di MOWA
Come non rimanere indignati di fronte a figure istituzionali che non mantengono fede ai principi costitutivi democratici su cui hanno giurato fedeltà per la carica che ricoprono?
Il caso è preso detto.
L’altro giorno a Chiavenna (Sondrio – Lombardia, ma in diversa misura in altri luoghi d’Italia), nella ricorrenza della Liberazione dal nazi-fascismo del 25 aprile 1945, il “portavoce dell’associazione partigiani ha contestato la scelta del vicepremier” Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di non onorare la giornata disertandola. Tale affermazione veniva immediatamente contrastata (e presa a pretesto?) dal prefetto che, insieme ad altri (alcuni vertici delle forze dell’ordine ed alcuni sindaci dei paesi della provincia), abbandonava la cerimonia.
È imperdonabile sia che un Ministro della Repubblica che un’altra figura istituzionale prendano a pretesto la data del 25 aprile come elemento di battaglia politica ed esternino le più becere giustificazioni o non presenzino, o se ne vadano durante la cerimonia addossando (come alibi?) l’argomento di cronaca non politica ma fattuale sollevato da chi avrebbe, comunque, avuto motivo di sostenerlo visto che parla a nome dei partigiani, di quelli che liberarono il nostro paese dai nazi-fascisti e, forse, da quelli che trassero vantaggio o non fecero nulla per eliminare la dittatura reazionaria. Oltraggio, ancor peggiore, quello di andarsene durante la cerimonia, perché con quell’azione non hanno contestato il relatore (in quanto lo avrebbero potuto fare con nota ad hoc dopo la ricorrenza) ma il motivo della giornata per cui erano lì.
Questa non è una giornata divisiva ma di precisazione sulle tante fandonie che passano nelle trasmissioni televisive o sui tanti quotidiani di proprietà dei potenti che si sono fatti forti, con il passare degli anni, penalizzando le nuove generazioni sulla conoscenza dei fatti accaduti in quegli anni di dittatura mutuando discorsi vili e viscidi nei confronti di chi ci ha dato la libertà e dicendo che non furono imprigionati, torturati, confinati o addirittura uccisi perché contrari al regime totalitario del ventennio. Clamorosi gli sberleffi allo storico Luciano Canfora da parte di un deputato leghista e altri ospiti (di quelle destre sotto mentite spoglie di associazioni culturali o opinioniste) alla trasmissione Agorà di pochi giorni fa.
I continui “basta derby tra fascisti e comunisti” o “i partigiani non erano solo comunisti” e tante altre sciocchezze (non fatte, sicuramente, in buona fede! visto che non citano mai numeri e riferimenti storici specifici), lasciando trapelare il desiderio di una “nuova” richiesta di autoritarismo contro quegli anticorpi che si ostinano a voler tutelare la Costituzione nei suoi valori fondativi per procedere in direzioni spiacevoli contro le conquiste democratiche degli ultimi 74 anni.
Ma questi “abusivi” e refrattari alla conoscenza spin doctor che vanno sui media con falsi sorrisi hanno mai aperto un libro di Storia? Si sono mai presi la briga di approfondire nella loro superficiale vita cosa furono quegli anni, perché e come si arrivò alla dittatura? Sanno, questi “prodotti geneticamente modificati” che vanno sui media, quante persone parteciparono, perirono, furono torturate, arrestate, impiccate, fucilate, deportate in Germania… proprio per dare loro la possibilità di vomitare, anche, quel disgusto? Non dovrebbero, invece provare riconoscenza per averli liberati dalla dittatura?
Questi “finti primi della classe” spin doctor hanno mai verificato quali e quante furono le formazioni partigiane che parteciparono alla Liberazione dal nazi-fascismo prima di prodigarsi in gargarismi vocali?
Qualche dato estrapolato da quell’associazione (ANPI) che qualcuno sostiene essere divisiva sulla data del 25 Aprile e che non avrebbe titolo a specificare il colpo sotto la cintola dato da un Ministro di questa Repubblica:
È stato calcolato che i Caduti nella Resistenza italiana (in combattimento o eliminati dopo essere finiti nelle mani dei nazifascisti), siano stati complessivamente circa 44700; altri 21200 rimasero mutilati o invalidi. Tra partigiani e soldati italiani caddero combattendo almeno 40 mila uomini (10260 furono i militari della sola Divisione Acqui, Caduti a Cefalonia e Corfù). Altri 40 mila IMI (Internati Militari Italiani), morirono nei Lager nazisti.
Le donne partigiane combattenti furono 35 mila, e 70 mila fecero parte dei Gruppi di difesa della Donna. 4653 di loro furono arrestate e torturate, oltre 2750 vennero deportate in Germania, 2812 fucilate o impiccate. 1070 caddero in combattimento, 19 vennero, nel dopoguerra, decorate di Medaglia d’oro al valor militare.
Durante la Resistenza le vittime civili di rappresaglie nazifasciste furono oltre 10000. Altrettanti gli ebrei italiani deportati; dei 2000 di loro rastrellati nel ghetto di Roma e deportati in Germania se ne salvarono soltanto 11. Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 nella valle tra il Reno e il Setta (tra Marzabotto, Grinzana e Monzuno), i soldati tedeschi massacrarono 7 partigiani e 771 civili e uccisero in quell’area 1830 persone. Per quella strage soltanto nel gennaio del 2007 il Tribunale militare di La Spezia ha condannato all’ergastolo dieci ex SS naziste.
E, sempre attingendo da quell’associazione si vuole specificare in ordine decrescente in base al numero quantitativo e di sensibilità, organizzativa, ecc. quali furono e come composte le formazioni partigiane le quali trovarono una guida politica e un coordinamento militare, divenendo un organismo unitario al vertice e strategicamente frammentato alla base operativa.
