di MOWA
Alcune trasmissioni della Rai diventano, sempre più, oggetto dei mercanti delle falsità e del bestiario culturale e storico ed assumono quella polivalenza semantica che garantisce loro una multifunzionalità particolare nella società élitaria contemporanea.
Il pubblico viene messo alle strette da un’informazione taroccata come sostiene lo scrittore-giornalista Marcello Foa, nel suo ultimo libro Gli stregoni della notizia – Atto II: su “Come gli spin doctor manipolano i giornalisti usando il Frame”.
Ma chi sono questi “suggeritori” di cattive informazioni?
Chi si cela dietro quelle maschere di brave persone che “costruiscono”, come una ragnatela, un bestiario culturale finalizzato a disorientare le persone e condurle, convincere verso delle falsità?
Una dimostrazione tangibile di tali figure l’abbiamo potuta (ancora una volta alla rai pubblica!) ascoltare nella orripilante trasmissione “Presente e Passato“, del 16 marzo 2018, che aveva come ospite dell’inqualificabile conduttore revisionista Paolo Mieli, tal Vladimiro Satta.
Un conduttore, come abbiamo più volte spiegato, ossessionato nel difendere il potere élitario come dimostrato nella sua esagerata attitudine alle bugie dei fatti accaduti che vengono plasmati a suo piacimento, uso e consumo. Eredità che, probabilmente, si trascina dal padre che era organico ai poteri forti anglofoni tanto da far parte di quel fronte anticomunista
“– fin dai tempi della Resistenza – con il Psychological Warfare Branch (PWB), settore dei servizi segreti, guidato in Italia dall’ufficiale Michael Noble, struttura che si occupa della guerra psicologica, ovvero di manipolare l’opinione pubblica utilizzando qualsiasi mezzo di comunicazione del PWB.”
Infatti, la trasmissione televisiva con Vladimiro Satta si chiude con un preordinato ordine impartito da Mieli che si evolve con la segue dinamica:
Paolo Mieli
“Le ordino! Se lei me lo permette, di citarne almeno uno di complottista. Almeno uno che argomenti questi misteri… Secondo l’autore che l’ha scritto.”
Vladimiro Satta
“Obbedisco immediatamente! Indico Sergio Flamigni: La tela del ragno, che ha avuto varie edizioni, nel 1998, l’altra nel 2003, mi sembra, secondo me, il più organico, quello più completo, anche il più documentato tra i libri che, appunto, sostengono dell’esistenza di retroscena di questo genere…”
Vedere qui la testimonianza visiva della sequenza televisiva per capirne l’orchestrata natura di infangamento e tentativo di demolizione verso chi, come Sergio Flamigni, ha saputo smantellare le menzogne imbastite da ampi settori importanti delle istituzioni (partiti, servizi segreti italiani e stranieri…) che terroristi (brigatisti, mafiosi…) senza dimenticare quelle formazioni incostituzionali come Gladio e massonerie, le quali hanno dovuto correre ai ripari con altre fake perché sbugiardate.
Tanto fu grossolano il tentativo di demolizione dell’ex partigiano del P.C.I., Sergio Flamigni, che il documentarista Vladimiro Satta si incarta in un involontario elogio del lavoro dell’ex senatore, affermando che, di fatto, il libro La tela del ragno è il
““più organico, quello più completo, anche il più documentato”.
Sì, proprio così, ha detto, proprio il più documentato. Ma, allora, non ci eravamo sbagliati quando si scriveva che … fosse un documentarista che “si inserisce a buon diritto nel vasto panorama dei Depistatori di razza.”
E non avevamo torto quando attribuivamo a Satta, macroscopiche castronerie, per il suo libro sul caso Moro, quando affermava “non c’erano auto dei servizi, non ci sono altre auto sospette, non ci sono altre presenze oltre a quelle che Cossiga Francesco, Morucci Valerio, Cavedon Remigio e Persichetti Paolo raccontano nella loro favola C’era una volta…Non c’erano uomini dei servizi, non c’era nessuno, in via Fani...” , castronerie smentite dai fatti acquisiti dal libro di Carlo D’Adamo, Chi ha ammazzato l’agente Iozzino? Lo Stato in via Fani.