge Analytica) e che, sicuramente, sarà stato adottato chissà quante altre volte dai “potenti” sotto varie forme.
La leva di un sistema che usa un punto d’appoggio tecnologico per calibrare gli individui nei comportamenti e influenzarne i gusti.
Un sistema che adotta la leva degli influencer così, come fece Archimede nel trattato di Catottrica nel quale usò, secondo la testimonianza di Apuleio, specchi che, posti di fronte al sole, erano capaci di accendere oggetti infiammabili ma, in questo caso, opinioni.
Opinioni che vengono riportate, come specchi, da alcuni soggetti/ influencer (reclamizzati attraverso la tecnologia messa a disposizione – prima erano i quotidiani, oggi, internet) che fanno assumere a taluni, pian piano, carisma e/o celebrita’ che inizialmente non avevano.
Autorevolezze di temporanee celebrity acquisite impropriamente che sono solo frutto di suggestioni provocate prevalentemente da leggi di mercato e ben spiegate nelle elaborazioni del sociologo Zygmunt Bauman e riprese da Wikipedia:
il povero, nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente frustrato se non riesce a sentirsi come gli altri, cioè non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore. In tal modo, in una società che vive per il consumo, tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano con relazioni usa e getta. Si perde la certezza del diritto (la magistratura è sentita come nemico) e le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono da un lato l’apparire a tutti i costi, l’apparire come valore e il consumismo. Però si tratta di un consumismo che non mira tanto al possesso quanto all’utilizzo temporaneo di oggetti di desiderio in cui appagarsi, trovandoli in breve obsoleti, e passando quindi da un consumo all’altro in una sorta di bulimia.
Gli influencer possono essere sia singoli soggetti che persone giuridiche come movimenti, associazioni, fondazioni, partiti, ecc.
Casi clamorosi di influencer dei “potenti” in Italia sono tantissimi ma, per brevità, ne citiamo solo qualcuno recente per comprendere il grado di suggestione di cui siamo vittime: il M5S di Gianroberto Casaleggio & C., l’Ulivo di Romano Prodi, + Europa di Emma Bonino…
La storia ci dice, inoltre, che sono indispensabili sia mezzi economici che individui esperti per produrre quel “carisma” ed indirizzare le opinioni delle persone.
Come difendersi dai “cattivi maestri” della comunicazione?
Non esiste una ricetta o formula che metta al riparo le persone da questi squallidi individui se non quella di non cadere nell’oblio della notizia tout court. Usare la buona regola di verificare ed intrecciare le notizie con la consapevolezza che c’è un nesso tra teoria e prassi e che, solitamente, questi influencer fanno leva sul fattore tempo per modificare/rivedere la descrizione di quello stesso fatto in altro.
Un invito (e preoccupazione) che avevamo già fatto su questo sito, il 13 giugno 2010, e che possiamo rinnovare partendo dal presupposto che bisogna tagliare l’erba sotto i piedi dei produttori di pessime abitudini o culture riconsiderando il caso di togliersi da talune piattaforme digitali quando non si è d’accordo ma tenendo presente che
I mass media come radio, televisione, cinema adesso anche internet, svolgono un ruolo di “formattazione” delle menti, unendo al potere manipolatorio gli affari economici. Non sono casuali gli investimenti della CIA (40 milioni di dollari) per la partecipazione in Facebook. Si guardi solo come sono cambiati i rapporti all’interno dei partiti e come vengono elette le figure istituzionali in parlamento o negli enti più periferici (Debora Serracchiani, grillini, ecc. sino ad arrivare al presidente USA, Obama); il soggetto politico diventa un accessorio passivo e funzionale al sistema dentro cui si sviluppa lo storytelling non sarà, quindi, un elemento attivo che interagisce con la complessità della società ma solo con quella della classe dominatrice.
Per dirla con Christian Salmon in Storytelling la fabbrica delle storie: “…Ormai non basta più dispiegare un nuovo campo di battaglia modificando le percezioni, ma bisogna anche creare quello che i teorici della ricezione dei racconti chiamano un “orizzonte di attesa”. Una formidabile impresa di trasformazione in fiction accompagna lo sforzo bellico, legittima la tortura, porta in scena le forze speciali sul terreno, mette in mostra le nuove armi, testa e valorizza le tecnologie di trasmissione e visualizzazione ecc. Il cinema, i videogiochi, le serie televisive, i media sono i veicoli fantastici di questa impresa di mobilitazione. Lo storytelling è il suo modo di operare, in tempo reale e ventiquattr’ore su ventiquattro, come mostra a chiare lettere la serie culto di Jack Bauer, 24.” Percorriamo in questo modo un “mondo parallelo” dove viene usato il nostro bisogno di credere in qualcosa facendoci abbandonare quello reale, entriamo, così dicono gli esperti, in uno storylistening trance experience ovverosia una “trance narrativa da ascolto”: una specie di ipnosi. Un meccanismo di auto-illusione, che mette da parte le facoltà critiche.
È diventato indispensabile riprendere abitudini umane e non da umanoidi come chiamare, ad es., amicizie quelle che si frequentano di persona e non via facebook, twitter…, fino a riprendere ad avere una vita sociale tra esseri viventi… veri in carne ed ossa. E, magari, ritrovare quella socialità perduta che ricacci al mittente le varie depressioni, incapacità emotive, ansie, stress…