“Pur unite in un unico Corpo, le varie formazioni mantengono le caratteristiche politiche che le contraddistinguono, trovando omogeneità nel comune obiettivo della lotta contro il nazismo e il fascismo.
Le principali formazioni partigiane che compongono il CVL sono:
• le Brigate Garibaldi, i GAP e le SAP, organizzati dal Partito Comunista Italiano.
• le formazioni di Giustizia e Libertà, coordinate dal Partito d’Azione.
• le formazioni Giacomo Matteotti, del Partito Socialista di Unità Proletaria.
• le Brigate Fiamme Verdi, che nascono come formazioni autonome per iniziativa di alcuni ufficiali degli alpini, e si legano poi alla Democrazia cristiana, come le Brigate del popolo.
• le Brigate Osoppo, autonome e legate alla DC e al PdA.
• le formazioni azzurre, autonome ma politicamente monarchiche e badogliane.
• le piccole formazioni legate ai liberali e ai monarchici, come la Franchi di Edgardo Sogno, o quelle trotskiste, come Bandiera Rossa, e anarchiche, come le Bruzzi-Malatesta.
Durante il durissimo inverno del 1944-45, il CVL e il CLNAI trasformano le brigate partigiane in unità militari regolari, così da «favorirne il riconoscimento a parte integrante delle Forze armate nazionali da parte del governo italiano e degli alleati» (R. Sandri, Commissario politico, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 418).”
Se tutto ciò vi sembra elemento divisivo suggeriamo di prendervi un anno sabbatico per documentarvi e non rovinare oltre il nostro democratico Paese.
Guardino, invece, quei prefetti, quei sindaci, e… cosa continuano a fare alcune organizzazioni in spregio alle leggi di questo Stato (Scelba e Mancino che ne vietano la formazione) di cui hanno espresso mandato e dovrebbero dare esecuzione per evitarne il ritorno.
1 Comment
Ci scrive, il 28 aprile 2019 alle ore 20:49, Marco V.:
Buona serata,
per quanto mi riguarda la Lega è una formazione politica che si qualifica per quello che fa e per quello che dice, oltre le categorie formali di centrodestra e centrosinistra. Lo so bene che la storia mai si ripete come è stata in passato, ma mi sembra che le affinità fra fascismo e leghismo siano parecchie e notevoli anche se poi, in maniera assolutamente scontata, è chiaro che il partito di Salvini, se vuole conquistare sempre nuovi e maggiori consensi, deve necessariamente sbarazzarsi di tutto quell’armamentario e quell’iconografia che hanno sempre fatto parte dell’immaginario mussoliniano. Ma quanto Salvini condivide concretamente dell’operato e dell’ideologia fascista o nazifascista ? Ecco un bel dilemma, tanto più urgente se si pensa che la crescita di consensi del leghismo salviniano pare inarrestabile e privo di efficaci argini. Il punto è proprio questo e che devo rimarcare nonostante il vostro ottimo articolo. Il 25 aprile è una festa divisiva e lo è perché questo paese non ha pienamente maturato una coscienza storica e meditata su quello che è stato il fascismo e sulle sue complicità con il nazionalsocialismo tedesco. E’ vero che noi siamo transitati dalla dittatura alla democrazia con una bella dose di consenso da parte della popolazione, ma altresì è pur vero anche che un’ampia fetta della cittadinanza ha continuato a riconoscersi con i valori e le idee del fascismo o, quantomeno, ha continuato ad approvarne l’operato di governo. Il nostro è stato un paese che, nel vivo del periodo repubblicano, ha visto la presenza di un partito visibilmente erede del fascismo storico – il MSI – capace di piazzarsi costantemente al quarto posto dei consensi elettorali. Quando Mussolini è salito al potere, è bastato molto meno… Se vogliamo fare un confronto prendiamo la Spagna che ha dovuto sorbirsi quarant’anni di franchismo, però oggi nessun spagnolo – neanche chi è collocato a destra – intende ricollegarsi a quell’esperienza storica che è stata umanamente e politicamente fallimentare, per non dire criminale. Da noi, invece, paradossalmente, il fatto che l’Italia sia transitata in un sistema democratico e repubblicano a causa delle disastrose conseguenze di un conflitto, non ha prodotto quei risultati per cui non sono pochi quelli che pensano che Mussolini sia stato un grande statista che ha commesso solo “due piccoli errori”: le leggi razziali e l’entrata in guerra. Chiediamoci perché siamo arrivati a questo punto… Esistono l’esasperazione, la paura e la frustrazione per l’attuale situazione politica ed economica ma ciò non spiega tutto… Ci sono i reiterati fallimenti di una sedicente sinistra che ha accettato troppi compromessi… E forse ancora non basta a spiegare tutto.
Il comunismo e il “socialismo reale” hanno prodotto molti fallimenti eppure per certi versi sono stati un argine rispetto a certi fenomeni che oggi sembrano inarrestabili. Di più non mi soffermo…
Per me la Resistenza non è stata solo la guerra a una dittatura perché ad un certo momento è diventata la lotta imposta dalle ragioni dell’umanità contro un sistema disumano che pretendeva sacrifici e un annientamento di popoli e individui. Al di là delle ragioni di divisione politica… Certo, poi si è profilata la sconfitta delle potenze dell’Asse e allora hanno cominciato a manifestarsi le prime crepe e le prime fratture, il comunismo cominciò a destare qualche preoccupazione – soprattutto in paesi come l’Italia ove l’apporto delle sinistre alla Resistenza è stato indubbiamente superiore in termini numerici e anche organizzativi – e in qualche contesto venne anticipato il clima da Guerra Fredda… Ma forse questa è un’altra storia…
Buona serata
Marco