di MOWA
Sono diverse le stagioni politiche che si sono susseguite una dietro l’altra senza portare calma e pace, anzi, hanno contribuito ad aumentare l’aria di tempesta che si respira tanto da far paura alle fragili gambe della democrazia e, se non vi si pone rimedio con l’argomentazione della ragione si rischia di cadere in un autoritarismo che potrebbe durare anche per anni.
Ci troviamo di fronte un quadro a tinte fosche, per non dire tenebrose, dove parvenu della politica, che tutto sanno fare, fanno svalvolati ragionamenti di bestiale insulsaggine che peggiorano il quadro politico sia nazionale che internazionale.
Ci troviamo di fronte a politici che criticano, ingiustamente, l’esponente dell’ONU, Michelle Bachelet, che, preso atto di quanto sta accadendo in Italia, ha deciso di mandare una squadra di ispettori a controllare e fare verifiche sul problema annunciato: “Abbiamo intenzione di inviare personale in Italia per valutare il riferito forte incremento di atti di violenza e razzismo contro migranti, persone di origini africane e rom“.
L’esponente dell’ONU, che presiede il Consiglio sui diritti umani, non è una persona insensibile a problemi di soprusi, come vorrebbe far credere Matteo Salvini, perché riportano le cronache:
La vita di Michelle Bachelet, come quella di milioni di cileni, iniziò un 11 settembre, 45 anni fa esatti. Era il 1973 ed un generale chiamato Augusto Pinochet mandò i caccia a bombardare il palazzo della Moneda a Santiago, residenza del presidente democratico Salvador Allende.
Allende fu ucciso, Bachelet ebbe il padre e la madre torturati (il padre, un generale dell’aeronautica antigolpista, morì a causa delle sofferenze) e venne torturata lei stessa. Dovette andare in esilio in Australia per salvare la pelle. Difficile pensare che, quando si tratta di diritti umani, sia una che parli a vanvera. [1]
Quindi, una persona, finalmente, al posto giusto nel momento giusto per ripristinare buon senso e ragionevolezza rispetto alle fesserie di un ceto politico fuori dal comune che si rifà, senza ammetterlo dichiaratamente, alla reazione più becera del secolo scorso, anche, se con qualche piccola variazione.
Un ceto politico, che viene ben descritto dallo storico Giuseppe Carlo Marino nel suo libro Biografia del Sessantotto; Utopie, conquiste, sbandamenti – riferendosi a documenti delle tante formazioni di destra:
“…la gioventù [fascista] concepisce il sistema partitistico e della mera rappresentanza democratica come un rigurgito del passato” e simpatizza, invece, per un regime totalitario e per un sistema di rappresentanza su basi corporative “specificantesi attraverso categorie di valore e gerarchie di competenze, il tutto fuori dai partiti e delle cabale dei politicanti”. [2]
E parliamo, anche, del 1965 in Emilia Romagna, quando si erano formati gruppetti di “camice verdi” o l’associazione di “Milizia romana”, quest’ultima, con il falso pretesto delle “riunioni di preghiera” (con ritrovo nella cripta di San Giuseppe di via Nomentana) aveva in realtà una vocazione guerrigliera ed inviava militanti nei capoluoghi dell’Alto Adige, in appoggio alle squadre già costituite ed operanti nella zona, contro “l’incalzante dilagare del marxismo in Italia” responsabili del “decadimento dei valori militari e dell’amor di Patria dei giovani” [3]…
Una destra politica, come quella di oggi, che finge si essere spirituale ma in verità è rivolta ad una gioventù irrazionalista con una connotazione paranoica assunta ad ideazione progettuale che si ritiene ribelle e rivoluzionaria ma che, in realtà, è composta da opportunisti, mediocri, che traggono benefici dalla democrazia, come dai sindacati e, persino, dai tanto criticati partiti. Un’autentica aristocrazia piccolo-borghese che finge di essere alternativa ad un materialismo dilagante e corruttore ma che è la prima fruitrice di ciò che si critica.
Si potrebbe definire una borghesia tradizionalista che usa il sottoproletariato giovanile, carico di una vita difficile e di delusioni negli studi, e che, in gran parte, si è riversata come ripiego nell’aggregazione identitaria degli stadi, delle palestre… e che si illude di aver assunto un ruolo di intellettuale nel branco durante le parate delle manifestazioni e che viene sospinta verso un estremismo nichilista con simpatie per personaggi storici di demoniaca potenza rendendosi, invece, inconsapevolmente, marionette manovrabili da una cultura che li sospingerà nell’inferno dell’esclusione sociale e di classe appena cambierà il vento.
Storie di “eroi” già vissute che si rifanno ai modelli di Arancia meccanica come diverse formazioni politiche di destra che vanno dai vecchi Boia chi molla sino ai più recenti casapoundisti ma che una volta esaurita la carica ribellistica si troveranno (come allora) con qualcuno che manterrà posizione di prestigio perché di famiglia agiata e qualcuno che invece ricadrà nel girone dei dannati da tutto e da tutti. Prendiamo gli esempi dei vari Giorgio Almirante, Pino Romualdi, Pino Rauti… (oggi, potremmo dire Fiore, Iannone, Meloni…) che avevano usato, per propri scopi personali e le loro carriere, un linguaggio duttile e ambiguo nei confronti di giovani dell’estremismo nero arrivando, persino, ad adularli o assumendo i loro peggiori slogan ma, disconoscendoli o ripudiandoli (“mollandoli” in pratica) appena accadeva qualcosa di imbarazzante. Come sta accadendo neppiù ne meno ai giorni nostri con i diversi casi di aggressione agli immigranti.
C’è bisogno di ripristino di una sana riflessione su quanto stanno gli itaniani sopportando e la presidentessa del Consiglio dei diritti umani dell’ONU forse può essere un’opportunità per i valori costitutivi della nostra Repubblica, nata (non dimentichiamolo mai) dalla Resistenza al nazi-fascismo.
NOTE:
[3]
tratto dal citato libro: rapporto del Prefetto di Cremona, 14 marzo 1966, sull’assemblea di Giovane Italia